Combattere gli interferenti endocrini migliora la salute e ci fa risparmiare

Sono oltre 12 mila le sostanze pericolose per la salute e l’ambiente, molte delle quali interferiscono con l’azione degli ormoni, incrementando l’incidenza di alcune malattie come obesità, sindrome dell’ovaio policistico e diabete. Gli endocrinologi invitano a una normativa più stringente per ridurre le dosi tollerate in oggetti di uso comune

“È scientificamente dimostrato che l’incremento di alcune patologie non è giustificabile solo dallo stile di vita, che pure ha un impatto. L’ambiente gioca un ruolo molto importante, che però non riusciamo a misurare del tutto”. Anna Maria Colao, past president della Società italiana di endocrinologia (Sie) ricorda uno dei dati più allarmanti degli ultimi anni: problemi come obesità, diabete, sindrome dell’ovaio policistico, riduzione della fertilità o pubertà precoce sono in crescita anche a causa degli interferenti endocrini.

“Si tratta di inquinanti ambientali che mimano l’azione degli ormoni oppure che ne bloccano gli effetti – spiega Colao – Purtroppo non siamo in grado di determinarne il livello minimo accettabile per la salute umana. Le società scientifiche come provocazione affermano che andrebbero portate a zero, ma siamo consci che sia impossibile, almeno nel breve periodo”.

anna maria colao

E proprio la Sie, durante il suo ultimo congresso, ha sottoscritto la petizione dell’European Society of Endocrinology, chiedendo all’Unione europea una revisione restrittiva del regolamento n. 1907/2006, il cosiddetto Reach (Restriction, Evaluation, and Authorisation of Chemicals), che riguarda la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche negli Stati membri.

“È fondamentale che la revisione sia adottata nell’ambito dell’attuale mandato politico della Commissione europea e del Parlamento europeo – ha commentato Colao –. Ritardare ulteriormente la revisione del Reach determinerà il persistere di un elevato livello di esposizione della popolazione agli interferenti endocrini, con conseguenze più gravi in particolar modo per i soggetti più vulnerabili, come donne in gravidanza e bambini”.

Le sostanze pericolose

E la situazione è tutt’altro che rosea: si calcola infatti che ogni 1,4 secondi l’industria sviluppi un nuovo composto e ogni anno 1.000 nuove sostanze vengano introdotte sul mercato.
Secondo stime Eurostat, nella sola Unione europea si producono ogni anno 300 milioni di tonnellate di sostanze chimiche e se ne consumano 200 mila tipi diversi, con vendite globali più che raddoppiate tra il 2000 e il 2017.

Ogni 1,4 secondi l’industria sviluppa un nuovo composto e le sostanze pericolose si trovano soprattutto in oggetti di uso comune

Le sostanze considerate pericolose per la salute o l’ambiente sono circa 12 mila e sarebbero presenti in 3 prodotti su 4 di larghissimo utilizzo, dai pannolini alle vernici, dai prodotti per la pulizia agli adesivi.
L’aspetto più preoccupante è proprio che queste sostanze chimiche si trovano in molti oggetti di uso comune fra cui imballaggi, bottiglie di plastica e giocattoli. Tra le sostanze più diffuse, bisfenoli, ftalati e perfluoroalchiliche (Pfas).

“Oltre alla perdita di vite umane e animali, gli interferenti endocrini sono responsabili anche di notevoli costi economici per i cittadini dell’Unione – ricorda Colao –: stime prudenti hanno collegato le esposizioni delle sostanze a circa 157 miliardi di euro tra spese sanitarie effettive e perdita di potenziale di guadagno”. La letteratura scientifica correla tra l’altro l’esposizione a queste sostanze a tumore del testicolo, della mammella, della prostata, del colon retto e malattie cardiovascolari.

I determinanti commerciali di salute

Le attività private, comprese le strategie e gli approcci utilizzati per promuovere prodotti e scelte di consumo, che influiscono sulla salute delle persone si chiamano determinanti commerciali di salute.
La rivista scientifica Lancet ha dedicato a questo tema una collana uscita nella primavera di quest’anno. L’approfondimento analizza il conflitto tra equità di accesso alla salute e profitti.
I dati dicono che quattro industrie (tabacco, alimenti non salutari, combustibili fossili e alcol) sono responsabili di almeno un terzo dei decessi globali all’anno.

Eppure, come si nota nell’editoriale della collana, gran parte del lavoro per comprendere l’impatto dannoso (o benefico) degli attori commerciali è stato finora svolto in silos separati all’interno della ricerca sanitaria. Ogni campo affronta molte delle stesse battaglie tattiche e strategie, ma manca un’agenda unificata per proteggere la salute. Allo stesso tempo, non c’è consenso tra i vari settori della salute per definire e comprendere i determinanti commerciali della salute.

La rivista scientifica Lancet ha dedicato a questo tema una collana. L’approfondimento analizza il conflitto tra equità di accesso alla salute e profitti

Proprio per questo, Lancet parte dando una definizione dei determinanti commerciali della salute, che sarebbero “sistemi, pratiche e percorsi attraverso i quali gli attori commerciali guidano la salute e l’equità”, oltre a un inquadramento per comprendere l’impatto delle entità commerciali sulla salute e un impegno ad affrontare le sfide in modo olistico.
Il curatore della collana ha sottolineato come la serie non sia anti-aziendale, ma a favore della salute. Esistono infatti alcuni buoni modelli di aziende che agiscono a favore della salute.

Per esempio, l’Oms sottolinea come circa 2 miliardi di persone avranno bisogno di dispositivi di assistenza entro il 2050, che miglioreranno notevolmente il loro benessere. L’obbligo di utilizzare dispositivi di sicurezza come le cinture di sicurezza, i sistemi di ritenuta per bambini o i caschi hanno ridotto significativamente le lesioni gravi e mortali. I farmaci e i vaccini hanno un impatto importante: l’immunizzazione dal morbillo, per esempio, ha evitato 25,5 milioni di morti dal 2000.
Proprio per il suo enorme potere (positivo o negativo) secondo gli esperti l’industria va regolamentata.  

Le sfide

“La legislazione europea sta diventando sempre più restrittiva – afferma Anna Maria Colao – Si tratta di un processo lungo, ma è un punto di partenza importante”. In seconda battuta, per la past president Sie occorre intervenire sulla consapevolezza delle persone: “È chiaro che il mondo dovrebbe consumare meno di queste sostanze dannose. Se si riduce la domanda automaticamente cala anche l’offerta e quando qualcosa non è più economicamente sostenibile per le aziende, queste smettono di produrlo”. 

Da un lato per Colao ci sarà dunque “la richiesta da parte dei Governi di spostare la produzione verso mezzi che siano più sostenibili ecologicamente. Dall’altro deve aumentare la coscienza collettiva per cui alcune cose anche molto comode è meglio non usarle. Per esempio il vetro è meglio della plastica perché si può lavare e riciclare”.
E qui si pone ancora una volta un problema di disuguaglianze: spesso ciò che è più salutare per noi o per l’ambiente è anche più costoso.

È importante agire sulla consapevolezza delle persone e intervenire per rendere più restrittiva la legislazione. Il cittadino può correggere il proprio stile di vita per non amplificare l’effetto degli interferenti endocrini

“Tuttavia, dal punto di vista del Paese, all’aumentare del numero di malati la sanità sarà economicamente sostenibile? Occorre ragionare come sistema anche su questi aspetti, attuando dei correttivi che permettano alle persone di evitare le sostanze nocive. Da parte loro, le società scientifiche servono come cassa di risonanza per non smettere di tenere alto il livello di attenzione sul problema”.

Infine, Colao ricorda che sulla salute umana funziona la sommatoria dei dati negativi: “Sebbene noi non possiamo modificare molto gli inquinanti che stanno in acqua, aria e terra, possiamo però intervenire sullo stile di vita. Sovrappeso, carenza di sonno, uso di droghe, alcol e fumo sono elementi che amplificano l’effetto degli interferenti endocrini – ricorda l’esperta – Ci sono cose che non sono modificabili dal singolo e altre che lo sono. Il compito del singolo può essere concentrarsi su questi ultimi”.

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Michela Perrone
Giornalista pubblicista