A due anni dall’inizio di questa emergenza sanitaria, la telemedicina nel nostro paese è cresciuta come mai in precedenza.
Tra i primi documenti ufficiali che hanno provato a disciplinare questa modalità di assistenza sanitaria da remoto vanno ricordate le Linee di Indirizzo Nazionali sulla Telemedicina dell’ormai lontano 2014. Fino al 2018 nel nostro paese si sono fatte molte sperimentazioni ma quasi nessun risultato a livello istituzionale per realizzare un sistema reale di telemedicina, come abbiamo già raccontato.
Se la pandemia ha fatto da acceleratore, le istituzioni e le strutture sanitarie, pubbliche e private, hanno comunque sfruttato il momento per provare a mettere a sistema una modalità di assistenza sanitaria che si sta dimostrando preziosa non solo come tecnologia da attivare nell’ambito emergenziale, ma come pilastro fondamentale del nostro Sistema Sanitario Nazionale.
Ne è prova il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che alla telemedicina destina un miliardo di euro per finanziare progetti che consentano interazioni a distanza medico-paziente; creare una piattaforma di servizi software nazionale per agevolare la telemedicina e finanziare iniziative di sviluppo ad hoc di soluzioni con tecnologie digitali per la salute e l’assistenza.
La prima istituzione scesa in campo già nelle prime settimane della pandemia per permettere di applicare la telemedicina è stato il Centro Nazionale per la Telemedicina e le Nuove Tecnologie dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS).
I documenti prodotti in quel frangente, Indicazioni ad interim per servizi assistenziali di telemedicina durante l’emergenza sanitaria COVID-19 e Indicazioni ad interim per servizi sanitari di telemedicina in pediatria durante e oltre la pandemia COVID-19, sono ancora usati come basi per documenti istituzionali che iniziano a rendere la telemedicina più sistemica e a integrarla nel Servizio Sanitario Nazionale; tra questi vi sono le Indicazioni approvate in Conferenza Stato Regioni per l’erogazione delle prestazioni di telemedicina (2020), e per quelle della teleriabilitazione (2021) che forniscono chiare indicazioni operative, burocratiche e amministrative su come erogare questi primi servizi.
Se la pandemia ha fatto da acceleratore, le istituzioni e le strutture sanitarie hanno colto il momento per avviare la telemedicina come nuova modalità di assistenza sanitaria
In questi due anni le cose sono cambiate, l’uso improvvisato di whatsapp, skype o solo del telefono non sono più accettati come modalità corrette di telemedicina, non siamo più in un contesto emergenziale come i primi mesi del 2020, nel frattempo si sono realizzate piattaforme più efficienti, sicure, molte Regioni si sono date da fare per erogare in modo efficiente la telemedicina e il nuovo Regolamento Ue sui Dispositivi Medici ha tracciato una linea ben netta tra ciò che va considerato medical device e ciò che non lo è: i software per la telemedicina sono dispositivi medici e di questo le strutture stanno iniziando a tenere conto.
Con Francesco Gabbrielli, direttore del Centro Nazionale per la Telemedicina dell’ISS, abbiamo provato a tracciare un quadro dei documenti di riferimento a cui l’istituzione sta lavorando e che saranno destinati a diventare best practice nel breve termine e linee guida sul lungo periodo, con valenze medico-legali ben precise.
Le indicazioni ad interim hanno permesso un passo in avanti notevole per la telemedicina, a cosa deve questo successo?
Ne vado molto felice, ma ne sento anche la responsabilità. Sono indicazioni fatte in un contesto emergenziale e molto pragmatiche, forse il successo si deve a questo aspetto.
Sono state anche un riferimento per il primo documento approvato dalla Conferenza Stato Regioni, le Indicazioni Nazionali per l’erogazione di prestazioni in Telemedicina, che ha una visione di più lungo periodo, non solo emergenziale. Inoltre, non commetteremo gli stessi errori delle linee di indirizzo del 2014, come io stesso ho suggerito e come risulta scritto espressamente, le indicazioni del 2020 e le successive saranno aggiornate periodicamente. Se devono rappresentare un indirizzo, vanno riviste con una certa frequenza a livello tecnico-scientifico, soprattutto se parliamo di tecnologie che cambiano continuamente.
A quali altri documenti sta lavorando l’ISS in questo momento?
Stiamo predisponendo documenti di consensus sulla telecardiologia, sul telemonitoraggio cardiovascolare e sulla teleriabilitazione cardiologica e stiamo finalizzando anche l’ambito della teleneurofisiologia clinica. Faremo documenti simili anche in ambito polmonare.
Per i testi in ambito cardiologico non abbiamo lavorato da soli, ma coinvolgendo 19 società scientifiche e molti esperti in ambito cardiologico. Parliamo di 40 persone. Sono lavori complessi, non si arriva a un documento per maggioranza, ma solo dopo che sia stato accettato da tutti i partecipanti allo studio. Deve essere un documento riconosciuto da tutti su basi scientifiche. Ecco perché invitiamo a questi gruppi di lavoro solo le società o associazioni scientifiche specialistiche di volta in volta utili per il raggiungimento del risultato e le affianchiamo con esperti indipendenti scelti dal Centro Nazionale per la loro comprovata, non autocertificata, competenza nelle materie che sono necessarie. Solo competenza specifica e utile al risultato.
Coinvolgete anche i pazienti nella stesura di questi documenti?
Certamente. Abbiamo un metodo di lavoro preciso che ci siamo costruiti da soli non essendoci precedenti: il Centro Nazionale per la telemedicina lavora al primo draft tecnico scientifico, che funge da canovaccio per impostare la discussione con le società scientifiche e gli esperti coinvolti. A questo punto si realizza un documento di consensus che ha una valenza nazionale, perché oltre a essere promosso da ISS, raccoglie tutte le società scientifiche di quella determinata specialità. Il testo viene poi diffuso tra i soci delle società scientifiche, a cui si lascia tempo per proporre emendamenti. Dopo questo passaggio, si lancia un call pubblica per contribuire al testo definitivo e in questa fase in particolare vengono invitate le associazioni dei pazienti a esprimersi sul documento, rilasciando commenti o proposte.
Una volta approvato il testo definitivo, si organizza una giornata di seminario a cui sono invitate tutte le società scientifiche e le associazioni dei pazienti coinvolte.
Il testo viene poi inviato al Sistema Nazionale Linee Guida, coordinato dal Centro Nazionale per l’Eccellenza Clinica, la Qualità e la Sicurezza delle Cure (CNEC) dell’ISS. L’obbiettivo è far diventare questi documenti di consensus delle “Buone Pratiche” secondo quanto richiesto dalla Legge n. 24 del 2017 (“Legge Gelli”). In questo modo, avranno un valore legale ben preciso. Una volta completato questo primo giro di documenti di consenso in tutti gli ambiti utili, lavoreremo affinché da “Buone Pratiche” diventino “Linee Guida” a tutti gli effetti, ma per questo i tempi sono molto più lunghi. Intanto però avremo subito uno strumento di lavoro utile e sempre aggiornato.
Alla fine dello scorso anno sono state approvate anche le Indicazioni per erogare i servizi di teleriabilitazione, è un documento di consensus anche quello?
In realtà qui vanno precisate alcune cose. Lo scorso anno noi stavamo lavorando per realizzare un documento di consensus di teleriabilitazione e teleassistenza: avrebbe dovuto essere un testo unico. Ma il Ministero della Salute, per velocizzare i tempi, ci ha chiesto di estrarre un testo che servisse da base per elaborare un testo sulla teleriabilitazione. Lo abbiamo fatto, il Ministero poi, con altre istituzioni nazionali e con le Regioni e Provincie autonome, ha aggiunto dettagli amministrativi e burocratici e da lì sono nate le indicazioni approvate a fine 2021. Dal lavoro che già è in corso da tempo con altri gruppi di consensus estrarremo altri documenti di sintesi simili anche per la teleassistenza e per il telemonitoraggio e teleriabilitazione cardiovascolari.
Telemonitoraggio, telecontrollo, teleassistenza, che differenze ci sono?
Le differenze sono sostanziali, direi.
Il telemonitoraggio serve per tenere i pazienti sotto stretto controllo specialistico, in modo costante, attraverso dispositivi che inviano dati quasi continuamente a un centro operativo di telemedicina. Il quale decide che prestazioni sanitarie erogare secondo le informazioni ricevute e assumendosene le responsabilità.
Il telecontrollo è ancora un controllo medico del paziente, ma che viene fatto in modo periodico, non continuativo e non prevede necessariamente l’invio dei dati a un centro operativo. Può essere fatto anche in modo molto semplice ed economico da diversi operatori sanitari, sempre con coordinamento medico.
La teleassistenza è l’erogazione a distanza di prestazioni assistenziali e infermieristiche, può essere fatta da tutti gli operatori sanitari, ma non è un atto medico. Prevede un centro di telemedicina a supporto delle attività che saranno sempre più erogate a domicilio del paziente.
La televisita e il teleconsulto, giusto per completare il quadro, sono entrambi invece atti medici e possono essere svolti solo dai medici. Il teleconsulto è in pratica un consulto tra medici per concordare come curare il paziente e il paziente può anche non esserci. C’è anche la teleconsulenza che consiste in uno scambio di idee e informazioni tra professionisti sanitari di vario tipo per collaborare al meglio. Sembrano differenze di poco conto e invece sono molto importanti nella vita di tutti i giorni.
State anche lavorando a un’analisi di costo-efficacia per la telemedicina?
Sì, questo è uno dei documenti più attesi. Sarà la base della tariffazione reale dei servizi, perché la telemedicina ha costi diversi e credere che questi siano inferiori a quelli della visita in presenza è fuorviante. In realtà, la singola attività di telemedicina costa di più: si chiede una diversa disponibilità oraria, più risorse, assistenza continuativa. Questo documento ci aiuterà a capire dove impiegare la telemedicina al meglio, ma non avremo una situazione in cui da una parte c’è la telemedicina e dall’altra il resto dei servizi del SSN: ci saranno semmai delle situazioni ibride, con un mix di visite in presenza e da remoto.
Il documento potrebbe essere pronto già per la fine del prossimo mese.
Questi documenti saranno un riferimento standard per tutte le Regioni?
Con AGENAS stiamo elaborando documenti per guidare i progetti del PNRR che riguardano la telemedicina e in questi testi diamo dei punti di riferimento per le Regioni.
Si tratta di schemi uniformi per tutti. Tra questi, vi è il telemonitoraggio che in questo caso viene trattato in modo più ampio rispetto ai documenti di consensus che invece sono più verticali sulla patologia.
Anche se, va detto, quando parliamo di telemonitoraggio, ci riferiamo soprattutto ai pazienti cardiopolmonari. Per le altre patologie in realtà sarà più frequente il ricorso alla teleassistenza e al telecontrollo. Il telemonitoraggio presuppone strumenti di una certa complessità che vanno installati al domicilio del paziente, si applica a casi particolari, non a tutti indistintamente.
In ogni caso, stiamo cercando di dare indicazioni uniformi alle Regioni. Fare in modo che le Regioni le seguano è compito di AGENAS che dovrà certamente trovare un equilibrio tra il rispetto dell’autonomia amministrativa regionale e la necessaria uniformità di queste attività, che poi dovremo rendicontare all’Ue come paese Italia, non come singole regioni. Ci vuole un grande sforzo di collaborazione collettivo delle istituzioni.
AGENAS sta lavorando anche per la creazione di una piattaforma di telemedicina nazionale, ma in cosa consisterà esattamente?
Intanto chiariamo che alla piattaforma sta lavorando il Ministero dell’Innovazione Tecnologica e la Transizione Digitale, che si avvale di un gruppo interministeriale in cui ci siamo anche noi come ISS e che fornisce supporto per la progettazione della piattaforma. Il gruppo è coordinato da AGENAS di concerto anche con il Ministero della Salute.
La piattaforma software nazionale serve per raccogliere i dati sulle prestazioni di telemedicina realizzate in tutte le Regioni, in modo uniforme, e per offrire software utili ad erogare alcune prestazioni di telemedicina ai sistemi regionali che ne avessero bisogno.
Le Regioni che hanno già piattaforme di telemedicina dovranno fare in modo che il flusso dati sia compatibile con quello nazionale, le Regioni (e non sono poche) che invece non hanno ancora le loro piattaforma, potranno agganciarsi a quella nazionale.
Che tempi prevede per l’attivazione della piattaforma nazionale?
Credo che potrà essere pronta entro il prossimo anno. Sulla capacità delle Regioni di utilizzarla al meglio, invece, non posso esprimermi, è un’incognita. Ad oggi non è ancora chiaro come sarà controllata la corretta implementazione da parte delle Regioni della telemedicina. Ricordiamoci però che noi abbiamo degli obbiettivi importanti da raggiungere nei prossimi anni e ne rispondiamo davanti alla Commissione Europea come Italia, non come singole regioni.