Chi è il farmacista ospedaliero oggi? Quali competenze ha acquisito e di cosa si occupa nello scenario sanitario italiano? Come riesce ad affrontare e risolvere le criticità che si presentano nella gestione di problematiche terapeutiche sempre nuove? A queste domande intende rispondere il corso di alta formazione Masterpharm 23, evento formativo sviluppato in tre differenti moduli con il coordinamento scientifico di Francesco Cattel, direttore della struttura complessa di farmacia ospedaliera dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino. Il corso, giunto quest’anno alla seconda edizione, si sviluppa in eventi differenziati che hanno preso il via questa settimana a Torino con il modulo base-regionale per il Piemonte, per proseguire poi in giugno (modulo advanced-nazionale, 7-9 giugno) e si concludono a novembre (modulo international, 8-10 novembre), con il coinvolgimento di relatori, docenti ed esperti di settore all’interno di un approccio lavorativo dialogico e pratico.
“Il corso nasce dalla considerazione che la farmacia ospedaliera ha avuto uno sviluppo enorme in questi ultimi vent’anni”, spiega Cattel, che abbiamo intervistato. “Negli anni ‘90 il farmacista ospedaliero era un professionista semi-nascosto, che gestiva il magazzino del farmaco nelle strutture di cura, mentre oggi quando riflettiamo sulle sue competenze attuali ci accorgiamo che vanno dall’oncologia alla ricerca, dalla logistica alla discussione dei casi clinici, dalla relazione con i pazienti per favorirne l’aderenza al contributo in termini di sostenibilità e sicurezza di terapie e di medical device. Abbiamo quindi sviluppato il programma di Masterpharm 2023 cercando di mettere sotto la lente l’insieme di tutte le vastissime responsabilità che oggi sono attribuite alla nostra professione. Il Corso intende proprio illustrare ed approfondire temi ed ambiti professionali, con un obiettivo preciso: cercare di mettere a confronto le migliori esperienze realizzate in Piemonte, in Italia ed all’estero, per farne tesoro ed utilizzarle come best practice operative”.
Chi è oggi il farmacista ospedaliero?
Il farmacista ospedaliero è un collante fra la parte clinico-sanitaria e quella gestionale amministrativa
Un collante, all’interno delle aziende ospedaliere e territoriali, fra la parte clinico-sanitaria e quella gestionale amministrativa. È una figura sanitaria che ha la capacità di dialogare con l’area medica e infermieristica ma allo stesso tempo, avendo attribuzioni di gestione del budget e di politiche di acquisto di beni e servizi sanitari, ha sviluppato anche competenze di tipo amministrativo e gestionale.
Cosa serve quindi per essere un buon farmacista ospedaliero?
Molta pazienza. Essendo una figura eclettica e avendo a che fare con vari profili professionali, serve la costanza di essere camaleontici per spaziare tra tematiche diverse e anche per adattare il proprio approccio e il proprio linguaggio agli interlocutori, che vanno dal primario alla dirigenza economico-finanziaria, agli infermieri, alla componente amministrativa.
Dove si impara?
Grazie all’esperienza sul campo. Il farmacista ospedaliero diventa un esperto di antimicrobial stewardship oppure di logistica non perché qualcuno glielo insegna all’università o durante la specializzazione, anche se adesso c’è qualche esperienza di master in tal senso. Ecco com’è nata la domanda: perché non provare queste attività a metterle in un corso? L’idea dietro Masterpharm è di fare un focus per vedere dove diamo arrivati negli ultimi venti-trent’anni.
Come sta cambiando il vostro lavoro con il PNRR e provvedimenti come il DM77?
Ci sono farmacisti che operano in aziende prevalentemente ospedaliere e altri in aziende prettamente territoriali. Quando parliamo di farmacia sul territorio pensiamo di solito alla farmacia di comunità, ma esistono colleghi del SSN che operano sul territorio, lo monitorano, aiutano a gestire le prescrizioni. Immagino che il farmacista si adatterà alla maggiore attenzione alla territorialità e alla cronicità del paziente con riguardo soprattutto alla continuità ospedale-territorio, perché sempre di più si andrà verso ospedali con centri prescrittivi specialistici che creano ricadute a livello territoriale: ci sarà sempre di più la necessità di migliorare questa comunicazione.
Quali sono i principali ostacoli che vi trovate ad affrontare nel quotidiano?
Serve puntare sull’informatizzazione e sulla condivisione di informazioni in tempo reale
Innanzitutto l’esigenza di trovare strumenti per migliorare la comunicazione tra figure sanitarie a livello multidisciplinare: farmacisti con medici, infermieri, tecnici di laboratorio, territorio. Sicuramente un’informatizzazione omogenea su un’intera Regione e l’uso di tecnologie che consentissero anche una condivisione alle parti cliniche non potrebbero che migliorare e facilitare la situazione, perché perdiamo molto tempo in passaggi che potrebbero essere evitati con un’accesso istantaneo alle informazioni che servono. Penso ad esempio a tecnologie che consentano un maggiore efficientamento degli stock di farmaci grazie a una migliore condivisione informatica: questo potrebbe facilitare la nostra quotidianità.
Più in generale quali spazi di miglioramento vede nella professione?
I giovani farmacisti ospedalieri dovrebbero disporre di borse di tirocinio durante la specializzazione, proprio come i medici
I farmacisti negli ospedali sono trattati dai colleghi medici alla pari e da loro sono aiutati e lodati. Di fatto, però, nell’ambito della formazione i nostri specializzandi non hanno gli stessi diritti dei medici, che hanno contratti e borse di studio pagate per tutto l’iter della specialità. I farmacisti ospedalieri sono stati riconosciuti come figura sanitaria a tutti gli effetti, non medica ma equiparata; eppure i nostri giovani, con la collaborazione e il sostegno delle direzioni di farmacia ospedaliera, faticano a ritagliarsi uno stipendio, quando anche loro danno supporto alla sanità. Sono pochi: non credo che per il Ministero della Salute comporterebbe un eccessivo dispendio economico il fatto che anche loro potessero disporre di borse di tirocinio come i medici.