Nel 2020 gli antibiotici hanno rappresentato l’1,2% dei consumi e il 3% della spesa del Servizio Sanitario Nazionale: 692 milioni. Il consumo complessivo è in riduzione (-18,2%) ma superiore alla media europea. È quanto emerge dal Rapporto Nazionale “L’uso degli antibiotici in Italia – Anno 2020” presentato dall’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa): una fotografia dell’uso di antibiotici durante la pandemia.
“Anche se ci sono leggeri segni di miglioramento, l’uso di antibiotici resta fortemente preoccupante e l’Italia ha tra i numeri peggiori in Europa”, ha spiegato il direttore generale Aifa Nicola Magrini. Sui numeri presentati aleggia il grave problema dell’antibiotico-resistenza. “La maggior parte degli antibiotici sono usati in modo inappropriato, anche per malati lievi e per patologie per le quali non sono più indicati, come le infezioni delle alte vie respiratorie, dalle sinusiti alle otiti – ha affermato -. Però l’indicazione per cicli si è fortemente ridotta, anche per le patologie più gravi come le polmoniti: uno studio pediatrico ha dimostrato che cinque giorni sono preferibili a dieci”.
Ecco quindi la parola chiave con cui approcciarsi all’uso di antibiotici: parsimonia.
Le novità di questa edizione e i dati principali
La pubblicazione, realizzata dall’Osservatorio Nazionale sull’Impiego dei Medicinali (OsMed) dell’Aifa, monitora i consumi e la spesa per gli antibiotici in Italia e contiene analisi sull’uso in ambito territoriale, ospedaliero e relative all’acquisto privato, con focus dedicati alla prescrizione nella popolazione pediatrica e in quella anziana. Oltre ai dati di confronto dei consumi italiani rispetto agli altri Paesi europei, presenta un approfondimento sugli indicatori di appropriatezza prescrittiva nell’ambito della Medicina Generale e una valutazione dell’impatto della pandemia da SARS-CoV-2 sul consumo, che include anche i primi otto mesi dell’anno 2021.
Sintetizzare i principali risultati dell’analisi è toccato a Filomena Fortinguerra dell’ufficio monitoraggio della spesa farmaceutica e rapporti con le regioni di Aifa, a partire dai dati sul consumo e la spesa di antibiotici sistemici nel 2020 e confronto con il 2019.
“Nel 2020 gli antibiotici hanno rappresentato l’1,2% (17,7 DDD/1000 ab. die) dei consumi e il 3% della spesa del SSN (692 milioni) in Italia – ha dichiarato -. Il consumo complessivo è in riduzione (-18,2%), ma superiore alla media europea (territoriale: 14,7 DDD in Italia contro 16,5 DDD EU/EEA, ospedaliero: 1,6 DDD in Italia contro 1,9 DDD EU/EEA)”.
Nel 2020 tre cittadini su dieci hanno ricevuto almeno una prescrizione di antibiotici
Fortinguerra ha poi illustrato come per l’assistenza convenzionata (90% del consumo del SSN) si evidenzia una forte riduzione dei consumi nel 2020 (-23,6%) per tutte le classi di antibiotici. “Per quanto concerne invece l’assistenza ospedaliera, si conferma il trend in aumento (+19,3%) dei consumi (DD/100 giorni di degenza) nel 2020 (+31,1% nel periodo 2016-20), in modo particolare per carbapanemi (+36,7%), cefalosporine di III generazione (+22,8%), antibiotici rilevanti per terapia infezioni MDR (+24,6%)”.
Infine, si notano un aumento del consumo di molecole ad ampio spettro rispetto alle molecole a spettro ristretto a livello territoriale (12,3 del 2020 contro 11 del 2019), e ancora una incidenza bassa del consumo di antibiotici del gruppo Access (<60%) rispetto alla media dei Paesi europei.
Focus sull’appropriatezza con i dati di Health Search
Il Rapporto comprende anche una sezione a cura della Società Italiana di Medicina Generale (Simg), dedicata all’uso degli antibiotici e alle misure per il contrasto all’antimicrobico-resistenza nella Medicina Generale e all’appropriatezza.
Alessandro Rossi, responsabile ufficio di Presidenza Simg, ha spiegato innanzitutto qual è la fonte dei dati. “Health Search nasce nel 1998 come unità di ricerca della Simg. Uno dei principali obiettivi di Health Search è tracciare i percorsi assistenziali dei Medici di Medicina Generale (MMG) italiani attraverso la raccolta sistematica di tutte le informazioni cliniche relative ai loro pazienti. In quest’ottica, una rete di MMG distribuiti omogeneamente sul territorio nazionale fa confluire verso Health Search/IQVIA Longitudinal Patient Database (Health Search/IQVIA LPD) tutte le informazioni relative a diagnosi di patologia, informazioni demografiche, prescrizione farmaceutica, prestazioni specialistiche ambulatoriali, parametri di laboratorio ed esenzioni per patologia o invalidità. Per il presente Rapporto sono stati selezionati 800 MMG attivi al 2020. I dati presentati si riferiscono, pertanto, a una popolazione complessiva di 1.147.326 pazienti di età maggiore di 14 anni che sono risultati vivi e registrati nelle liste dei MMG al 31 dicembre 2020”.
Per quanto concerne l’utilizzo di antibiotici in Italia, una quota rilevante, pari a oltre l’80%, viene prescritta dai medici di medicina generale
Per quanto concerne l’utilizzo di antibiotici in Italia, una quota rilevante, pari a oltre l’80%, viene prescritta dai MMG. “La Medicina Generale rappresenta, pertanto, il fulcro per il monitoraggio del consumo di questa classe di farmaci, nonché il setting su cui è importante agire per migliorare l’appropriatezza prescrittiva. Tutto ciò è di fondamentale importanza per ridurre i rischi connessi alla salute pubblica. Difatti, l’uso non appropriato di antibiotici, oltre a esporre i soggetti a inutili rischi derivanti dai loro effetti collaterali, comporta considerevoli problematiche cliniche derivanti dal possibile sviluppo di resistenze – ha affermato -. Tali aspetti risultano ancora più rilevanti considerando l’attuale pandemia da SARS-CoV-2, la quale ha impattato fortemente sull’attività assistenziale dei MMG in questi ultimi due anni. In tal senso, i recenti dati pubblicati nel Rapporto OsMed sull’uso dei farmaci durante l’emergenza hanno messo in evidenza un aumento nell’uso di antibiotici,
soprattutto per quanto riguarda l’azitromicina, tra la fase pre e post Covid-19, suggerendo una diminuzione nell’osservanza dei protocolli di stewardship antibiotica. D’altro canto, anche recenti studi hanno evidenziato un aumento nell’uso di antibiotici che, tuttavia, era limitato ai primi mesi della pandemia. Difatti, tale utilizzo andava incontro a un drastico calo in seguito all’introduzione delle misure di contenimento emergenziali, il lockdown. Tutto ciò è probabilmente riconducibile da un lato a una riduzione nei contatti con i MMG durante il lockdown, dall’altro a una riduzione nell’occorrenza di patologie infettive virali, in primis le infezioni delle vie respiratorie, grazie alle misure restrittive e all’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale”.
Le principali ragioni clinico-patologiche per le quali più frequentemente si riscontra un uso inappropriato di antibiotici nella popolazione adulta sono le infezioni acute delle vie respiratorie e le infezioni acute non complicate delle basse vie urinarie.
Il coinvolgimento dei pazienti
Sul tema dell’uso degli antibiotici e dell’antibiotico-resistenza giocano un ruolo centrale anche l’informazione e la consapevolezza dei cittadini. “Dal rapporto Censis sul tema, dell’ottobre 2020, emerge che oltre l’80% degli italiani si dichiara da abbastanza a molto informato sugli antibiotici e il loro uso, ma per il 46% gli antibiotici si usano (anche) per curare le infezioni causate da virus – ha precisato Sandra Vernero, presidente di Slow Medicine, sodalizio di di cittadini, pazienti e professionisti che si confrontano e si impegnano per la costruzione di un modello di salute condiviso, basato su sobrietà, rispetto e giustizia -. Solo la metà del campione nazionale afferma di sapere cosa sia l’antibiotico-resistenza, mentre il 21,6% ne ha sentito parlare e il 28,3% ammette di non sapere di cosa si tratta”.
Nel 2012, ha spiegato, Slow Medicine ha lanciato il progetto Choosing Wisely Italy sulle pratiche a rischio d’inappropriatezza nel nostro Paese di cui medici, altri professionisti e pazienti dovrebbero parlare: oltre al sito è disponibile anche una app delle raccomandazioni.
Per un cambiamento rivoluzionario servono programmi di monitoraggio
Al centro dell’attività di Aifa per il contrasto all’antibioticoresistenza c’è il lavoro del gruppo Opera (Ottimizzazione della prescrizione antibiotica), che si avvale di alcuni tra i maggiori esperti nazionali di antibiotici e resistenze e che ha il compito di supportare l’Agenzia al fine di favorire gli usi ottimali e specifici degli antibiotici per preservarne l’efficacia e ridurre l’insorgenza di resistenze.
A coordinarlo è Evelina Tacconelli, infettivologa dell’Università di Verona, che ha sottolineato come questi numeri significhino che “un cittadino italiano ha un rischio individuale di avere una prescrizione inappropriata e di avere un’infezione ospedaliera superiore rispetto a uno di Oslo: un rischio a mio parere inaccettabile per chiunque lavori in sanità”.
L’esperta ha pertanto sollecitato la necessità di avere programmi specifici per il miglioramento della situazione, compresa l’ipotesi di introdurre delle penalità.
“È necessaria una risposta forte a livello nazionale che includa non solo lo sviluppo di raccomandazioni per una prescrizione appropriata, sia in ospedale che comunitaria, ma anche di audit e feedback (ed eventuali penalizzazioni) a livello regionale o nazionale – ha affermato -. Opera contribuisce a breve termine con raccomandazioni specifiche di place in therapy e di terapia empirica e con la creazione di una rete nazionale di centri che concorrono alla diffusione delle indicazioni di Aifa e partecipano alla produzione di evidenza di buona qualità. È necessario però che il cambiamento come atto rivoluzionario includa un ripensamento serio dell’atto prescrittivo, sia a livello di popolazione che di animali, come momento scevro da ogni possibile conflitto di interessi, totalmente basato sulle evidenze e su un approccio consapevole per la protezione delle nuove molecole per garantire una riduzione del rischio di ulteriore diffusione di batteri resistenti agli antibiotici”.
One Health: raccogliere dati da salute umana, veterinaria e ambiente
Il contesto dell’eccessivo uso degli antibiotici apre necessariamente all’approccio One Health. Sull’argomento è intervenuta Anna Teresa Palamara, direttrice del dipartimento Malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità: “È qualcosa di cui si parla molto, ma i confini rischiano di essere un po’ sfumati. Per andare incontro a un approccio One Health vero bisogna partire dalle modalità con cui si sorveglia il fenomeno dell’antimicrobicoresistenza: è molto importante implementare piattaforme di sorveglianza integrata, con dati dal mondo clinico, da quello veterinario e da quello ambientale per avere informazioni esatte sulla circolazione di microrganismi resistenti nell’ambiente e dare delle indicazioni con maggiore appropriatezza. Stiamo lavorando in questo senso e spero che riusciremo a integrare gli sforzi di tutte le istituzioni coinvolte”.
Cosa serve: obiettivi chiari e proteggere i nuovi antibiotici
Francesco Trotta, Dirigente del Settore Hta ed Economia del farmaco dell’Aifa, ha toccato i due punti del territorio e dell’ospedale. “Per quanto concerne il territorio, nel corso degli anni sono stati forniti notevoli strumenti per monitorare e migliorare i comportamenti prescrittivi. È avviata già da un anno e in via di potenziamento, con il Ministero dell’Economia e delle Finanze e con Sogei, una reportistica per le Asl che arriverà al dettaglio del Medico di Medicina Generale e del Pediatra di Libera Scelta per inquadrare e monitorare i comportamenti degli attori principali della prescrizione – ha affermato -. Cosa manca? Rendere cogenti e usabili indirizzi chiari di target per poterli realizzare. Come ha sottolineato Tacconelli, bisogna avere il coraggio non dico di mettere delle penalità, ma sicuramente di dare obiettivi chiari e monitorare. Manca anche l’integrazione fra diverse fonti: ad esempio servirebbe iniziare a legare i dati con quelli delle microbiologie. È complicato ma di cose ne abbiamo fatte tante e sappiamo che possono essere programmate”.
Nella situazione degli ospedali, la strada da percorrere è ancora molto più lunga; “I dati sono ancora troppo aggregati e non sono disponibili a livello individuale; ci sono magari esperienze locali, ma noi abbiamo la necessità di fare punto con tutti sull’intero territorio. Su questo fronte c’è davvero molto poco ma è proprio in ospedale che sta il grosso delle resistenze e delle forme gravi”.
Gli antibiotici nuovi, tendenzialmente di uso ospedaliero, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità sono le cose più importanti che abbiamo e che dobbiamo proteggere
Cosa fare? “Gli antibiotici nuovi che arrivano sono tendenzialmente di uso ospedaliero e secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità questi antibiotici di ultima linea sono le cose più importanti che abbiamo e che dobbiamo proteggere: lì è importante costruire la rete e un sistema informativo in grado di monitorare a livello individuale la qualità del servizio reso”. Trotta ha concluso il suo intervento con una considerazione su questi antibiotici dal punto di vista dell’Health Technology Assessment e di prezzo e rimborso. “In molti Paesi europei come Inghilterra e Svezia ci sono tentativi di gestire parte del prezzo e rimborso per proteggerli o usarli al meglio per le persone che ne hanno bisogno provando a individuare anche volumi di fatturato riconoscendo la ricerca condotta nel settore”.
La call di Agenas per le buone pratiche
L’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Agenas) ha contribuito al Rapporto per il capitolo 8, incentrato sulle buone pratiche per la corretta gestione degli antibiotici in ospedale. “All’Agenas ha sede l’Osservatorio nazionale sulle buone pratiche della sicurezza, che da sempre segue il tema delle infezioni correlate all’assistenza – ha affermato Antonio Fortino, che ne è direttore del Dipartimento Area Sanitaria -. In occasione della call annuale del 2019 sono pervenute 57 buone pratiche focalizzate sul contrasto all’antibiotico- resistenza e all’uso corretto degli antibiotici. Insieme ad Aifa e ad alcuni esperti del settore ne sono state selezionate sette che sono descritte nel rapporto che contiene anche il link a tutte le 57″.
Le sette buone prassi sono state selezionate per la forte base di evidenze scientifiche e per aver misurato la variazione che la buona pratica ha prodotto grazie al monitoraggio di indicatori prima e dopo l’applicazione. “Sono inoltre caratterizzate dalla forte applicabilità in altri contesti, sebbene vi sia comunque la necessità di essere conformate ai singoli ospedali”.
La notevole risposta alla chiamata di Agenas è per Fortino un segnale positivo: “Vediamo un forte interesse sul tema. Sono quindi moderatamente ottimista sulla situazione nel nostro Paese, dove si notano molti gruppi di professionisti, medici e infermieri, che si stanno applicando e si applicheranno ancora di più dopo l’emergenza per la prevenzione e il controllo delle infezioni e il buon uso degli antibiotici”.
“Sinfonia” di dati in Campania per raccogliere anche i dati dei laboratori
Il punto di vista regionale è arrivato da Alessandro Perrella, infettivologo del Cardarelli e dell’Unità di crisi della Regione Campania. “La nostra Regione in passato è sempre stata caratterizzata dall’abuso di antibiotici e dalla presenza di resistenza multifarmaco in ambienti ospedalieri, ma nel 2017 è stata avviata un’azione finalizzata al contenimento dell’uso di antibiotici e a un migliore controllo delle infezioni. Con il progetto Sinfonia abbiamo pensato di dare vita a un raccoglitore di informazioni sanitarie per avviare una formazione capillare in tutti gli ambiti, medico, veterinario e farmaceutico, per avere una ricaduta anche sulla cittadinanza, e raccogliere anche il dato microbiologico o tutte le informazioni attorno al denominatore comune della sanità che è il paziente”.
Dopo uno stop seguito all’inizio della pandemia, il progetto Sinfonia è stato lanciato sul Covid-19, mettendo in rete con il database di Sinfonia tutti i laboratori della Regione: “Lo stesso si può fare per un antibiogramma. Ora vorremmo portare la grande esperienza che abbiamo fatto sul Covid – sul quale abbiamo riscontrato la mortalità più bassa del Paese – proprio sul mondo degli antibiotici”.
Responsabilizzazione dei medici, prezzi e formazione sin dalle scuole: il futuro della lotta all’antibioticoresistenza
Le conclusioni sulla presentazione sono state affidate a Benedikt Huttner, esperto dell’Oms, e al direttore Aifa Magrini. “L’Italia in rapporto agli altri Paesi europei consuma troppi antibiotici e anche la situazione della resistenza è peggiore rispetto a tanti altri: è preoccupante ma è anche un’opportunità, perché le azioni di miglioramento possono tendenzialmente avere una maggiore efficacia – ha commentato Huttner -. Il controllo delle infezioni è la chiave, se parliamo dei patogeni più importanti, e ci sono tante cose che lo influenzano: ad esempio, come abbiamo visto durante la pandemia, l’architettura adeguata degli ospedali e l’igiene delle mani. Per quanto concerne il consumo di antibiotici fuori dall’ospedale, si tratta di rendere più forte l’accountability dei medici che si devono sentire responsabili della qualità della prescrizione e allo stesso tempo devono ricevere informazioni utili e concrete su cosa non va e come migliorare. In concreto, anziché parlare ai medici di DDD, meglio dare l’indicazione che le polmoniti vadano trattate per cinque o sette giorni, mentre in media sono 14”.
I prezzi troppo bassi potrebbero essere un incentivo perverso all’uso inappropriato di antibiotici: serve pensarci per quelli nuovi
“Come sottolineato da Tacconelli, si sente la necessità di avere programmi specifici per il miglioramento di una situazione seria, in cui siamo sopra la media europea per l’uso e molto sopra per le resistenze – ha detto Magrini -. I prezzi troppo bassi potrebbero essere un incentivo perverso: si deve anche pensare a politiche sui nuovi antibiotici che separino il prezzo dalle revenue delle industrie oppure trovare nuovi modi per approcciare anche questo aspetto che può aver contribuito al problema. Infine è tempo di riflettere su programmi più ampi alla luce dell’approccio One Health e del cambiamento climatico mettendo in campo momenti formativi nelle scuole in cui portare informazioni come queste, che possono diventare condivise e forse rivolutive per un cambiamento che, come ha detto la coordinatrice di Opera, deve essere rivoluzionario”.