Ogni parola detta a un paziente può influenzare il suo percorso di cura. Non si tratta solo di trasmettere informazioni, ma di accogliere emozioni, rispondere a paure, costruire fiducia. Per questo, l’Istituto Superiore di Sanità ha sviluppato i Manuali di valutazione della comunicazione, strumenti pensati per aiutare i professionisti e le équipe sanitarie a migliorare la qualità del dialogo con pazienti e familiari.
Sono documenti di indirizzo che permettono di valutare e potenziare la comunicazione attraverso checklist pratiche e contengono raccomandazioni basate su evidenze scientifiche e strategie mirate per affrontare situazioni complesse.
Dall’informazione clinica all’empatia nella relazione, ogni aspetto è analizzato per promuovere una comunicazione più efficace, consapevole e umana. Un approccio che mette al centro non solo la cura, ma il prendersi cura, perché un paziente ben informato e sostenuto affronta la malattia, soprattutto se a prognosi infausta, con più coraggio e partecipazione.
L’obiettivo è promuovere decisioni condivise, valorizzando sia le competenze del curante, sia la visione e gli obiettivi del paziente
Attraverso riferimenti a situazioni reali e suggerimenti concreti, facilitano l’approccio a emozioni forti come paura, angoscia, speranza e solitudine, che spesso accompagnano l’esperienza della malattia.
Sono progettati per l’autovalutazione dei singoli operatori o delle équipe sanitarie, con l’obiettivo di aumentare la consapevolezza dei punti di forza e delle aree di miglioramento nella comunicazione.
Tra gli aspetti più innovativi c’è il rispetto per le differenze culturali, linguistiche e di genere, con l’invito a chiedere l’eventuale supporto di figure professionali come lo psicologo, il mediatore culturale o l’assistente spirituale.
Particolare attenzione è data anche al dialogo con i familiari di un minore malato o in fase terminale, che rispetti tempi e modalità “rispettose” di un momento così drammatico nella vita di un genitore.
Struttura dei manuali
Le checklist sono suddivise in fasi che sono decisive del percorso di presa in carico del paziente e ripartite in sezioni tematiche che affrontano sia la relazione diretta con il paziente, sia gli aspetti organizzativi (ambienti, sistemi di incentivazione, formazione, valutazione e miglioramento della qualità). Alla base vi è un modello che considera la comunicazione un’abilità tecnica che può essere appresa da tutti i professionisti sanitari.
L’obiettivo è promuovere decisioni condivise, valorizzando sia le competenze del curante, sia la visione e gli obiettivi del paziente. Se il medico è esperto della malattia, il paziente è esperto della propria esperienza di malattia. Al momento il focus sui vari ambiti clinici comprende oncologia, HIV/AIDS, riabilitazione, SLA, emergenza-urgenza, ictus, donazione di organi e cure palliative.
Ne abbiamo parlato con Anna De Santi, primo ricercatore, già Responsabile dell’Unità di Neuroscienze Sociali presso la Direzione del Dipartimento di Neuroscienze dell’Istituto Superiore di Sanità, ricercatore di Crea Sanità, che ha contribuito alla realizzazione dei Manuali.
Quali sono gli obiettivi dei manuali?
«Fornire agli operatori sanitari e socio-sanitari strumenti per perfezionare la comunicazione con pazienti, familiari e caregiver. Ogni manuale percorre le diverse fasi della cura, con un focus su patologie specifiche. Nel caso dell’oncologia, ad esempio, si parte dalla prima diagnosi, si continua con la descrizione delle fasi della malattia, fino alla comunicazione nella terminalità e nel lutto.
L’attenzione è posta non solo sui contenuti della comunicazione, ma anche sul metodo: il “come comunicare” diventa centrale
Si lavora quindi sulla capacità dell’operatore di trasmettere le informazioni in modo chiaro e rispettoso, assicurandosi che il paziente sia in grado di recepirle e affrontarle».
In che modo questi manuali aiutano concretamente gli operatori?
«L’uso di protocolli strutturati evita l’improvvisazione. Ad esempio, nella comunicazione di una diagnosi si utilizzano metodi consolidati che prevedono tappe precise: creare un setting adeguato, valutare quanto il paziente sa e quanto desidera sapere e modulare le informazioni di conseguenza.

I manuali sono strutturati in checklist che permettono agli operatori di valutare la qualità della loro comunicazione: si sono presentati correttamente? Hanno mantenuto il contatto visivo? Hanno evitato interruzioni inutili? Si sono assicurati che il paziente abbia compreso? Tutti questi dettagli fanno la differenza nella relazione tra medico e paziente».
Può fare un esempio pratico?
«Una buona pratica prevede che l’operatore si presenti, si sieda a una distanza appropriata, ascolti senza interrompere e, se deve usare il cellulare, si scusi e spieghi che si tratta di un’urgenza. Un altro aspetto fondamentale è la verifica della comprensione: chiedere al paziente di ripetere con parole proprie ciò che ha appena sentito permette di accertarsi che il messaggio sia stato recepito correttamente».
I manuali della valutazione della comunicazione sono adattabili a contesti diversi?
«Sì, ed è proprio questa la loro forza. Il metodo può essere applicato in vari ambiti, adattando le raccomandazioni e i protocolli alle specificità della comunicazione. Ad esempio, nella comunicazione di una diagnosi di HIV non si può usare lo stesso protocollo dell’oncologia, perché non è possibile chiedere al paziente quanto vuole sapere: il medico ha il dovere di informarlo per motivi di salute pubblica.
Un altro aspetto innovativo è che i manuali non si limitano a fornire linee guida, ma promuovono l’autovalutazione dell’operatore. L’ideale è che siano utilizzati all’interno di un’équipe, affinché tutti adottino lo stesso approccio comunicativo, evitando differenze che possano confondere il paziente».
Gli operatori hanno mostrato resistenze nell’applicare questo metodo?
«Inizialmente sì, perché molti ritenevano di avere già le competenze necessarie per comunicare in modo efficace, ma il coinvolgimento attivo degli operatori nella costruzione degli indicatori di valutazione ha aiutato a superare gran parte delle resistenze.
La metodologia, infatti, si basa su parametri oggettivi: ad esempio, stare in piedi mentre si comunica una cattiva notizia è considerato meno appropriato rispetto a sedersi accanto al paziente. Ogni aspetto è valutato sulla base di criteri che si basano sulla letteratura scientifica e sull’esperienza pratica».
L’uso di protocolli strutturati evita l’improvvisazione
Chi contribuisce alla stesura dei Manuali?
«Un gruppo di lavoro, specifico per ogni Manuale, composto da esperti di metodo – che definiscono la struttura dei Manuali – e da specialisti della materia trattata. Per il manuale dedicato al Pronto Soccorso, ad esempio, abbiamo coinvolto i responsabili delle diverse strutture a livello nazionale.
Un altro aspetto considera la rappresentatività territoriale, in quanto si avvale del contributo di professionisti provenienti da diverse regioni italiane, per garantire la loro applicabilità su scala nazionale».
Sono previsti programmi di formazione per l’utilizzo dei Manuali?
«Sì, e sono basilari. I Manuali della valutazione della comunicazione sono stati sviluppati proprio per offrire supporto nell’organizzazione di corsi di formazione, convegni e workshop per la loro applicazione pratica tra gli operatori.
Ad esempio, il 9 aprile 2025 è previsto un convegno nazionale presso l’Istituto Superiore di Sanità per illustrare la metodologia e i Manuali disponibili, con l’obiettivo di farli conoscere e renderli accessibili a chiunque voglia adottarli nella propria realtà lavorativa».
La partecipazione ai corsi è obbligatoria?
«No, i corsi sono su base volontaria. I Manuali sono stati elaborati come raccomandazioni piuttosto che come linee guida vincolanti a livello nazionale. C’è da dire però che laddove sono applicati, i risultati sono molto positivi, con un miglioramento significativo della qualità della comunicazione e una riduzione dei costi, ad esempio nei Pronto Soccorso».
Ci sono evidenze scientifiche sull’efficacia di questi Manuali?
«Sì, sono stati condotti studi da parte dell’ISS e del CREA Sanità per valutarne l’impatto. Uno di questi è stato realizzato durante un progetto nazionale del Ministero della Salute che ha coinvolto 400 operatori in 4 regioni italiane, dimostrando un incremento della qualità della comunicazione del 90% dopo l’adozione del Manuale nelle strutture aderenti al Progetto.
Altri studi sono stati e sono attualmente condotti in ambiti specifici, come quelli sull’applicazione dei Manuali nell’ambito dell’HIV e attualmente dell’ictus. I risultati finora ottenuti dimostrano che l’applicazione dei Manuali migliora sensibilmente la comunicazione e la qualità della relazione tra operatori e pazienti».
Sono previsti aggiornamenti periodici dei Manuali?
«Per quelli già pubblicati, solo se emergono nuove esigenze o normative, si procede con edizioni aggiornate o con dati integrativi. Gli aggiornamenti sono realizzati anche su proposta o su segnalazione degli operatori che li utilizzano. Inoltre, l’Istituto Superiore di Sanità fornisce il nulla osta alla stampa alle aziende sanitarie che vogliono adottare i Manuali nella propria struttura.