L’impatto della pandemia sull’uso dei medicinali: il Rapporto Farmaci in Toscana 2021

Presentato il report che raccoglie le lezioni apprese dagli studi condotti dall'ARS e dai suoi partner locali, nazionali e internazionali. Focus sull'impatto della pandemia sull'assunzione dei medicinali e sull'efficacia e sicurezza del vaccino contro Sars-Cov-2

La pandemia da Covid-19 ha investito il mondo della sanità. Ha retto, ma sono emerse anche criticità e lezioni da apprendere. Luci e ombre descritte nel Rapporto sui farmaci in Toscana 2021.

Lucia Turco“Come ogni anno, il rapporto affronta alcuni temi fondamentali per il Servizio Sanitario Regionale. In particolare, quest’anno presentiamo anche uno studio molto attuale dedicato all’efficacia e sicurezza del vaccino contro Sars-Cov-2 – ha affermato Lucia Turco, direttrice dell’Agenzia Regionale di Sanità (ARS) Toscana -. È un argomento a tutt’oggi molto dibattuto e ancora lo sarà, perché abbiamo altri vaccini in arrivo rispetto a quelli già in uso e sarà necessario elaborare anche altre ricerche, probabilmente seguendo l’implementazione sia di vaccini dedicati ad affrontare le varianti che di altri vaccini”.

Altro grande tema di quest’anno è l’impatto della pandemia sul consumo dei farmaci. “Un dato importante perché rappresenta un indicatore indiretto dell’assistenza fornita ai pazienti in questo periodo. Sappiamo che ci sono stati ritardi e interruzioni di alcune terapie, con ricadute importanti sulla salute dei pazienti, soprattutto per i malati cronici ma non solo – ha commentato -. Un’analisi che assume una rilevanza notevole anche per la ripartenza del Servizio Sanitario Nazionale, perché può indicare da dove ripartire e quali sono le priorità. Ormai è chiaro che stiamo affrontando una nuova ondata e dobbiamo imparare a portare avanti le attività di assistenza e cura dei pazienti nel corso della pandemia”.

Infine, ha sottolineato Turco, il Rapporto Farmaci Toscana analizza l’appropriatezza della prescrizione dei farmaci nell’ottica della sostenibilità del sistema: “Negli ultimi anni si sono resi disponibili farmaci molto efficaci e innovativi ma anche molto costosi, pertanto gli studi di post-marketing e di efficacia nel Real World stanno dimostrando tutta la loro utilità per capire meglio ed eventualmente rimodellare i profili di cura e i protocolli, con l’obiettivo di garantire l’accesso a questi farmaci a tutti i pazienti che ne hanno bisogno.

La Regione Toscana è una delle prime a utilizzare farmaci innovativi ed è importante che l’Agenzia Regionale di Sanità e il Dipartimento delle Politiche del Farmaco della Regione continuino a monitorarne il consumo e l’appropriatezza per poter continuare a erogare le cure migliori ai nostri pazienti, anche nel perdurare della pandemia da Covid-19”.

Contenuti del Rapporto

Anche quest’anno il rapporto descrive gli studi condotti dall’Agenzia e dai suoi collaboratori toscani, nazionali e internazionali. Le classi di farmaci studiate sono numerose: i farmaci per le malattie autoimmuni (malattie reumatiche, psoriasi, malattie infiammatorie dell’intestino), oculari (inibitori del VEGF) e del sistema nervoso centrale (anticorpi anti-CGRP per la prevenzione dell’emicrania), per la sclerosi laterale amiotrofica e i farmaci immunosoppressori. Come di consueto, ogni studio è strutturato nella forma di una coppia ‘domanda-risposta’ con elementi di approfondimento per chi desidera comprendere il contesto della domanda e la metodologia che ha prodotto la risposta.

Nel dettaglio, la prima parte del rapporto raccoglie gli studi sui farmaci biologici. Anche quest’anno il progetto VALORE compare per primo: nella scheda si esplorano le potenzialità di questa ampia rete italiana guidata dall’Università di Verona nella sorveglianza post-marketing dei farmaci biologici in area dermatologica, reumatologica, gastroenterologica ed oncoematologica. Alcuni di questi stessi farmaci sono oggetto di approfondimento nelle schede successive: i farmaci per la colite ulcerosa e per la psoriasi sono esaminati in modo dettagliato; sui farmaci per l’artrite reumatoide si investiga sia il potenziale rischio di infezioni (una scheda a cura dei colleghi dell’Università del Piemonte Orientale), che l’occorrenza di sospensione in caso di raggiunto target terapeutico. Seguono tre schede focalizzate su altri farmaci biologici: i farmaci per iniezione antivitreale, di cui si indaga l’associazione con esito di glaucoma; l’idarucizumab, antidoto dell’anticoagulante diretto dabigatran, di cui si esaminano gli utilizzatori; e i nuovi anticorpi monoclonali per l’emicrania, di cui si investiga il pattern di utilizzo con un particolare focus sul genere.

La seconda parte del rapporto raccoglie i quesiti sui farmaci non biologici. Anche questa seconda parte è aperta da un intervento che descrive un’importante iniziativa nazionale: l’Atlante delle disuguaglianze sociali nell’uso dei farmaci per la cura delle principali malattie croniche dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Segue un approfondimento sull’uso del riluzolo, un farmaco per il trattamento della sclerosi laterale amiotrofica, curato dal progetto multiregionale CAESAR guidato dal Dipartimento di Epidemiologia della Regione Lazio. Due schede curate dagli esperti del Lazio approfondiscono, rispettivamente, la terapia immunosoppressiva nei pazienti con trapianto solido, ed efficacia e sicurezza dei farmaci per la stimolazione ovarica nella Procreazione Medicalmente Assistita. Una scheda curata dalla Società Italiana di Medicina Generale investiga l’efficacia di diversi antibiotici.

Infine, l’ultima parte del rapporto torna sul tema della pandemia da Sars-Cov-2. Due schede investigano l’impatto che le misure di restrizione per il contenimento della pandemia hanno avuto sui trattamenti per varie patologie croniche, l’una a cura di un ampio network guidato dall’Università degli Studi di Milano e dall’Università di Bologna, e l’altra a cura dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca. L’ultima scheda descrive in dettaglio come l’Agenzia Europea del Farmaco, sulla base di elaborazioni dell’ARS Toscana, ha condotto le analisi osservato-atteso di alcuni eventi avversi da vaccino contro il Covid-19.

Quest’ultima scheda riprende la prefazione, che ospita un approfondimento sul ruolo che l’ARS ha svolto e sta svolgendo a livello europeo per il monitoraggio della sicurezza dei vaccini contro il Covid-19, una storia che rappresenta un raro caso di istituzioni sanitarie arrivate alla pandemia con un certo grado di preparazione. La prefazione racconta in particolare le evidenze generate tempestivamente nei giorni in cui, lo scorso marzo, le segnalazioni di eventi avversi portarono alla sospensione delle vaccinazioni con AstraZeneca.

La farmacoepidemiologia durante e oltre la pandemia da SARS-CoV-2

A completamento della presentazione del rapporto, è stata organizzata una tavola rotonda sul tema della farmacoepidemiologia durante e dopo la pandemia.

CandoreGianmario Candore, statistico dell’European Medicines Agency, ha illustrato come la sorveglianza sui vaccini anti-Covid sia iniziata già nel 2020, prima ancora che i vaccini fossero autorizzati: “La prima importante lezione che abbiamo imparato è che bisognava prepararsi. Nel 2020 con il progetto Access ci siamo posti due  obiettivi principali: innanzitutto identificare quanto frequenti fossero gli eventi avversi di interesse speciale dei vaccini. Questo  perché volevamo poter paragonare queste frequenze al momento in cui il vaccino sarebbe stato implementato”.

Il secondo scopo era di creare dei template per scrivere protocolli e report: sono pubblici e sono stati usati sia dall’Agenzia che da altre organizzazioni nel monitoraggio.

Nel 2021, ha spiegato l’esperto, è stato condotto lo studio sui vaccini con le finalità di collezionare i dati tramite un’app per capire quale fosse la frequenza di eventi avversi di interesse speciale in real time. È inoltre stato creato un network di database per fare analisi. “Questo studio partito nel 2021 è cresciuto e durerà per i prossimi due anni con più database e più persone: oggi ne coinvolge 120mila e cinque database di Stati membri”.

Sono stati inoltre commissionati studi per investigare specifiche associazioni, ad esempio il rischio di trombosi in combinazione con trombocitopenia (TTS).

Candore ha poi condiviso la propria visione su quali siano le priorità in materia di farmacoepidemiologia per i prossimi anni. “Partiamo dai dati: sono le fondamenta senza cui non possiamo fare analisi. Un primo aspetto è la loro discoverability: serve sapere quali sono le fonti disponibili in Europa, perché penso che al momento nessuno ne abbia una mappa completa, e quali sono le più adatte per rispondere a una certa domanda. È poi necessario che l’accesso per fare analisi sia facilitato e vorremmo inoltre vedere sviluppati e applicati data framework per la qualità. Infine è molto importante iniziare a vedere una maggiore integrazione fra i dati: di solito ci si focalizza su una parte del sistema di salute, ad esempio la visita dal medico, in ospedale o specialistica, ma i dati non sono integrati e ne vediamo solo una parte, mentre vorremmo avere una visione piu completa”.

Il secondo tema su cui è necessario investire sono i metodi da applicare: sviluppare un framework strutturato per il cosiddetto target trial approach, grazie al quale il ricercatore può capire se è possibile fornire un’inferenza causale. “E siccome al momento la maggior parte dei prodotti sviluppati riguarda malattie rare, su cui è più difficile fare un clinical trial tradizionale, vorremmo che si sviluppassero metodologie per realizzare single arm trial per l’autorizzazione dei medicinali”.

Ancora, Candore ha ragionato sull’aumento di studi su multi-database area: “È qualcosa che a noi piace molto, perché fornisce una maggiore quantità di informazioni, ma dobbiamo rafforzare le raccomandazioni sui metodi analitici da usare. Abbiamo l’opportunità, grazie alla pandemia da Covid, di investire di più in nuovi sistemi in ambito di farmacogenomica e machine learning”.

Gli altri obiettivi indicati dall’esperto: migliorare le collaborazioni, anche aprendosi a nuovi network, aggiornamento continuo e sviluppo di best practice e linee guida, formazione. Infine, a proposito dei modi per comunicare i risultati di un’analisi: aumentare trasparenza su come gli studi sono stati fatti e prestare attenzione a una comunicazione diversa a seconda della persona a cui stiamo comunicando.

A Giulia Burchini del settore Politiche del Farmaco della Regione Toscana è stata affidata la relazione sulla politica del farmaco durante la pandemia. “Improvvisamente ci siamo trovati di fronte a un nuovo scenario globale, con la necessità di una reazione immediata – ha spiegato -. Abbiamo osservato degli ostacoli: incertezza diagnostica, clinica, operativa. Difficoltà di modellizzazione, analisi e uso della grandissima mole di dati disponibili. Incompatibilità dei tempi di sviluppo dei nuovi farmaci per far fronte alle necessità di cura”.

Si è così sviluppata quella che Burchini ha definito una “farmaceutica emergenziale”: “Il primo tentativo è stato quello di individuare farmaci tra quelli già esistenti e approvati per altre malattie (drug repurposing): come sottolineato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, il modo più rapido per trovare una terapia ma non il più efficace. In secondo luogo la sperimentazione in vitro e in vivo contestuale agli studi clinici: sul sito ClnicalTrials.gov sono registrati oltre 7mila studi sul Covid-Sars e ci sono oltre 800 prodotti in varie fasi di sviluppo nel mondo, tra cui più di 200 diversi vaccini. Ma il gold standard, come si è per fortuna presto compreso, era individuare e disattivare infezione: i vaccini”.

La lezione più importante: “Abbiamo preso atto della necessità di riprogettare il sistema sanitario per metterlo in condizione di sviluppare una reazione immediata e adeguata alle esigenze di intervento.

Nel suo intervento, il Gianluca Trifiroprofessore Ordinario di Farmacologia del Dipartimento di Diagnostica e Sanità Pubblica dell’Università degli Studi di Verona Gianluca Trifirò ha sottolineato alcuni aspetti necessari per un ulteriore miglioramento nel settore: “Bisogna favorire la ricerca collaborativa a livello nazionale e internazionale a supporto delle agenzie regolatorie. I dati ci sono ed è giunto il momento di definire una governance delle infrastrutture dati a supporto del regulatory decision making. Inoltre serve investire in comunicazione corretta su farmaci e vaccini anche in base ai dati di Real World Evidence”.

A questo proposito, ha precisato, sono intervenuti sia la International Society of Pharmacovigilance (ISOP) che la Società Italiana di Farmacologia per rendere disponibili documenti sempre aggiornati. A settembre del 2022 la conferenza internazionale della ISOP, ha annunciato il docente, si terrà proprio in Italia, a Verona.

La funzionaria statistica dell’AIFA Aurora Di Filippo ha raccontato come l’AIFA sin da subito si sia attivata per monitorare l’uso dei farmaci durante l’epidemia: “Inizialmente abbiamo riscontrato un’eterogeneità spaventosa nelle risposte al contagio a livello regionale, anche perché non c’erano evidenze certe. In una seconda fase abbiamo valutato quanto le linee guida AIFA fossero state recepite: in modo purtroppo non soddisfacente. Penso al caso dell’azitromicina, che non è mai stata autorizzata ma ha avuto un boom sia a livello ospedaliero che territoriale; oggi però sembra che la situazione stia migliorando”.

Ora il compito principale che i ricercatori dell’AIFA si sono posti è il monitoraggio dei farmaci usati per patologie croniche, come gli antipertensivi e gli antidiabetici, di cui c’è una contrazione. “Ci sono meno accessi alle strutture, meno visite e di conseguenza meno diagnosi. Di sicuro il sistema ha retto abbastanza bene, ma adesso bisogna recuperare la quota parte che si è persa”.

Quanto agli sviluppi futuri, Di Filippo ha commentato: “L’aspetto più carente è l’interconnessione, intesa nel senso più ampio di usare fonti di dati non solo sanitarie ma anche, ad esempio, ambientali e sociali. Qui ci sono ancora molti problemi: è necessario capire quali sono gli ostacoli e il perché di tanta fatica a superarli. Infine, siamo riusciti a creare una rete nazionale ma serve farsi forza a livello europeo”.

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