La produzione farmaceutica europea rappresenta quasi un quarto del mercato mondiale di farmaci a prescrizione medica. Con il suo 23,4%, dà lavoro a 840.000 persone, di cui 125.000 ricercatori, e genera un fatturato di 287 miliardi di euro.
Sono questi i numeri che emergono dall’ultimo rapporto dell’Efpia, la European Federation of Pharmaceutical Industries and Associations, la Federazione delle industrie farmaceutiche europee.
Il mercato più importante continua a essere quello nordamericano (Usa e Canada), che pesa per quasi la metà di quello mondiale (49,1% per l’esattezza). Terzo posto per la Cina, con il 9,4% e quarto per il blocco composto da Africa, Asia (esclusi Cina e Giappone) e Australia.
Nathalie Moll, direttrice generale dell’Efpia, ha commentato i numeri sottolineando quanto sia importante un’industria basata sulla ricerca per il futuro economico e sanitario dell’Europa. “Nei 21 anni dal 2000 al 2021, in cui siamo passati attraverso una crisi finanziaria globale e una pandemia, le società Efpia hanno più che raddoppiato la produzione, aumentando le esportazioni di un fattore 6”.
Dal 2000, inoltre, è più che raddoppiato anche l’investimento in ricerca e sviluppo delle aziende. “Presi insieme – ha continuato Moll – questi numeri dipingono il quadro di un’industria vitale per l’economia europea. E questo senza considerare i benefici economici e sanitari forniti dai prodotti stessi: terapie salvavita e migliorative”.
Per continuare a performare bene, però, è essenziale avere una strategia a lungo termine: “I leader aziendali e gli investitori nel campo delle Scienze della vita, che possono investire in qualsiasi settore e in qualunque Paese o regione, devono avere fiducia nelle prospettive a lungo termine: nell’ecosistema dell’innovazione, nell’accesso al talento, nel mercato”, ha affermato la Dg di Efpia.
Quali difficoltà
L’aumento dei costi dell’energia e delle materie prime registrato nell’ultimo anno sta mettendo a dura prova la sostenibilità del mercato farmaceutico. Inoltre, altri Paesi si stanno ritagliando uno spazio importante: Brasile, Cina e India hanno superato la crescita dei primi 5 mercati europei.
“È fondamentale che l’Europa raccolga e sviluppi le politiche necessarie per garantire che il settore farmaceutico europeo resti un innovatore e un leader mondiale”
“È fondamentale che l’Europa raccolga e sviluppi le politiche necessarie per garantire che il settore farmaceutico europeo resti un innovatore e un leader mondiale – ha osservato Moll – Da parte nostra, Efpia ha avanzato impegni e proposte concrete per migliorare l’accesso ai farmaci, ponendo l’Europa in prima linea nello sviluppo e nelle fornitura di diagnostica, trattamenti e vaccini del futuro”.
Nel mese di aprile la Federazione aveva prodotto un documento con alcune proposte per ridurre le disuguaglianze di accesso ai farmaci nel nostro continente, valide ancora oggi. Tra le altre, una maggiore velocità per le procedure di autorizzazione e immissione in commercio dei nuovi farmaci, una revisione del sistema dei prezzi che permetta una certa flessibilità per quanto riguarda il costo dei farmaci innovativi basata sulla capacità di spesa e sul livello economico del singolo Paese.
La situazione in Italia
L’Italia del farmaco, anche se con un rallentamento della crescita tra il 2019 e il 2021, si è confermata l’anno scorso ai vertici per produzione in Unione europea, con 34,4 miliardi di euro, insieme a Germania e Francia, grazie a un export che ne ha determinato oltre l’85% negli ultimi 5 anni (dati Farmindustria).
“Grazie alla nostra industria generiamo benefici diretti e indiretti – ha affermato Marcello Cattani, presidente di Farmindustria –: 1 euro investito direttamente in studi clinici genera 3 euro di valore per il Servizio sanitario nazionale; 1 euro investito in prevenzione vaccinale genera da 16 a 44 euro di beneficio; 1 giorno di ospedalizzazione evitata dall’uso appropriato dei farmaci vale circa 1.000 euro. Per l’Italia le imprese del farmaco sono quindi un patrimonio, un generatore di valore su cui investire per attrarre risorse umane altamente qualificate”.
Il rovescio della medaglia è però rappresentato dall’aumento dei costi di energia e logistica, che hanno avuto un incremento del 350% tra gennaio 2021 e marzo 2022. E nello stesso periodo si è registrato un +25% per i principi attivi, gli eccipienti, i filtri e le ghiere, i prodotti della carta, della plastica e del vetro, i macchinari, i guanti e i camici.
Le imprese non possono trasferire, nemmeno in parte, gli aumenti dei costi di energia, logistica e materie prime sui prezzi, che sono amministrati
“Si tratta di aumenti che le imprese non possono trasferire, nemmeno in parte, sui prezzi, che sono amministrati – ha ricordato Cattani – Questo determina difficoltà rilevanti alle aziende anche perché, come calcolato dal Centro Studi Confindustria, l’incidenza degli aumenti è molto superiore in Italia rispetto a Francia e Germania. Un gap che ci penalizza in un contesto di competizione globale sempre più affollata di Paesi europei ed extraeuropei”.
All’interno dell’Unione, infatti, la concorrenza tra Paesi membri esiste eccome: “Oggi la competizione si gioca con forti politiche di attrazione di investimenti e velocità – ha rilevato il presidente di Farmindustria – Se l’Italia non sarà supportata da nuove regole, da finanziamenti adeguati e da un’amministrazione pubblica che operi con meccanismi decisionali all’altezza della sfida, rischiamo di rimanere indietro. Soffriamo già di un differenziale di costi energetici, che erode la marginalità delle imprese più che in Francia e in Germania. Pagheremo nei prossimi mesi l’aumento dei tassi di interesse, che inciderà di più sul nostro Paese tramite lo spread”.
La proposta è rilanciare stringendo un’alleanza, un “Patto per la Salute” con istituzioni, professionisti sanitari, ricercatori e pazienti: “Chiediamo di lavorare insieme per il miglioramento della salute, l’incremento delle risorse, l’accesso rapido e la valorizzazione di tutte le terapie, il reale riconoscimento e valorizzazione dell’innovazione, lo sviluppo economico e sociale del Paese”, ha detto Cattani.
La crescita
Segnali positivi sono arrivati dall’occupazione, che negli ultimi 5 anni è cresciuta nel nostro Paese del 9%, con un picco del +13% sia dei giovani under 35 sia delle donne. Queste ultime sono il 43% del totale, con una percentuale identica tra dirigenti e quadri. Nella ricerca la percentuale sale al 51%.
Le persone che lavorano nelle aziende del farmaco in Italia sono 67.000, di cui il 10% occupate in ricerca e sviluppo. Laureati e diplomati rappresentano il 90% degli occupati, rispetto al 63% della media dell’industria nostrana.
E la crescita è stata registrata anche negli investimenti effettuati nel 2021, che sono stati pari a 3,1 miliardi di euro (1,7 in ricerca e sviluppo e 1,4 in produzione). In particolare, nella ricerca e sviluppo l’aumento negli ultimi cinque anni è stato quasi del 15%. La sperimentazione clinica rappresenta il 22% del totale nell’Unione europea (era il 17% nel 2015). Gli studi sono per il 42% su farmaci biotech e terapie avanzate e per il 32% sulle malattie rare.
Secondo i dati Istat, la produzione ha fatto segnare +8%, nei primi 4 mesi del 2022, grazie alla crescita dell’export (+32%).
Il 2021 è stato anche l’anno in cui l’Italia ha consolidato la sua leadership di produttore farmaceutico in Europa, accanto a Germania e Francia
Il 2021 è stato anche l’anno in cui l’Italia ha consolidato la sua leadership di produttore farmaceutico in Europa, accanto a Germania e Francia. Questo è stato possibile sempre grazie al traino dell’export, che rappresenta oltre l’85% della produzione e che è aumentato, tra il 2011 e 2021, del 117% (rispetto al +112% della media Ue).
Dal 2016 al 2021 il valore medio dei farmaci esportati è cresciuto del 52%, più del totale Ue (+35%), a dimostrazione dell’aumento dell’innovatività della nostra produzione.
La spesa per i farmaci e tempi di accesso
Secondo i dati Aifa, nel 2021 la spesa farmaceutica complessiva è stata di 19.465,70 milioni di euro, evidenziando uno scostamento assoluto rispetto alle risorse complessive del 14,85% (17.957,3 milioni di euro), pari a 1.508,4 milioni, corrispondente ad un’incidenza percentuale sul Fondo sanitario nazionale (FSN) del 16,1%.
Analizzando l’andamento della spesa farmaceutica tra il 2018 e il 2021, si evince una sostanziale stabilità negli ultimi 3 anni (in media 19,4 miliardi di euro all’anno). La spesa per l’acquisto privato da parte dei cittadini continua invece a essere una quota di spesa consistente che deve essere monitorata per poterne valutare l’appropriatezza.
Le criticità maggiori riguardano la sostenibilità della spesa, soprattutto se rapportata ai livelli di finanziamento previsti (e in modo specifico agli acquisti diretti): dal 2017 infatti si è registrato costantemente un disavanzo rispetto al tetto in tutte le Regioni. I fondi Covid aggiuntivi non hanno modificato in maniera sostanziale i livelli di sfondamento degli acquisti diretti, ma le quote aggiuntive destinate alla farmaceutica convenzionata hanno determinato un maggiore avanzo di risorse non spese. Secondo Aifa, la rimodulazione dei tetti, prevista a partire dal 2021, comporterà un riequilibrio delle risorse tra i due canali di erogazione.
Durante l’anno scorso sono infatti stati adottati i nuovi tetti di spesa (7% per la convenzionata e 7,65% per gli acquisti diretti, più 0,20% per gas medicinali), che però hanno solo modificato gli equilibri interni tra le vari voci di spesa, senza alzare il tetto complessivo fermo al 14,85%.
Dal 2022, invece, le percentuali dei tetti aumenteranno progressivamente: la componente per gli acquisti diretti è salita all’8% nel 2022 e crescerà raggiungendo l’8,15 nel 2023 e l’8,30 nel 2024, fermo restando il 7% della componente territoriale e lo 0,20 dei gas con un incremento complessivo del tetto dal 14,85% del 2021 al 15,50% del 2024.
La spesa farmaceutica pubblica pro capite, secondo elaborazioni in base a dati OCSE e IQVIA, è inferiore del 21% rispetto ai principali Paesi europei, principalmente perché nel nostro Paese i prezzi dei medicinali sono più bassi della media dei principali Paesi europei, come evidenziato anche nell’ultimo rapporto OsMed.
La spesa farmaceutica nazionale totale (pubblica e privata) nel 2021 è stata pari a 32,2 miliardi di euro, in aumento del 3,5% rispetto al 2020
La spesa farmaceutica nazionale totale (pubblica e privata) nel 2021 è stata pari a 32,2 miliardi di euro, in aumento del 3,5% rispetto al 2020. La spesa pubblica, con un valore di 22,3 miliardi, ha rappresentato il 69,2% della spesa farmaceutica complessiva e il 17,4% della spesa sanitaria pubblica, ed è in aumento rispetto al 2020 (+2,6%). La spesa per i farmaci acquistati dalle strutture sanitarie pubbliche è stata di circa 13,8 miliardi di euro (233,5 euro pro capite), in crescita (+4,8%) rispetto all’anno precedente, mentre i consumi rimangono stabili (-0,3%).
Per quanto riguarda i tempi di accesso per i nuovi farmaci autorizzati dall’Agenzia europea del farmaco (EMA), negli ultimi 5 anni questi sono stati di 14 mesi in Italia rispetto agli 11 in media negli altri Big Ue, Uk e Svizzera e rispetto ai 4 della Germania. A questo si devono aggiungere altri 10 mesi necessari per l’accesso nelle Regioni.
Infine, forse proprio a causa di queste limitazioni, i consumi pro capite nel nostro Paese sono più bassi rispetto a quelli delle principali Nazioni europee: nel 2021, i consumi dei nuovi farmaci autorizzati dall’EMA negli ultimi cinque anni sono stati inferiori del 28% rispetto alla media degli altri Big Ue, Regno Unito e Svizzera.