“Il Covid ha evidenziato una maggiore mortalità nei pazienti con scompenso cardiaco e addirittura ci sono dati in letteratura che dimostrano come il virus abbia determinato, oltre a quelle legate ai polmoni, delle morti per cause cardiache, fra cui lo scompenso”, spiega Ottavio Di Cillo, Direttore Area E-Health Aress Puglia, presidente dell’Associazione italiana Sanità digitale e Telemedicina (AiSDeT). Ma i pazienti che ne soffrono hanno nella telemedicina un importante alleato: la telemedicina. “In particolare per chi soffre di questa patologia è importante il telemonitoraggio, perché ci consente di stabilire lo stato di salute del paziente, di ridurre le reimmissioni in ospedale e anche la mortalità”.
Come possiamo inquadrare il rapporto fra telemedicina e scompenso cardiaco?
Con la telemedicina possiamo monitorare a distanza i parametri vitali, cogliendo in anticipo i segni di peggioramento della sintomatologia clinica
I pazienti con scompenso cardiaco hanno bisogno di pochi parametri per essere monitorati a domicilio e tenendoli sotto controllo possiamo evitare nuovi ricoveri e abbassare i tassi di mortalità.
Le persone con scompenso cardiaco che si collocano in classe NYHA (New York Heart Association) III, cioè con dispnea a riposo o per sforzi lievissimi, o IV, che devono essere ospedalizzati, hanno bisogno di ossigeno e altre terapie, sono più difficili e comportano notevoli costi per il Servizio Sanitario. Hanno ricadute e recidive di ricoveri ospedalieri, anche tre, quattro o cinque in un anno. Grazie alla telemedicina possiamo monitorare a distanza i parametri vitali, cogliendo in anticipo i segni di peggioramento della sintomatologia clinica. Oggi, grazie ai software di aziende impegnate nella sanità digitale, verificando alcuni parametri possiamo sapere con un anticipo di una settimana che il malato peggiorerà e avrà bisogno di un ricovero; ma a quel punto possiamo intervenire per tempo con una terapia più efficace.
Un altro dato importante è che lo scompenso cardiaco ha una prevalenza che si avvicina al 2% e tende ad aumentare con la crescita dell’età media della popolazione. Inoltre i pazienti con scompenso cardiaco hanno pluripatologie. La durata media dei ricoveri dei pazienti in classe III e IV NYHA dura tanto, perfino settimane, e a volte chi ha uno scompenso cardiaco grave finisce in unità coronarica o terapia intensiva: parliamo di costi anche di 2 mila euro al giorno per ricoveri di venti giorni. L’analisi di impatto sul budget è quindi molto favorevole alla telemedicina.
C’è ancora un aspetto in gioco: una volta fatta la diagnosi, i pazienti necessitano di un quadro di collaborazione multidisciplinare perché i pazienti con scompenso cardiaco hanno problemi renali, respiratori, cardiochirurgici. Dopo la dimissione, questo si può mettere in pratica con la telecooperazione, mettendo in rete una serie di specialisti in modo che il paziente, anziché fare la fila da quattro o cinque specialisti, possa incontrarli direttamente online.
Quali sono al momento le criticità ancora da superare in quest’ambito?
Gli ostacoli ancora da superare non riguardano la tecnologia, ma il modello organizzativo
A livello di innovazione tecnologica abbiamo tutto: oltre alla terapia farmacologica, il paziente con scompenso cardiaco si può avvalere di tecnologie per la resincronizzazione del ventricolo sinistro con apparecchi a livello del cuore, di interventi riparativi coronarici come l’angioplastica, o, se lo scompenso è legato a una stenosi aortica, si può fare un intervento valvolare percutaneo tipo TAVI (impianto valvolare aortico transcatetere) oppure, ancora, LVAD (Left Ventricular Assist Device).
I problemi sono di tipo organizzativo.
Come risolverli?
Il DM 77 può essere un momento importante. I servizi di telemedicina e televisita sono risorse che in questo caso possono usare gli infermieri, monitorando, nel caso dello scompenso cardiaco, alcuni semplici parametri: ossigeno (saturimetria), frequenza respiratoria, temperatura, peso e diuresi.
Se portati al domicilio con una dimissione protetta, per i pazienti con scompenso cardiaco basta in sostanza tenere sotto controllo il peso, che dice in tempo reale se hanno una buona diuresi. Il telemonitoraggio lo può fare quindi l’infermiere dalla Centrale Operativa Territoriale (COT) in collaborazione con il caregiver, e allertare tempestivamente il medico per migliorare la terapia.
L’assistenza domiciliare risponde al progetto del PNRR che prevede di inserire in modo sistematico la telemedicina nel monitoraggio e nella gestione delle patologie croniche con la creazione delle COT, a gestione infermieristica, per la verifica e il controllo dei dati. È chiaro che va fatta un’adeguata formazione al caregiver, lo stesso paziente deve imparare a usare strumenti digitali, e un aiuto in questo senso può venire anche dalle associazioni dei pazienti che devono essere presenti nella condivisione del percorso diagnostico terapeutico nuovo.
Con il DM 77 l’ospedale riacquista il proprio ruolo strategico di alto profilo che di fatto ha perso
Nel futuro, entro il 2026, abbiamo dall’Europa l’obbligo di seguire i pazienti over 65 a domicilio per almeno il 10%. Sono convinto che ce la faremo. Va sottolineato che, per raggiungere l’obiettivo, oltre all’assistenza domiciliare integrata (ADI), ha un ruolo fondamentale anche l’ospedale, perché il monitoraggio viene fatto sul territorio, ma se un paziente ha bisogno di essere seguito in fase acuta è chiaro che l’ospedale deve intervenire. Qui parliamo di scompenso cardiaco ma c’è un percorso di workflow management per ogni singola patologia. Così, con il DM 77, l’ospedale riacquista il proprio ruolo strategico di alto profilo che di fatto ha perso, facendo anche cronicità.