L’intelligenza artificiale in periferia? «Fondamentale per aderenza alle cure e prevenzione»

A TrendSanità parla Giorgio Casati, direttore generale della ASL Roma 2, la ASL più grande d'Italia per numero di abitanti serviti

Intelligenza artificiale, digitalizzazione dei dati, medicina predittiva, servizi automatizzati per i pazienti. I convegni sono pieni di panel con questi titoli. L’aspettativa è grande ma gli esempi concreti scarseggiano. A TrendSanità ne parla Giorgio Casati, direttore generale della ASL Roma 2, la ASL più grande d’Italia per numero di abitanti serviti. Una ASL che insiste in quartieri molto popolari della città di Roma come il Tiburtino, Casal Bertone, Casal Bruciato, San Basilio, Tor Cervara, Pietralata e molti altri.

A che punto sono queste evoluzioni tecnologiche per la sanità pubblica e territoriale?

«Qualunque innovazione, qualunque novità venga introdotta in un sistema così complesso come il nostro Servizio Sanitario Nazionale incontra notevoli difficoltà: difficoltà organizzative, difficoltà di carattere economico, difficoltà nell’applicazione delle norme. Su questo, ovviamente, se non si riesce a trovare una sintesi, a pagarne le conseguenze sono poi i cittadini che non riescono a trovare servizi migliori».

Quali sono i filoni di intervento più urgenti?

Giorgio Casati

«Uno ha sicuramente a che fare con i dati e con il modo in cui questi possono essere utilizzati. Un altro è quello dell’intelligenza artificiale. Ma io mi auguro anche che si incominci a ragionare davvero su come cambiano i servizi per i cittadini. Perché su questo ancora manca un guizzo che in qualche modo dia il via alle aziende sanitarie pubbliche per incominciare a riorganizzare le attività, ad essere più efficienti ed efficaci nei confronti dei nostri utenti. Tutta l’innovazione deve portarci a migliorare l’accoglienza e la cura delle persone. Curare le persone è la nostra missione quindi se l’innovazione non ci porta a migliorare questo aspetto, non vedo cos’altro dovrebbe fare».

Lei guida una ASL in un territorio popolare della città di Roma. Cosa può dare l’intelligenza artificiale ai cittadini di questi quartieri?

«Può dare tantissimo. Partiamo dagli elementi di pianificazione: può darci la possibilità di lavorare sui dati dei cittadini complessivamente intesi per capire quali sono le aree di rischio maggiore e quindi quali sono gli interventi che devono essere attivati come priorità. Ma in una determinata comunità, che ovviamente è un sottoinsieme dell’intera popolazione della ASL Roma 2, può aiutarci a capire quali condizioni creare per ridurre il rischio dell’insorgenza di talune patologie. Tutti sappiamo che più c’è povertà, più c’è basso grado di istruzione, e più dovrebbe esserci un intervento mirato a sostegno della popolazione per evitare che alcuni comportamenti si trasformino nel tempo anche in problemi di natura sanitaria. C’è la possibilità di usare gli strumenti di intelligenza artificiale per svolgere un’attività di natura preventiva e quindi questo ovviamente riguarda sia i dati di carattere collettivo, che i dati di carattere individuale».

Qualche esempio concreto?

Tutti sappiamo che più c’è povertà, più c’è basso grado di istruzione, e più dovrebbe esserci un intervento mirato a sostegno della popolazione

«L’AI ci può aiutare a comprendere chi, con più probabilità di altri, uscirà dal percorso di cura. Noi sappiamo che tra i pazienti cronici, che rappresentano uno dei segmenti più importanti che la sanità pubblica deve seguire, solo tra il 30% e il 50%, a seconda delle patologie, rispetta le terapie e fa il piano di controllo. Questo sembra un dato banale ma non lo è, perché non seguire il piano terapeutico e non fare i controlli significa non fare nulla per rallentare il processo degenerativo delle patologie e questo significa che le persone muoiono e vivono male quell’ultimo tratto di strada perché lo passano in accessi in pronto soccorso, in ricoveri ospedalieri, quando non devono anche essere sottoposti ad interventi invalidanti. Prenda per esempio cosa vuol dire l’amputazione degli arti per un paziente diabetico. Tutto questo può essere ridotto o evitato con una medicina predittiva, ma per fare questo c’è bisogno dell’intelligenza artificiale che ci aiuta a leggere i dati e a tenere sotto controllo, con la supervisione di operatori umani, più pazienti cronici possibili».

Sulle singole patologie cosa si può fare?

«Ma si può usare l’intelligenza artificiale anche nei singoli processi decisionali di natura clinica. L’ASL Roma 2, qualche mese fa, ha ricevuto un premio di cui siamo molto orgogliosi sulla capacità di identificare precocemente l’Alzheimer, grazie all’intelligenza artificiale, e quindi poter intervenire all’esordio del problema di salute con quelle cure che servono proprio a rallentare il processo degenerativo. Questa cosa la possiamo fare anche in altri ambiti, basta solo lavorarci. I dati ci aiutano tantissimo, ma una mole infinita di dati non può essere elaborata dall’essere umano. E non tanto perché non ci siano le capacità, ma il problema è che il tempo che ci impiegherebbe un umano è troppo e abbiamo bisogno del supporto dell’intelligenza artificiale per essere tempestivi».

Telemedicina e fascicolo sanitario elettronico come si associano all’uso della AI?

«Il fascicolo sanitario elettronico diciamo che in qualche modo si affianca ed è già qualcosa di attuale. Ma manca ancora una piena integrazione, il disegno di tutta l’infrastruttura non è ancora qualcosa di concreto e fruibile pienamente perché non tutte le aziende e non tutti gli ambiti che lavorano in sanità sono in grado di alimentare il fascicolo sanitario oggi per come dovrebbe essere fatto secondo l’ultima normativa uscita in termini di contenuti. Quindi c’è da fare un gran lavoro dal punto di vista della digitalizzazione per poter fare in modo che i dati arrivino in modo sicuro e che siano strutturati e qualitativamente buoni per poter poi essere utilizzati anche a fini decisionali. Una volta che ci saranno queste condizioni è chiaro che i dati nel fascicolo sanitario elettronico utilizzati con strumenti di intelligenza artificiale cambieranno davvero il modo di fare sanità».

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Cesare Buquicchio
Giornalista professionista. Condirettore TrendSanità. Capo Ufficio Stampa Ministero della Salute dal 2019 al 2022. Direttore scientifico del corso di perfezionamento CreSP, Università di Pisa