L’innovazione in oncologia avanza rapidamente, ma l’accesso ai farmaci resta una sfida aperta. Se nei Paesi ad alto reddito le terapie antitumorali sono ampiamente disponibili e spesso coperte dai sistemi sanitari, in molte nazioni a medio e basso reddito la realtà è ben diversa: il 40% dei chemioterapici essenziali è accessibile solo a chi può permetterselo.
A mettere nero su bianco questa disuguaglianza è una recente indagine condotta dalla Società Europea di Oncologia Medica (ESMO), pubblicata su Annals of Oncology. Lo studio, basato sui dati raccolti in 126 Paesi e con il contributo di 317 oncologi, farmacisti e funzionari di enti regolatori e 231 peer-reviewer, evidenzia come fattori economici, infrastrutturali e politici influenzino profondamente la disponibilità dei farmaci oncologici.

Ma quali sono le soluzioni possibili? TrendSanità ne ha parlato con Dario Trapani, oncologo medico dell’Istituto europeo di oncologia, IRCCS di Milano e ricercatore dell’università degli studi di Milano, nel dipartimento di Oncologia ed Ematologia.
Quali politiche sanitarie possono ridurre l’accesso iniquo ai farmaci oncologici nei Paesi a basso e medio reddito?
«È necessario basarsi su strategie di accesso value-based, che integrano la valutazione del beneficio intrinseco dei nuovi trattamenti oncologici, dei costi e dei benefici delle terapie, con un’analisi delle priorità di salute pubblica e delle risorse disponibili. L’adozione di modelli basati su scale di valore – prima tra tutte la value metric di ESMO, la Magnitude of Clinical Benefit Scale – consente di fare un uso più razionale ed equo delle risorse sanitarie, indirizzando gli interventi nelle aree che apportano il maggior beneficio in termini di salute pubblica. All’interno di un framework di Universal Health Coverage (UHC), come dettagliato dall’OMS, le politiche sanitarie dovrebbero considerare tre dimensioni principali».
Quali sono esattamente?
«Accesso alle cure: garantire che tutti i pazienti, indipendentemente dalla loro condizione economica o geografica, abbiano accesso ai trattamenti oncologici necessari, riducendo le barriere economiche. Poi, promuovere la disponibilità dei farmaci essenziali e creare reti sanitarie efficaci.
Estensione dei servizi: ampliare l’offerta dei servizi oncologici a tutte le aree, incluse le zone rurali, dove la disponibilità di strutture sanitarie specializzate è limitata. Ciò implica investimenti nell’infrastruttura sanitaria, nella formazione dei professionisti e nell’accesso a tecnologie diagnostiche e terapeutiche.
Proiezione finanziaria sostenibile: sviluppare modelli finanziari che garantiscano la sostenibilità a lungo termine delle politiche sanitarie, con un’attenta pianificazione e allocazione delle risorse.
I pazienti devono poter accedere alle cure senza incorrere nei rischi di una “bancarotta” finanziaria, che è comune nei Paesi ove non vige l’UHC, basata su un modello di “cura per tutti”.
L’integrazione di queste tre dimensioni in strategie coerenti e basate su evidenze è la chiave per ridurre le disuguaglianze nell’accesso ai farmaci oncologici. Servono anche piani oncologici nazionali che rispondano in modo mirato alle necessità locali, ma che siano anche compatibili con gli obiettivi globali di salute universale».
Come l’analisi delle differenze globali nell’accesso ai farmaci antitumorali può guidare le future strategie di controllo del cancro?
«Questo approccio può orientare le future strategie di controllo del cancro soprattutto laddove è evidente una disuguaglianza nell’accesso alle cure. È importante che i decisori politici abbiano una chiara comprensione dello status quo, per mappare l’attuale disponibilità di farmaci e trattamenti oncologici, nonché delle barriere in termini di accesso, equità e sostenibilità. Solo attraverso un’analisi dettagliata sarà possibile tracciare le traiettorie future e prevedere come le dinamiche di accesso, i cambiamenti epidemiologici e le innovazioni terapeutiche influenzeranno l’accesso a questi farmaci nei vari contesti nazionali.
Le politiche sanitarie devono disporre di dati accurati e tempestivi che identificano le aree di priorità per ogni Paese
Le politiche sanitarie devono disporre di dati accurati e tempestivi che identificano le aree di priorità per ogni Paese, rispondendo alle specifiche necessità locali, ma all’interno di un contesto globale che riconosca la necessità di standard uniformi per garantire la qualità e l’efficacia del trattamento. L’evidenza derivante dallo studio di ESMO è fondamentale per mappare le disparità e consentire ai decisori di sviluppare piani d’azione mirati, inclusi piani oncologici nazionali, per rispondere alle esigenze immediate senza compromettere la sostenibilità a lungo termine. Il concetto di accountability si inserisce come elemento centrale di questo processo.
Per garantire che le politiche sanitarie siano efficaci, è necessario implementare un sistema di monitoraggio e controllo rigoroso che permetta di valutare l’impatto delle politiche stesse. Non solo per osservare i risultati ottenuti, ma anche per correggere eventuali disfunzioni o inefficienze in tempo reale. Si tratta di un approccio basato su dati concreti e feedback continui, affinché le politiche adottate siano periodicamente riviste per rispondere alle sfide emergenti e per garantire una gestione responsabile delle risorse».
Quali lezioni possono trarre i sistemi sanitari nazionali dai Paesi che hanno migliorato l’accesso ai farmaci oncologici, come il Kazakistan?
«Il Kazakistan ha implementato un sistema di valutazione dei farmaci oncologici basato su evidenze scientifiche e standard internazionali, in collaborazione con l’ESMO e l’OMS. È un metodo che ha permesso di aggiornare la lista dei farmaci essenziali, includendo solo terapie ad alto impatto e rimuovendo quelle con un valore terapeutico limitato. Un processo di revisione rigoroso, strutturato in quattro fasi, che ha permesso di ottimizzare le risorse e migliorare l’accesso ai trattamenti più efficaci».
Quali sono queste fasi?
«Oltre alla selezione mirata delle terapie (prioritization), un altro elemento è la valutazione basata su standard e linee guida internazionali come quelle dell’OMS e dell’ESMO, che hanno offerto un punto di riferimento solido per stabilire quali farmaci rendere disponibili, assicurando un accesso più equo e basato sulle migliori pratiche globali.
L’attenzione alla sostenibilità economica è stata un altro punto di forza di questo modello. L’approccio “value for money” ha consentito di investire solo su terapie con elevata efficacia clinica, evitando sprechi e rendendo più efficiente l’uso delle risorse sanitarie.
L’aggiornamento continuo delle liste dei farmaci essenziali deve basarsi su linee guida internazionali ma anche su un approccio “value for money”
Infine, l’aggiornamento continuo delle liste dei farmaci essenziali. Grazie a un monitoraggio costante, il Kazakistan ha potuto adattare le proprie scelte alle nuove evidenze scientifiche e alle innovazioni terapeutiche, mantenendo il sistema sanitario sempre allineato alle necessità della popolazione».
In che modo la pandemia ha influenzato l’accesso alle cure oncologiche e quali lezioni possiamo trarne per il futuro?
«La pandemia di COVID-19 ha avuto un impatto significativo sull’accesso alle cure oncologiche a livello globale, interrompendo molti dei progressi compiuti nel corso degli anni. L’accesso ai trattamenti salvavita è stato gravemente compromesso in numerosi Paesi, sia per le difficoltà logistiche legate alle restrizioni imposte dalla pandemia, sia per il sovraccarico dei sistemi sanitari che hanno dovuto affrontare una crisi senza precedenti. Gli studi dell’Institute of Cancer Policy di Londra e dell’OMS hanno ben definito tale impatto. Il periodo post-pandemico ha visto una riflessione globale sul tema della resilienza sanitaria e della necessità di un “build back better”, ovvero la costruzione di sistemi sanitari più robusti e accessibili, capaci di rispondere in modo più efficace a future emergenze sanitarie. Da questa esperienza, sono emerse importanti lezioni che possono essere applicate al futuro».
Cosa resta da imparare?
«La necessità di fare delle scelte difficili ha portato molti Paesi a implementare approcci di “prioritization”, che si sono rivelati fondamentali per ottimizzare l’uso delle risorse sanitarie limitate. Una strategia basata sul valore terapeutico delle terapie è decisiva per gestire le risorse, assicurando che i trattamenti più efficaci siano somministrati nei casi più urgenti. ESMO, in risposta alla crisi, ha sviluppato linee guida oncologiche specifiche per la gestione del cancro durante il COVID-19, utilizzando un portale dedicato che evidenziava l’importanza di fondare le decisioni sulle evidenze e sul valore terapeutico, permettendo di orientare le politiche e i trattamenti in modo più mirato. La scala MCBS è stata uno dei cardini di questo approccio.
C’è poi la necessità di determinare il valore terapeutico dei trattamenti, affinché le risorse siano destinate alle terapie più efficaci, un principio che dovrebbe guidare le strategie future.
La crisi del Covid ha messo in evidenza la necessità di costruire sistemi sanitari più robusti e accessibili, capaci di rispondere in modo più efficace a future emergenze sanitarie
Un’altra lezione riguarda gli investimenti mirati nella sanità pubblica. La crisi ha mostrato le fragilità dei sistemi sanitari, ma anche come gli investimenti nelle infrastrutture sanitarie possano fare la differenza nel rispondere alle emergenze e alle necessità a lungo termine dei pazienti oncologici.
Le esperienze acquisite devono essere integrate nelle politiche sanitarie future per garantire decisioni più efficaci, sia in situazioni di crisi che in periodi di stabilità».
Cosa è cambiato negli anni?
«Un cambiamento significativo riguarda la percezione stessa del cancro. In passato, in molti Paesi a basso reddito, era considerato un problema secondario rispetto ad altre priorità sanitarie. Oggi, invece, è riconosciuto come una questione di salute pubblica che richiede strategie sistemiche e piani oncologici nazionali. Un cambio di prospettiva che ha portato a un abbandono dell’approccio assistenzialista, favorendo invece la costruzione di capacità locali e l’integrazione della lotta contro il cancro nelle politiche sanitarie nazionali.
Parallelamente, sono state lanciate delle iniziative, come i programmi dell’OMS per l’eliminazione del cancro della cervice uterina, il controllo del tumore al seno e l’oncologia pediatrica. Sono progetti che riflettono la necessità di una cooperazione internazionale, non più basata su aiuti episodici, ma su una solidarietà strutturata, che permetta ai sistemi sanitari di rafforzarsi in modo autonomo.
L’adozione di modelli di value-based care sta già mostrando effetti positivi nell’accesso ai farmaci oncologici e ai trattamenti, ma per ottenere un impatto duraturo è necessario un impegno maggiore a livello politico e finanziario. Ogni Paese deve sviluppare strategie personalizzate, tenendo conto delle proprie specificità, ma all’interno di un quadro sanitario globale per un accesso equo e universale alle cure oncologiche. La sfida, dunque, è trasformare quest’obiettivo da ideale a realtà concreta, attraverso politiche mirate, finanziamenti sostenibili e un impegno continuo verso l’inclusività e l’innovazione».