Poche settimane fa, la Conferenza Stato-Regioni ha approvato il Piano Nazionale Malattie Rare (PNMR) 2023-2025. Si tratta dell’ultimo passaggio formale prima del via libera definitivo. L’approvazione arriva dopo che lo scorso 21 febbraio Marcello Gemmato, sottosegretario alla Salute, aveva annunciato il parere favorevole del Comitato Nazionale Malattie Rare (CoNaMr) al PNMR. Per l’attuazione del Piano, è stato previsto uno stanziamento di 25 milioni di euro, a valere sul Fondo sanitario nazionale, per ciascuno degli anni 2023 e 2024. È forse questa la più importante novità: uno stanziamento da 50 milioni per attuarlo. Sarà questa la vera svolta per il mondo delle malattie rare?
Il tema dell’attuazione si collega strettamente con un altro, quello delle tariffe. Dopo sei anni di attesa, il 19 aprile scorso è arrivato il via libera al “Decreto tariffe” per l’assistenza specialistica ambulatoriale e protesica del Servizio sanitario nazionale da parte della Conferenza Stato-Regioni. Il decreto ha reso pienamente effettivi i nuovi Livelli essenziali di assistenza (Lea), varati con il DPCM 12 gennaio 2017. Sono già vecchi? Cosa serve davvero da questo punto di vista? Ne abbiamo discusso con Ilaria Ciancaleoni Bartoli, Direttrice Osservatorio Malattie Rare (Omar), e Annalisa Scopinaro, Presidente Uniamo Federazione Italiana Malattie Rare.
Il confronto ha preso le mosse dai risultati di sondaggi condotti su questi argomenti nelle settimane precedenti tra i nostri lettori. La prima domanda recitava: è un periodo di grande novità nel settore delle malattie rare; quali sono le preoccupazioni che permangono? Per il 41%, le disomogeneità territoriali. Seguono con il 29% a pari risultato il reale impatto sulla vita dei pazienti e le diagnosi tardive. Nessuno dei lettori di TrendSanità ha scelto la risposta messa a terra del PNMR.
La seconda domanda che abbiamo posto è: quando si potrà dire adeguata la situazione dei malati rari in Italia? Ben il 38% solleva l’argomento dello screening neonatale a regime. Seguono la necessità di fondi sufficienti, con il 35%, e, al 26%, diagnosi entro l’anno.
Ciancaleoni Bartoli (Omar): “Il lavoro sulle tariffe riparta sin da subito”
Introdurre le principali novità del PNMR è toccato a Ilaria Ciancaleoni Bartoli: “Partirei dal tema della diagnosi, che è fondamentale. C’è da sviluppare la conoscenza da parte dei medici e nel Piano Nazionale c’è un’indicazione forte verso la formazione; c’è inoltre da implementare l’uso uniforme in tutte le regioni delle scienze omiche, cioè quelle nuove tecniche – ma nuove per modo di dire, visto che sono state usate poco ma a questo punto sono ben consolidate – che consentono di fare una diagnosi per le malattie genetiche, anche per le più rare, in tempi veloci e con costi ormai molto contenuti rispetto a quelli improponibili di 15 anni fa.
C’è, e questo è un punto molto importante, nel PNMR, per la prima volta, il coraggio di dire in maniera forte che bisogna guardare alla diagnosi in chiave di prevenzione: prevenire quegli stili di vita e quelle esposizioni a certe sostanze ambientali che possono essere una causa epigenetica dell’insorgenza della patologia, ma anche andare a cercare quei fattori di rischio genetici che possono rendere una coppia a rischio e quindi il counseling genetico. C’è anche un problema di fondo, culturale, sia nel nostro Paese che un po’ dappertutto, sul tema della diagnosi in fase prenatale, cioè durante la gravidanza, che ovviamente è un tema delicato perché, volendo o non volendo, è connesso talvolta con l’interruzione di gravidanza; ma è un punto che andrà affrontato, anche perché oggi le modalità per poter fare questo tipo di diagnosi sono per fortuna molto meno pericolose e invasive di quelle che conoscevamo un tempo. È quindi un fatto importante che il Piano vi abbia fatto un accenno, anche se non sarà facilissimo portarlo avanti: è bene che intanto si cominci a guardare anche a questo”.
Un ampio capitolo è quello dedicato all’accesso ai farmaci: “Si sta creando un tavolo che dovrà lavorare a questo proposito e non sarà un compito facilissimo perché oltre ai farmaci che vanno al di fuori della fascia A e H c’è tutta una questione anche di presidi o di altre necessità, ad esempio le creme di medicazione e bende che spesso i malati rari utilizzano più frequentemente di altri fasce di popolazione, con una spesa importante rispetto a chi le usa una volta l’anno per un motivo accidentale. Si tratta però di prodotti che è più difficile normare, perché tutto ciò che è farmaco segue una normativa, mentre ciò che non lo è ne segue un’altra: un obiettivo sfidante e anche se i risultati non arrivano nell’immediato, l’importante è intraprendere la strada giusta e poi col tempo i risultati arrivano.
Il PNMR prevede una riorganizzazione e implementazione dei registri: grazie a una migliore condivisione delle informazioni si potrà programmare e organizzare in modo più efficace
Ancora, il PNMR prevede una riorganizzazione e implementazione dei registri, una componente cruciale che purtroppo in Italia purtroppo non ha mai funzionato benissimo: abbiamo tanti registri, non solo quelli di malattie rare ma anche di monitoraggio, ma spesso fanno fatica a comunicare tra loro. Invece, con una certa organizzazione, ci potrebbero dare tante informazioni utili per programmare e organizzare le cose bene, a favore tanto dei pazienti che del servizio sanitario perché efficientare è anche un modo di liberare risorse da destinare ad altro. Nel Piano c’è poi una parte che parla di informazione. Anche questa è la prima volta che entra in modo così forte e si tratta di informazione non solo tra gli addetti, aspetto fondamentale, ma anche di cominciare a informare e sensibilizzare la popolazione: uno scopo assolutamente meritevole perché la conoscenza porta sempre del bene”.
In ultimo, insieme al PNMR è stato approvato anche lo schema di decreto di riordino delle reti. “Questo avrà un reale impatto perché significa stabilire dove la persona con un sospetto o la diagnosi di una determinata malattia rara deve rivolgersi per stabilire il suo percorso, che poi dovrà essere necessariamente calato sul territorio. Attualmente, dopo la nascita di una prima rete che si era creata quasi vent’anni fa, la situazione non era precisa: ad esempio tanti centri erano stati accreditati, poi magari nel tempo il medico andava in pensione, qualcosa cambiava nell’organizzazione e succedeva che i pazienti si rivolgessero al centro di riferimento, che però di quella patologia non si occupava più. Ora ci si augura che riordinando la situazione e attribuendo un ruolo fondamentale a quei centri e alle Reti di riferimento europee (European Reference Networks, ERN) che hanno un’expertise importante, il problema si possa in gran parte risolvere. Anche questa è una sfida, perché si tratta di dar merito ad alcuni rischiando di scontentare qualcun altro: ci vorrà del coraggio per mettere il progetto in pratica, tuttavia sono sono fiduciosa perché c’è un bel gruppo che sta lavorando e c’è una volontà forte del Ministero”.
Con il Decreto Tariffe sono state tolte prestazioni obsolete e ne sono state aggiunte 300 nuove, tra cui tanti ausili per adattare le abitazioni
Un’altra novità di questi ultimi mesi è l’approvazione del “Decreto Tariffe”. Come impatta sul mondo delle malattie rare? “In vari modi, perché aggiorna le prestazioni – afferma Ciancaleoni Bartoli -. Sono state aggiunte circa 300 prestazioni in più, mentre alcune prestazioni obsolete sono state eliminate. Tra le nuove, appena inserite, ci sono tanti ausili che consentono di adattare le abitazioni: una aspetto importante, perché i malati rari vanno sempre di più pensati non come persone ospedalizzate, un’idea un po’ del passato, ma come malati cronici che vivono a casa propria e conducono una vita quanto più possibile normale; quindi gli ausili, oggi che ne abbiamo per fortuna tanti a disposizione, sono indispensabili, ma non si può pensare che le famiglie acquistino a spese proprie dispositivi e ausili particolarmente costosi.
Di certo quindi questo “Decreto Tariffe” e il nuovo nomenclatore sono meglio di quelli del ’96 e del ’99, seppur non l’ottimo. Dietro c’è un lavoro lunghissimo, in questo caso eccessivamente lungo, che ha fatto sì che il documento sia nato già vecchio e in parte non aggiornato. È stato giusto approvarlo così, perché altrimenti chissà a quando si sarebbe andati, però ricordiamo le promesse del del governo precedente di fare subito un secondo step: speriamo che anche l’attuale governo si orienti in questa direzione, perché alcune cose sono state inserite correttamente, mentre altre mancano, come le tante prestazioni che riguardano la genomica, che ha avuto un salto enorme in questi anni. Ormai la tecnologia va velocissima e l’accelerazione è sempre più forte: quello che prima si perdeva in dieci anni, ora si perde in cinque, ma non possiamo rimanere indietro, non ce lo possiamo permettere. Perciò è importante cominciare a lavorare da subito.
Il finanziamento al SSN non è un dogma: è diminuito, ma potrebbe anche essere aumentato
In questo discorso si inquadra una riflessione sulla diagnosi in fase prenatale, perché in questo nuovo documento c’è una forte indicazione alle tecnologie non invasive, ma bisogna tradurla nelle tariffe. L’auspicio è che nel processo di miglioramento si tenga conto di queste istanze e anche di tantissime altre che nel tempo le associazioni segnaleranno, nel tentativo di soddisfare i bisogni, con un occhio attento alla copertura del servizio sanitario che però non deve essere un dogma. A tal proposito ricordiamoci che il finanziamento del servizio sanitario è basso rispetto ad altri Paesi europei è diminuito rispetto al passato, ma potrebbe essere anche aumentato: noi di solito lo prendiamo come un dato di fatto, ma possiamo anche pensare che il fondo un domani vada ampliato. Non dobbiamo per forza metterci di fronte a esso come se fosse irremovibile: se fosse stato così, oggi non avremmo nessuna di tutte queste leggi bellissime di cui stiamo parlando. Bisogna sempre andare un passo oltre, con un occhio al futuro e uno alla realtà”.
Scopinaro (Uniamo): “Il Piano è frutto di un lavoro di anni”
Sembra che negli ultimi mesi molto si stia muovendo nel mondo delle malattie rare. Ma, sottolinea Scopinaro, “non è una rivoluzione propriamente detta, perché quello che sta succedendo oggi l’abbiamo preparato negli anni scorsi: lo stesso Piano è frutto di tre anni di lavoro del gruppo di cui Uniamo ha fatto parte, che ha raccolto anche gli elementi innovativi che la pandemia ha suggerito, come la teleassistenza e la telemedicina che in una prima versione del Piano non erano molto presenti. Si tratta invece di un’importante messa in contatto sia fra paziente medico che fra medici, perché non dimentichiamo che la struttura delineata dalla L. 279 del 2001 prevede dei centri di coordinamento e dei centri più vicini al territorio del paziente. Il nuovo riordino è stato fatto per inserire in questo quadro già abbastanza complesso la parte delle Reti ERN che è arrivata nel 2017 e pertanto non era contemplata nella 279 che risaliva a 16 anni prima.
Siamo arrivati al Testo Unico perché siamo partiti da quattro proposte di legge bipartisan precedenti e siamo arrivati al Piano perché un gruppo di lavoro ha cominciato a lavorarci quasi quattro anni fa, mettendoci tre anni per predisporlo essendo arrivato a consegnarlo nel maggio scorso al ministro. Lo stesso screening neonatale è una battaglia iniziata all’interno della Federazione delle associazioni oltre dieci anni fa, che ha portato alla legge del 2016 e poi agli emendamenti del 2020: siamo cioè di fronte a percorso che è arrivato a maturazione. Devo sottolineare, perché nel resto d’Europa non è così, che questo è frutto di un grande impegno della Federazione e dell’attenzione che è riuscita a mantenere sulle malattie rare soprattutto lavorando con le istituzioni passo passo, perché ha sempre fatto parte di tutti i tavoli di lavoro in cui si discuteva di malattia rare. Questo è stato fondamentale perché non solo la politica ma anche le istituzioni fossero orientate verso il soddisfacimento di un bisogno primario che veniva proprio dai rappresentanti dei pazienti.
Una rivoluzione c’è, perché abbiamo raggiunto tanti traguardi, ma è una rivoluzione silenziosa
Possiamo dire dunque che una rivoluzione c’è, perché abbiamo raggiunto tanti traguardi, ma è una rivoluzione silenziosa che sta continuando a produrre frutti e che ne continuerà a produrre anche nel futuro proprio grazie a questa sinergia che stiamo cercando di tenere sempre viva e devo dire che è sempre più stretta anche nei confronti delle istituzioni che collaborano, partecipano, ci forniscono dati per stilare i nostri rapporti e ci danno la possibilità di esprimere pareri all’interno anche dei tavoli regionali delle malattie rare”.
Quali sono le maggiori difficoltà che permangono in questo momento per i malati rari e cosa resta da fare per superarle? “La premessa è che le difficoltà non non mancano mai, perché non una volta che raggiungiamo un obiettivo vorremmo subito raggiungerne un altro. Io credo che nel Piano siano stabilite alcune cose molto importanti. Innanzitutto si precisa che dovrà essere fata non solo una valutazione sanitaria, ma anche del danno evolutivo e personale della persona con malattia rara; questo significa che finalmente si vede la persona in una visione olistica, che oltre alla parte sanitaria comprende anche tutta una componente sociale. Non a caso i trattamenti sono divisi in due, farmacologici e non farmacologici, che vanno a inglobare sia la parte dei dispositivi medici che di tutti i trattamenti che siamo soliti chiamare di fascia C e anche i trattamenti riabilitativi e abilitativi che servono alle persone per poter migliorare la qualità di vita anche a casa: trattamenti fisioterapici, logopedici, psicoterapeutici.
Questa è una novità fondamentale, che per lungo tempo le persone con malattie rare hanno chiesto, perché se è vero che solo il 5% di queste patologie ha un trattamento farmacologico, non possiamo dimenticare tutti gli altri aspetti che in qualche modo migliorano la qualità di vita e che devono trovare una rispondenza uniforme sul territorio nazionale.
Noi stiamo collaborando in questo momento a un tavolo del Forum del Terzo Settore sui sui livelli essenziali di prestazioni (Lep) che comprendono sia le prestazioni sanitarie, che però sono definite dai Lea, sia le prestazioni cosiddette sociali, perché non è pensabile che i cicli di fisioterapia siano dati “a blocchi”, come se si trattasse un incidente sugli sci, quando abbiamo una domanda sempre più forte dal pubblico su una malattia come la SLA, che una ha bisogno assistenziale molto cogente ed estremamente intenso che richiede cicli continui, senza interruzione.
Questi sono aspetti sui quali la Federazione continuerà a spendersi. Siamo entrati nel Consiglio nazionale del Terzo Settore proprio per riuscire a far sentire la voce dei rari anche all’interno del mondo più generale della disabilità, che spesso però a sua volta ha bisogni settorializzati: disabilità cognitiva oppure fisica, mentre noi li abbiamo tutti, quindi siamo un paradigma anche rispetto alla disabilità. Proprio perché le nostre patologie hanno bisogno trasversali e a 360 gradi, credo che questa sia una delle sfide più importanti che ci accompagneranno per cercare di migliorare la qualità di vita di tutti”.
Tra centro di eccellenza, centro di riferimento territoriale e MMG e ci deve essere una catena unica che fa rete intorno al paziente senza costringerlo a spostarsi
Infine, Scopinaro mette l’accento sul fronte della ricerca: “Anch’essa deve essere vista in un’ottica più generale che comprenda il Regolamento europeo sui farmaci orfani e la revisione della legislazione sulla farmaceutica, che è fondamentale per garantire incentivi alla ricerca che possano indurre le aziende farmaceutiche a dare sempre più risposte ai bisogni dei pazienti. Serve anche migliorare la diagnosi grazie a quanto oggi è a disposizione e inserendo gli esami necessari all’interno de Lea, distinguendo fra fini di ricerca e fini diagnostici. Ancora, abbiamo bisogno di una presa in carico vera, che arrivi sul territorio e al domicilio del paziente e quindi riesca a mettere in contatto non solo il paziente col medico ma, come dicevo prima, anche i medici tra di loro. Tra centro di eccellenza, centro di riferimento territoriale e medico di medicina generale ci deve essere una catena unica che fa rete intorno al paziente senza costringerlo a spostarsi”.
Uno sguardo al futuro: dopo il Piano Nazionale cosa c’è?
Quando è arrivata la notizia del parere favorevole della Conferenza Stato-Regioni al Piano Nazionale Malattie Rare (PNMR) 2023-2025, numerose realtà sono intervenute con appelli alla concretezza nell’attuazione di quanto previsto. C’è un reale rischio che rimanga lettera morta?
Risponde Ciancaleoni Bartoli: “No. C’è il rischio che ci si muova con tempi troppo lunghi e non si raggiungano pienamente tutti gli obiettivi. È vero che la legge non scade e si sa che se una legge viene attuata in ritardo non succede niente dal punto di vista istituzionale, però qui trattiamo di persone, bambini, caregiver, di mamme e papà. Per loro il tempo è fondamentale: qualche mese in più o in meno per alcuni può fare una differenza enorme. Comunque sono fiduciosa che. o prima o un po’ dopo, molte delle delle istanze contenute nel Piano vengano messe a terra.
A quasi due anni dal TUMR, mancano ancora almeno due regolamenti. Ma se a una legge manca l’attuazione, è come se non ci fosse
A preoccuparmi di più in realtà è l’attuazione del Testo Unico Malattie Rare (TUMR), perché sono passati quasi due anni e mancano ancora almeno due regolamenti; uno di questi mette a disposizione dei fondi per le famiglie che assistono una persona con una disabilità gravissima ed è vero che si tratta di pochi fondi, ma per chi li riceve a volte anche poco può fare la differenza. Anche questo poi era sempre un fondo che si poteva aumentare. Così come manca il regolamento per gli incentivi alla ricerca, che è fondamentale e va incentivata.
Se alla legge manca l’applicativo è come se non ci fosse: è come aver scritto un bel libro dei sogni. Ma siccome quella è una legge che è piaciuta tantissimo – anche se non perfetta, come ogni legge – la dobbiamo portare nel mondo della realtà. Quindi, mentre si guarda alla novità del Piano Nazionale, io vorrei auspicare anche un occhio a quello che c’è già e che aspetta di essere attuato ed è già in un bel ritardo”.
“Non c’è un rischio di mancata attuazione del PNMR – concorda Scopinaro -. Gli interlocutori che hanno scritto il Piano sono quelli che lo devono attuare: sono motivati. C’è di più: alcune parti del Piano sono già in corso di attuazione. Un esempio riguarda la carenza e l’indisponibilità dei farmaci sul territorio nazionale: AIFA ha già stipulato un accordo da circa un anno con SIFO per una monitoraggio costante e continuo rispetto alle carenze ed eventuali indisponibilità territoriali che danno luogo a una mancanza per un paziente singolo ma che in realtà non sono vere e proprie carenze, perché magari qualche altra farmacia della zona quel farmaco ce l’ha. I farmaci indisponibili vengono quindi già messi in rete sul portale che si chiama DruGhost: questa è una miglioria che era necessaria ed è già in fase di attuazione”.