“Riforma” disabilità, ministro Locatelli a TrendSanità: «Con “progetto di vita” basta burocrazia e rinvii. Puntare su LEPS e nuova normativa caregiver»

Il decreto 62 è entrato in vigore da pochi giorni, il 30 giugno 2024, ed è stato definito epocale. Lo illustra il Ministro Alessandra Locatelli nel suo colloquio con TrendSanità e a confronto con gli esperti di associazioni, enti e professioni, le cui opinioni sulla “riforma” potrete leggere presto sulla nostra testata

«Attualmente i territori rispondono ai singoli bisogni, solo che lo fanno in modo frammentato. Ci sono sportelli, uffici e vari enti ai quali le persone con disabilità e le loro famiglie si devono rivolgere con notevoli complicazioni a volte per i tempi di attesa, e perché non tutti sono in grado di rispondere a quel bisogno specifico e serve tornare in un altro ufficio. Con l’introduzione del “progetto di vita”, invece, noi semplifichiamo l’iter burocratico, semplifichiamo la vita delle persone con disabilità, obbligando gli enti e le istituzioni a sedersi tutti intorno allo stesso tavolo e a dare contemporaneamente le risposte ai bisogni che siano di tipo sanitario, socio sanitario, assistenziale e sociale in modo da poter attivare immediatamente, all’atto della firma del “progetto di vita”, tutti i servizi e le misure che sono stati ritenuti adeguati per rispondere ai bisogni, sempre partendo dai desideri e dalle esigenze della persona con disabilità e in condivisione con la sua famiglia».

Alessandra Locatelli

Parte dalla più importante delle novità introdotte dal “decreto disabilità” il Ministro Alessandra Locatelli nel suo colloquio con TrendSanità e nel confronto con gli esperti di associazioni, enti e professioni che ogni giorno si dedicano con abnegazione a questo tema, le cui opinioni sulla “riforma” potrete leggere presto sulla nostra testata. Questo decreto, il numero 62 del 2024, entrato in vigore da pochi giorni, il 30 giugno 2024, è stato definito epocale…

Ma cosa cambia nel concreto per le persone con disabilità?

«Il “decreto disabilità”, cuore della riforma che stiamo attuando, rivoluziona la presa in carico della persona, permette di sburocratizzare il percorso di riconoscimento dell’invalidità civile e, soprattutto, attraverso l’introduzione del “progetto di vita”, di superare le frammentazioni tra le prestazioni sanitarie, sociosanitarie e sociali. Si semplifica, dunque, la fase preliminare dell’accertamento dell’invalidità, la cosiddetta valutazione di base, individuando un unico soggetto accertatore, riunificando le procedure esistenti ed eliminando le visite di rivedibilità grazie a un certificato che di norma avrà durata non limitata nel tempo. Il decreto sul “progetto di vita” introduce anche il principio dell’accomodamento ragionevole e aggiorna il linguaggio sulla disabilità: parole come handicappato e portatore di handicap saranno abolite dalle leggi ordinarie e si parlerà finalmente di persone con disabilità». 

La macchina amministrativa da avviare è complessa. Ci sono le risorse sia umane, sia economiche?

«Sì, sono state stanziate dal precedente Governo e da noi incrementate. Inoltre, la parte che riguarda i medici componenti le commissioni di valutazione in capo all’INPS verrà implementata con le risorse che abbiamo messo a disposizione della stessa INPS».

A livello territoriale spesso le leggi, anche se valide, si attuano con fatica e la differenza tra Regioni non aiuta. Cosa si prevede per superare questo problema?

«Intanto, c’è sicuramente un tema di norme da attualizzare, un tema di risorse che verranno sempre incrementate, ma c’è anche un tema che non riguarda solo la differenziazione territoriale, ma le singole persone, quindi lo sguardo che dobbiamo cambiare. La riforma, infatti, vuole stimolare e promuovere un nuovo approccio che guardi alle persone per i loro talenti e le loro competenze e non per i loro limiti. Questo per tutti gli ambiti della vita quotidiana a partire dalla presa in carico della valutazione della disabilità, che non deve essere più legata solo alla capacità residua di lavorare ma alla funzionalità di ogni singola persona fino ad arrivare ad altri temi che devono ricomprendere il benessere, la cura, l’aspetto della formazione e dell’inclusione lavorativa, la vita ricreativa e la dimensione della vita sociale. Tutto questo deve tenersi insieme perché la persona è una. Per quanto riguarda le differenze territoriali nello sviluppo di buone politiche della presa in carico delle persone attraverso l’elaborazione dei LEPS (Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali) avremo l’opportunità di dare uno standard minimo a tutte le Regioni affinché si possano allineare e garantire gli stessi diritti a tutti».

Per attuare il “progetto di vita” si prevede un budget personalizzato che può essere flessibile in base alle esigenze specifiche, ma la compartecipazione al costo delle prestazioni resta in piedi. Come si conciliano le due cose?

«Il “progetto di vita” viene realizzato con il budget di progetto e deve tenere conto delle risorse della persona con disabilità ma anche di quelle che vengono messe a disposizione dal livello locale, regionale e nazionale. Tutto concorre a scrivere il budget di progetto ed è quello che rende sostenibile il “progetto di vita”, inteso sia come progetto della riforma della disabilità sia come il progetto di vita, per esempio, per applicare la Legge 112/2016 sul “dopo di noi”. Perché per poter garantire alla persona una vita il più possibile autonoma, indipendente e dignitosa, bisogna inserire nel budget di progetto tutte le risorse disponibili, comprese quelle della persona. Non c’è niente di strano, serve però che tutti gli enti e chi lavora negli enti siano in grado di elaborare progetti e budget di progetti sostenibili, mirati, adeguati a ogni persona, a partire dai suoi desideri e dal suo diritto di scegliere come previsto dalla Convenzione Onu».

Come si potrà semplificare un iter piuttosto complesso come quello che prende in carico la persona con disabilità?

«Quello che serve per introdurre in maniera efficace questo strumento è una capillare formazione che avverrà nelle prossime settimane già per le nove province oggetto della sperimentazione che partirà dal 1° gennaio 2025,ma poi si diffonderà in tutto il territorio nazionale una formazione intensa rivolta agli enti locali, agli enti regionali, alle Università, in accordo con il Ministero dell’Università, agli enti del Terzo settore e a tutte le categorie professionali coinvolte nella stesura del “progetto”. Non dimentichiamo poi che insieme con la sperimentazione del “progetto di vita” partirà anche la sperimentazione che riguarda la valutazione dell’invalidità civile».

Come si è valutata e riconosciuta la figura del caregiver, centrale in moltissime famiglie?

«Nella riforma della disabilità la figura del caregiver è molto importante. La stesura del “progetto di vita” della persona con disabilità parte dai desideri della persona stessa, ma è anche un percorso condiviso con la famiglia, che è quindi direttamente coinvolta nel “progetto”. Più in generale, il tavolo tecnico che abbiamo istituito con il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali sta predisponendo una bozza di proposta di cornice normativa per il riconoscimento della figura del caregiver familiare, in particolare convivente, prevedendo dei sostegni che siano diversificati a seconda della complessità della presa in carico della cura da parte del familiare. Questo per dare finalmente una risposta concreta attesa da anni dalle famiglie».

Può interessarti

Cesare Buquicchio
Giornalista professionista. Condirettore TrendSanità. Capo Ufficio Stampa Ministero della Salute dal 2019 al 2022. Direttore scientifico del corso di perfezionamento CreSP, Università di Pisa
Ivana Barberini
Giornalista specializzata in ambito medico-sanitario, alimentazione e salute