Osteoporosi: l’apporto delle professioni sanitarie nella gestione della malattia

Le professioni sanitarie sono in prima linea insieme ai medici nella gestione di malattie potenzialmente invalidanti come l’osteoporosi. Tecnico sanitario di radiologia medica e dietista sono punti di riferimento per una corretta gestione della patologia

L’osteoporosi è una condizione clinica caratterizzata dalla perdita di densità minerale ossea e dal deterioramento della micro-architettura del tessuto osseo, con conseguente aumento della fragilità ossea che porta a un maggior rischio di fratture.

Secondo i dati del Ministero della Salute, in Italia l’osteoporosi colpisce circa 5 milioni di persone, di cui l’80% sono donne in post menopausa.

Alla scoperta delle professioni sanitarie della Federazione nazionale degli Ordini TSRM e PSTRP

Quali sono le professioni sanitarie di riferimento e qual è il loro ruolo nella gestione della malattia? Rispondono a TrendSanità Elisa Mazza, Dietista, dottore di ricerca e ricercatore in Scienze dietetiche, UOC Nutrizione clinica, Università degli studi di Catanzaro, membro del Comitato strategico di indirizzo del Centro studi Sapis della FNO TSRM e PSTRP e consigliere nazionale di ASAND (Associazione scientifica alimentazione nutrizione e dietetica), e Carmela Galdieri, Presidente della Commissione di albo nazionale dei Tecnici sanitari di radiologia medica.

Dalla diagnosi alla cura

L’esame di riferimento per la diagnosi di osteoporosi è la densitometria ossea, che permette di quantificare in modo accurato e preciso la massa ossea, il principale indicatore del rischio di frattura. Per questo trova indicazione nelle patologie metaboliche ossee che determinano una riduzione della massa ossea, tra le quali l’osteoporosi è la più frequente.

La precisione e accuratezza diagnostica nella quantificazione della massa ossea dipendono non solo dalla metodica di esame e dalla strumentazione utilizzata, ma soprattutto dalla competenza dell’operatore.

Carmela Galdieri

«Il Tecnico sanitario di radiologia medica (TSRM) – ci dice Galdieri – è un professionista sanitario laureato e abilitato all’utilizzo di tutte le apparecchiature radiologiche, comprese quelle che consentono l’esecuzione della Mineralometria Ossea Computerizzata più nota con l’acronimo MOC o in inglese DXA (Dual Energy X-ray Absorptiometry). Ha una conoscenza accurata non solo delle competenze tecniche necessarie all’esecuzione dell’esame, ma anche di ciò che la MOC permette di diagnosticare, discriminando situazioni degenerative dell’osso come l’osteoporosi e l’osteopenia da tessuti normali e sani. Sono patologie particolarmente diffuse nella popolazione femminile che si possono manifestare a partire dai 45 anni e che a lungo termine comportano un’accresciuta fragilità scheletrica dell’intera colonna vertebrale, delle ossa lunghe e del bacino, con conseguenze variabili dalla presenza di dolori ossei e articolari all’insorgenza di fratture spontanee.

La gravità della patologia è stimata grazie alla MOC con una scala numerica, chiamata “T-Score”: per valori di T-score tra ≥-1 si ha una condizione di osso sano; tra -1 e -2,5 si configura un quadro di osteopenia (riduzione della massa ossea) e per condizioni al di sotto del -2,5 si può parlare ufficialmente di osteoporosi. La conoscenza di questi parametri, che possono sembrare oscuri ai non addetti ai lavori, è alla base dell’esecuzione della MOC e permette di costruire, insieme al medico radiologo, uno storico delle condizioni della persona assistita. L’anamnesi, l’impostazione di tutti i parametri espositivi, la scelta del protocollo e l’acquisizione stessa sono tutte variabili che concorrono alla determinazione di questo importante valore diagnostico, ed è qui che il TSRM esprime le sue competenze. Occorre inoltre ricordare che il Tecnico di radiologia è responsabile della persona assistita sotto un aspetto molto importante, ossia l’ottimizzazione della dose radiante: il TSRM minimizza per l’assistito l’impatto delle radiazioni somministrate durante la MOC, tutelandolo e garantendo una riuscita dell’esame in piena sicurezza. Ed è bene precisare che con le apparecchiature di ultima generazione, la quantità di radiazioni ionizzanti assorbite mediante la MOC è inferiore rispetto a quelle di una radiografia del torace».

Quanto contano le competenze e le responsabilità?

La densitometria non ha caratteristiche d’urgenza. La sua finalità clinica è la valutazione del rischio di frattura. Sebbene le più recenti revisioni delle evidenze scientifiche disponibili indichino che l’elevata prevalenza di osteoporosi e di fratture da fragilità potrebbe giustificare l’accesso alla prestazione per la diagnosi dell’osteoporosi in tutte le donne di oltre 65 anni, la presenza di altri fattori di rischio migliora sensibilmente l’efficacia diagnostica della densitometria ossea anche in questa fascia di età.

L’esame, quindi, è indicato solo quando la conoscenza dei valori densitometrici è rilevante nella gestione clinica della persona assistita (dieta, attività fisica, abitudini di vita, riduzione del rischio di cadute, trattamenti medici e riabilitativi).

L’esecuzione corretta e accurata della densitometria è strettamente dipendente dalle conoscenze e dalle abilità di chi lo esegue

«Le competenze messe in campo dall’esecuzione della MOC – prosegue la Presidente della commissione di albo – sono in gran parte quelle che il TSRM esercita già nella sua attività quotidiana: competenze tecniche, innanzitutto, perché la professione del Tecnico di radiologia è legata a doppio filo con gli strumenti diagnostici che utilizza. Con l’evoluzione tecnologica in atto, inoltre, gli strumenti diagnostici utilizzati dal TSRM diventano sempre più sofisticati e complessi, come i software che ne consentono la gestione. È importante sottolineare come l’uso dei macchinari non richieda un approccio passivo e automatico, anzi: l’esecuzione corretta e accurata dell’esame è strettamente dipendente dalle conoscenze e dalle abilità di chi lo esegue. Non bisogna immaginare, dunque, il TSRM come un mero “esecutore”, ma come un professionista consapevole, in grado di illuminare e di rivelare gli aspetti precoci di molte patologie.

Come accennato prima, una delle competenze principali del TSRM è l’ottimizzazione della dose radiante. Questo aspetto si lega, più in generale, alla tutela della persona assistita, da intendersi non solo nel suo aspetto strettamente tecnico o “clinico”, ma anche in quello umano: le soft skills che accompagnano le hard skills. Quando si parte da una diagnosi di osteoporosi, per esempio, bisogna considerare che dietro vi possono essere altre patologie, da quelle reumatiche a quelle di origine endocrinologica, fino a quelle oncologiche. Molte persone che hanno eseguito trattamenti di chemioterapia, inoltre, si trovano a dover eseguire la MOC. Tanti scenari diversi, dunque, che corrispondono ciascuno a un’esigenza di cura differente, da considerare nella sua irripetibilità e nelle sue fragilità. Di fronte a una persona spaventata e preoccupata, è competenza del TSRM saperlo rassicurare, riportandolo al momento presente e applicando l’intelligenza emotiva necessaria ad accompagnarlo attraverso le eventuali difficoltà, creando un clima di accoglienza di cura».

Nuove  tecnologie e macchine di ultima generazione

«Le macchine utilizzate per l’esecuzione della MOC – continua Galdieri – hanno raggiunto un grado sempre maggiore di accuratezza grazie all’implementazione della tecnica DXA (Dual-energy X-ray Absorptiometry), che si avvale di due fasci di raggi X con differenti livelli di energia, inviati sul tessuto osseo del paziente. Tale tecnica si sta evolvendo ulteriormente grazie al progresso tecnologico, tanto che oggi possiamo parlare di MOC-DXA di ultima generazione”, con funzionalità aggiuntive come la morfometria vertebrale, che permette di valutare le altezze delle vertebre dorsali e lombari; l’esame accurato di particolari distretti ossei, come la mano o il femore; l’implementazione di software e di sistemi predittivi come quelli precedentemente citati nell’ambito dell’intelligenza artificiale.

Il progresso si muove in due direzioni complementari, ossia verso un innalzamento della precisione delle immagini e verso una riduzione della dose radiante erogata. Ancora una volta è importante sottolineare che la MOC è un esame per sua natura operatore-dipendente, ossia che la sua efficacia e precisione dipendono dall’accuratezza di chi lo esegue. Il “fattore umano”, quindi, rimane una variabile insostituibile in tutto il processo di acquisizione e lettura delle immagini: la complessità delle competenze richieste per avvalersi dei software a disposizione potranno solo accrescere la responsabilità del TSRM, trasformandolo in un gestore sempre più consapevole delle nuove tecnologie”.

Intelligenza artificiale nella valutazione dell’osteoporosi

Negli ultimi anni l’intelligenza artificiale sta assumendo un ruolo sempre più rilevante in area radiologica, specialmente nella rielaborazione delle immagini acquisite in sede d’esame e nel supporto alla loro interpretazione sul piano diagnostico. «Questo vale anche per la MOC  – ci dice Galdieri  – alcuni software hanno la possibilità di coadiuvare TSRM e Medico radiologo, migliorando la qualità dell’immagine e l’accuratezza dei dati e fornendo così un supporto che non si sostituisce all’operatore, incaricato in ultima analisi di verificare quanto rilevato dall’AI, ma che può aiutare a contenere significativamente la percentuale di errore umano dovuto a stanchezza o ad altri fattori.

L’AI può rivelarsi un valido aiuto anche in chiave predittiva: è in via di sperimentazione, infatti, un algoritmo in grado di stimare la probabilità di formazione di fratture nelle persone affette da osteoporosi nell’arco di dieci anni nel futuro, a partire da una serie di variabili raccolte attraverso un questionario anamnestico. Possiamo pensare che l’apporto dell’intelligenza artificiale nella diagnosi e nel trattamento dell’osteoporosi si farà sempre più significativo, consentendo di snellire i processi e di incrementare l’accuratezza sul piano diagnostico, e, guardando ancora più avanti, di modellare strategie di prevenzione in base a diversi fattori di rischio”.

Nutrizione e osteoporosi: strategie di cura e prevenzione

Elisa Mazza

«Lo sviluppo dello scheletro avviene rapidamente, a partire dall’infanzia – afferma la dietista Elisa Mazza – proseguendo poi durante la pubertà e l’adolescenza, raggiungendo il cosiddetto picco di massa ossea, cioè il suo valore massimo sia in dimensioni che in densità, intorno ai 20-25 anni. Da questo momento in poi, fino alla menopausa nelle donne e fino ai 65-70 anni negli uomini, i processi di rimodellamento osseo rimangono in equilibrio, se in condizioni fisiologiche. Successivamente, il riassorbimento osseo inizia a prevalere sulla formazione di nuovo osso, portando a una perdita di minerali e alla conseguente riduzione della massa ossea. Le caratteristiche genetiche svolgono un ruolo importante in questo processo, ma fattori di rischio modificabili come la sedentarietà o la scarsa attività fisica, un’alimentazione sbilanciata, povera di calcio e ricca di sale, la dieta vegana, l’eccessivo consumo di alcol, l’abuso di caffeina, l’eccessiva magrezza oltre al tabagismo, contribuiscono al deterioramento della salute dell’osso.

Un altro aspetto fondamentale è che le donne, rispetto agli uomini, hanno una minore massa ossea e la diminuzione degli ormoni sessuali durante la menopausa comporta una perdita più rapida e precoce della densità minerale ossea. Una crescita ossea non ottimale nelle prime fasi della vita può influenzare negativamente la salute dello scheletro tanto quanto la perdita di massa ossea in età più avanzata. Di conseguenza, la prevenzione primaria dell’osteoporosi dovrebbe essere avviata sin dalla giovane età.

La prevenzione primaria dell’osteoporosi dovrebbe essere avviata sin dalla giovane età

La nutrizione oggi svolge un ruolo fondamentale sia nella prevenzione, sia nella gestione dell’osteoporosi, a condizione che si tenga conto del contesto specifico in cui si trova l’assistito, includendo parametri biologici, vita quotidiana e regime alimentare abituale, e che si muova in un contesto di nutrizione e medicina di precisione».

L’intervento del Dietista può essere significativo nella prevenzione e nel trattamento di questa patologia attraverso diverse strategie:

  • Valutazione della composizione corporea: variazioni considerevoli della massa corporea, in particolare della massa grassa e della massa magra, nel soggetto con osteopenia o osteoporosi potrebbero incidere pericolosamente sulla salute dell’osso, come nel caso della sarcopenia o dell’obesità sarcopenica. In quest’ultima l’aumento di peso potrebbe mascherare una riduzione della massa ossea rischiosa per i soggetti anziani.
  • Assunzione adeguata di calcio e vitamina D: un’attenzione particolare viene dedicata all’ intake e al  fabbisogno individuale di calcio e vitamina D, nutrienti essenziali per la salute ossea, considerando la diminuzione dell’assorbimento del calcio e la produzione di vitamina D con l’età. Il dietista può consigliare fonti alimentari ricche di calcio, provenienti sia da fonti animali che vegetali, collaborando con l’assistito per garantire un adeguato apporto di vitamina D.
  • Bilanciamento dell’apporto di minerali: un giusto equilibrio tra calcio e altri minerali nella dieta, come il fosforo e il magnesio, e di alcune vitamine essenziali, promuove la salute ossea.
  • Assistenza nella gestione del peso: il mantenimento di un peso corporeo sano è essenziale per prevenire lo stress eccessivo dovuto al sovrappeso o il deterioramento dovuto al sottopeso della massa ossea. Il dietista può aiutare a sviluppare una dieta bilanciata personalizzata per mantenere il peso ottimale.
  • Promozione di una dieta anti-infiammatoria: una dieta ricca di alimenti anti-infiammatori, come la dieta mediterranea ricca di frutta, verdura, pesce, olio extravergine d’oliva, può contribuire a ridurre l’infiammazione, apportando benefici anche alla salute delle ossa.
  • Educazione nutrizionale: il dietista può fornire informazioni sull’importanza di una dieta equilibrata e sulla limitazione di fattori che possono influire negativamente sulla densità ossea, come l’eccesso di sodio e la bassa assunzione di potassio.
  • Controllo dell’assunzione di proteine: l’assunzione adeguata di proteine è fondamentale per mantenere la massa muscolare e sostenere la struttura ossea, che in età avanzata richiede maggiore attenzione soprattutto per il rischio di sarcopenia o osteosarcopenia tipiche di queste fasi della vita. L’intervento del dietista è fondamentale per garantire un apporto di proteine e di aminoacidi essenziali appropriato in condizioni di rischio come l’osteoporosi.

Conclude Mazza: «Il dietista può quindi monitorare regolarmente la composizione corporea, lo stato nutrizionale e la dieta della persona assistita, apportando eventuali modifiche in base alle esigenze specifiche e all’evoluzione della condizione clinica. Il suo intervento, integrato con altre misure di gestione dell’osteoporosi, può contribuire a migliorare la salute ossea e ridurre il rischio di fratture. È importante che l’intervento terapeutico, così come un eventuale piano alimentare, sia personalizzato sulle esigenze e condizioni specifiche di ciascun individuo».

Può interessarti

Ivana Barberini
Giornalista specializzata in ambito medico-sanitario, alimentazione e salute