di Ivana Barberini
Da quindici anni il Caregiver Day rappresenta un appuntamento fisso per riflettere sul ruolo, spesso invisibile ma essenziale, di chi ogni giorno si prende cura di una persona cara non autosufficiente.
Promosso dall’Unione Terre d’Argine, organizzato da Anziani e non solo Scs, con il patrocinio della Regione Emilia-Romagna, dell’AUSL di Modena e la collaborazione dell’Associazione dei Caregiver familiari CARER ETS, l’evento offre uno spazio di confronto su problemi, pratiche e politiche per sostenere concretamente i caregiver familiari.
L’edizione 2025 si è aperta con un messaggio chiaro: rimettere al centro la cura. In un momento storico segnato dall’invecchiamento della popolazione e dall’aumento dei bisogni assistenziali, diventa urgente inaugurare una nuova stagione di welfare di prossimità, capace di rispondere con flessibilità e continuità e di riconoscere pienamente il ruolo dei caregiver all’interno della rete dei servizi territoriali.
Il programma dell’edizione 2025 si articola dal 6 al 31 maggio, con eventi gratuiti: seminari online dedicati a temi di rilievo regionale e nazionale, incontri e laboratori in presenza nei territori.
Oggi in Italia si contano circa 7 milioni di caregiver familiari, persone che offrono sostegno quotidiano a familiari con disabilità o non autosufficienti.
I numeri parlano chiaro: secondo l’Istat, nei prossimi vent’anni le famiglie italiane cresceranno di numero (da 26 a 26,9 milioni), ma saranno sempre più piccole e fragili. Il numero medio di componenti per nucleo scenderà da 2,25 nel 2023 a 2,08 nel 2043. E nel frattempo, la popolazione over 65 (oggi il 24%) potrebbe superare il 34% entro il 2050, con un raddoppio delle persone con più di 85 anni (dal 3,8% al 7,2%).
In questo scenario, sostenere chi si prende cura e parlare del ruolo e delle competenze del caregiver diventa una priorità strutturale.
Il 13 maggio è stata dedicata una giornata di approfondimento proprio al ruolo e alle competenze del caregiver. Dopo l’introduzione di Loredana Ligabue di CARER ETS, è seguita l’apertura di Lalla Golfarelli (CARER ETS), con l’intervento poi di Giorgia Casanova (IRCCS-INRCA) sul lavoro di cura in Europa, Alessandro Geria (CNEL), Federico Boccaletti (ANS) e Francesca Bergamini (Regione Emilia-Romagna), che hanno affrontato il valore delle competenze di cura nei contesti nazionale e regionale.
Chi si prende cura merita riconoscimento: voce ai caregiver
In Emilia-Romagna c’è una legge che compie 15 anni e che, con la sua integrazione più recente, si impegna a validare le competenze degli oltre 500.000 caregiver informali della regione, di cui quasi il 70% donne. Riconoscerne il ruolo darebbe sostegno psicologico, dignità sociale e speranza per il futuro, allontanando il rischio di marginalità e povertà.
«Servono politiche per chi lascia il lavoro, per chi prova a conciliare, per garantire una contribuzione futura. Servono tutele vere, non parole. Chi si prende cura oggi o domani non deve diventare invisibile. In dieci anni, parliamo di quasi 4 miliardi di ore di cura. Serve una costruzione seria di questo percorso, capace di guardare alle competenze reali. Non possiamo più permetterci che il sapere dei caregiver sia percepito ma non riconosciuto, e quindi non spendibile», dichiara Ligabue.
Dalla cura informale al riconoscimento formale: caregiver e lavoro tra Italia ed Europa
Giorgia Casanova, membro del board di Eurocarers, apre il suo intervento sottolineando come il suo ruolo sia spesso quello di analizzare le criticità, in Italia e in Europa, legate alla cura informale.
«Negli studi sui modelli europei di long-term care, – spiega Casanova – nonostante la centralità dell’assistenza informale, le strategie formali restano quelle maggiormente considerate nei sistemi di riferimento. Tuttavia, in quasi tutti i modelli, compresi quelli “familistici” come Italia e Spagna, o “misti” come Austria e Germania, la cura informale risulta decisiva. Nei Paesi nordici, si sta prendendo atto dell’importanza della cura familiare per la sostenibilità del sistema. La Finlandia recentemente ha avviato riforme per riconoscere l’informal care, mentre in Italia c’è un’alta erogazione di cura informale, ma servizi di supporto carenti. Questo squilibrio riflette una mancata valorizzazione strutturale delle competenze dei caregiver».
Richiama poi la recente riforma italiana del 2023 sulla long-term care, che include l’articolo 39 sul riconoscimento dei caregiver, ma osserva come in assenza di un reale finanziamento, le leggi rischino di restare vuote.
Dieci regioni hanno una legge specifica, ma spesso senza risorse dedicate. Aggiunge: «il riconoscimento del ruolo formale del caregiver non deve tradursi in un aumento della responsabilità senza adeguati diritti e tutele».
È quindi urgente una visione politica chiara: i caregiver devono avere accesso alla sicurezza sociale, a un possibile riconoscimento economico e alla certificazione delle competenze acquisite. Oltre il 78% delle persone over 85 in Italia presenta almeno una limitazione funzionale: un dato che rende la figura del caregiver sempre più centrale nel sistema di cura.
Valore sociale del caregiver
Il CNEL ha redatto un primo rapporto sul valore sociale dei caregiver, discusso con istituzioni e parti sociali, all’interno di una più ampia riflessione su come governare le transizioni ambientale, tecnologica e demografica, che rischiano di generare diseguaglianze profonde. In questo scenario, valorizzare il lavoro di cura è essenziale non solo per contrastare le disuguaglianze, ma anche per promuovere crescita sociale ed economica.
«L’area della cura è un settore ad alta intensità lavorativa, non delocalizzabile – sostiene Geria – e può rappresentare un’opportunità occupazionale concreta. Il riconoscimento del caregiver non è solo una questione di sostenibilità economica del welfare, ma anche di sostenibilità sociale: il caregiver è l’interprete che rende concreti i diritti delle persone fragili. Da qui l’importanza di politiche pubbliche capaci di riconoscere, valorizzare e sostenere un ruolo che non è standardizzabile, perché esistono molteplici condizioni e bisogni».
Geria chiude con tre paradossi: i caregiver sono la soluzione ai limiti del welfare, ma le loro esigenze non sono riconosciute; la loro identificazione dovrebbe attivare i servizi, ma spesso porta a un arretramento pubblico; infine, il sovraccarico rischia di erodere proprio quelle competenze relazionali e umane che rendono unico il loro contributo.
Per questo, conclude, «è essenziale costruire un sistema accessibile, trasparente e rispettoso, che riconosca le competenze acquisite e ne valorizzi il potenziale anche nel mercato del lavoro».