Ingegneria biomedica, gender equity e bioetica: affinità elettive per le innovazioni in sanità

L’ingegnere biomedico è un profilo professionale che nasce per ampliare l’interazione uomo-macchina e corpo-tecnologia e si interseca con la complessità non solo dell’essere umano che si evolve, ma che invecchia e diventa pluripatologico. Intervista a Manuela Appendino, Presidente di WeWomEngineers

Combinare competenze ingegneristiche con una profonda comprensione della biologia umana è la base su cui si costruisce l’ingegneria biomedica: un settore complesso e articolato che sta evolvendo, insieme alla tecnologia e alla società, e una professione altamente specializzata che si occupa di applicare i princìpi dell’ingegneria per risolvere i problemi nel campo della medicina e della sanità.

L’ingegnere biomedico è un profilo professionale che nasce per ampliare l’interazione uomo-macchina e corpo-tecnologia attraverso competenze che permettono di tradurre le funzioni del corpo umano in informazioni utili al medico o al paziente stesso, ed effettuare diagnosi, cura, terapia, ma anche per fare prevenzione”, spiega Manuela Appendino, ingegnere biomedico, bioeticista, coordinatore della Commissione clinica-biomedica dell’Ordine degli Ingegneri di Torino e Presidente di WeWomEngineers, web Community europea di giovani ingegneri biomedici.

“In sanità”, continua Appendino, “è riconosciuto maggiormente con il ruolo di ingegnere clinico per ciò che riguarda la gestione delle apparecchiature all’interno delle strutture ospedaliere; in realtà non si esaurisce in quel contesto, ma è presente nelle sale operatorie a supporto diretto di medici, negli ambulatori per effettuare follow-up, nel controllo di dispositivi medici, può anche intervenire per analizzare problematiche tecniche su dispositivi impiantabili attivi, fa formazione ai professionisti sanitari in merito alle caratteristiche di una specifica tecnologia, fa ricerca e sviluppo per nuovi device, inclusi i software come Medical Devices (SaMD)”.

L’ecosistema medico sanitario viaggia sempre di più verso la digitalizzazione e le interfacce tecnologiche di medical devices che tendono ad essere sempre più complesse: quali competenze quindi sono fondamentali per gli ingegneri biomedici?

Gli scenari digitali ci impongono una grande riflessione: cosa significa essere competenti oggi? I cambiamenti sono già in corso, tuttavia dovrebbe essere ampliata la prospettiva di partecipazione al processo di cambiamento, diminuendo quel potenziale mismatch che si verifica nel momento in cui la curva di innovazione segue un andamento veloce nella sua evoluzione, ma non è accompagnata allo stesso modo dall’evoluzione professionale. La figura dell’ingegnere biomedico si interseca con la complessità non solo dell’essere umano che si evolve, ma che invecchia e diventa pluri patologico. L’evoluzione della malattia e l’invecchiamento medio della popolazione nella società ci impone un ripensamento delle competenze realmente utili, che differiscono dall’innovazione momentanea, ma che devono trovare spazio nella velocità con cui sta cambiando la società.

Combinare competenze ingegneristiche con una profonda comprensione della biologia umana è la base su cui si costruisce l’ingegneria biomedica

Al contempo non bisogna perdere lo sguardo verso l’etica e il codice deontologico: due dimensioni umanistiche che rendono unico il professionista in grado di garantire la qualità della tecnologia e il suo specifico utilizzo. Non sempre l’evoluzione tecnologica porta con sé un equilibrio positivo e inclusivo, talvolta ci si rende conto di quanto sia limitante considerare un dispositivo medico adatto solo a determinati target di pazienti. Qui entra in gioco la complessità professionale al servizio dell’innovazione sanitaria digitale.

L’inclusione nell’ambito delle tecnologie e nella progettazione dei dispositivi medici da parte della figura del biomedico è parte fondamentale anche della medicina di precisione e della medicina personalizzata. Cosa ne pensa?

Se paziente significa persona, se medicina di precisione significa curare unicamente un soggetto nelle sue peculiarità, dobbiamo necessariamente considerare il fatto che siamo diversi non solo nel sesso biologico, ma nei comportamenti, nella provenienza, nel genere e nell’economia. Siamo diversi e in questa diversità il professionista deve porsi come un attore che fa domande, costituisce parametri e determina, per quanto possibile, soluzioni che siano a ‘misura’ del target considerato. Se normalmente considerassimo un genere solo, senza dire quale, potremmo essere sicuri di aver considerato tutte le variabili possibili nel concorrere verso una progettazione per la persona?

Tra i bisogni delle organizzazioni sanitarie e anche in funzione delle nuove tecnologie si delinea il ruolo della bioetica: qual è il valore che attribuisce a questo campo?

La bioetica ha un fascino incredibile. Attraverso la riflessione e la discussione si attua la relazione tra persona e società rispetto alle molteplici variabili e agli scenari. Pone la persona rispetto alla sua autenticità al grado di autodeterminazione nella società, ma non ci chiediamo mai come possiamo autodeterminarci come professionisti, chi dovrebbe definire il confine tra la tecnologia e l’uomo e se tale confine potrebbe potenzialmente diventare pericoloso.

Il nostro sistema sanitario nazionale necessita di interdisciplinarità anche per definire i confini di sicurezza ed efficienza, oltre che i percorsi veri e propri di cura

Quando la velocità evolutiva di una tecnologia si fa spazio velocemente nel mercato, la società, nonostante le figure professionali presenti, non è detto che sia pronta a rispondere nell’immediato. Ecco perché il nostro sistema sanitario nazionale necessita di interdisciplinarità anche nella selezione delle tecnologie complesse per definire i confini di sicurezza ed efficienza, oltre che i percorsi veri e propri di cura. 

L’ONU mette la gender equity tra gli obiettivi mondiali di miglioramento del pianeta e della società: cosa può fare la gender equity nell’ambito della Ricerca & Sviluppo? Esistono esempi concreti di gender equity in R&S?

Questo obiettivo nasce dalla mappatura di situazioni costantemente discriminanti verso il genere femminile. Le donne necessitano delle stesse possibilità di accesso alla società, ma non solo, delle stesse possibilità di accesso a cure, alle strutture ospedaliere, della stessa attenzione, della stessa presa in carico, questo anche in ottica di definizione realistica di medicina di precisione e di equità anche nella medicina di precisione.

La gender equity può portare i suoi prìncipi all’interno della ricerca e sviluppo di medical devices per utenti donne perché dichiarerebbe la volontà di percorrere nuove strade per la salute, determinare nuove informazioni di campo, sviluppare una tecnologia aderente alle esigenze delle pazienti donne. Esiste oggi un mercato internazionale che si occupa esclusivamente di dispositivi indossabili e altre tech di monitoraggio per l’assistenza sanitaria pelvica e uterina, il benessere delle donne, la salute mentale, la cura della menopausa e l’assistenza sanitaria generale.  Esistono dispositivi per il monitoraggio fetale e materno per strutture ospedaliere e a domicilio, dispositivi di screening per il tumore cervicale.

L’ingegneria per la salute delle donne va potenziata per offrire maggiore supporto alla clinica e alla diagnostica, oltre che alla cura e al monitoraggio della salute a domicilio

Tuttavia, sino ad oggi, anche la salute delle donne in quanto tale è stata sottoposta a pregiudizi di genere, i quali hanno influenzato progettazione, test, studi clinici, l’iter per l’approvazione normativa e l’uso clinico intrinseco dei dispositivi medici. Siamo certi che sul versante progettuale i professionisti quali progettisti e certificatori siano una concausa di errata interpretazione e impostazione tecnica, determinando forme di disattenzione quali la non considerazione di informazioni specifiche di genere, oltre che di etnia, identificazione geografica, livello di istruzione, stile di vita.

L’errore che deriva dal pregiudizio quanto incide sulla qualità del lavoro? E quanto può essere complesso determinare e descrivere rischi ed errori potenzialmente associati?

Se la gender equity si trasformasse in questione etico-morale probabilmente si riuscirebbero ad associare “comportamenti” sistematici e identificare in quale fase del processo non viene applicato un approccio equo circa la creazione di tecnologie dedicate. Avremmo necessità di team tecnico-umanistici dove la compresenza di ingegneri, bioeticisti e filosofi possa affrontare il tema della tecnologia al femminile anche su questi aspetti, comprendendo il potenziale tipo di danno che può essere causato dalla concatenazione di molteplici azioni.

L’approccio al genere nel settore ingegneristico in generale è ancora poco conosciuto perché non vi è cultura e sensibilizzazione in merito, e vale più che mai per tutto lo sviluppo di nuovi dispositivi medici per il futuro. La salute della donna va approfondita, l’ingegneria per la salute delle donne va potenziata per offrire maggiore supporto alla clinica e alla diagnostica, oltre che alla cura e al monitoraggio della salute anche a domicilio.

Ampliare la declinazione dell’inclusività, in termini di soddisfazione e intercettazione dei bisogni di salute è la sfida che WeWomEngineers ha accolto e che sta perseguendo in collaborazione con altre Associazioni femminili italiane. Qual è il lavoro che sta facendo WeWomEngineers, l’Associazione che presiede?

Il percorso intrapreso dall’Associazione WeWomEngineers per portare l’inclusione nella tecnologia nel settembre scorso ha fatto tappa a Sarajevo alla Conferenza Congiunta MEDICON & CMBEBIH. Questa milestone è il frutto concreto del lavoro multidisciplinare volto a portare le differenze di genere, di etnia e di contesto socio-ambientale nella progettazione di dispositivi medici.

La sostenibilità ambientale passa attraverso la sostenibilità sociale e collettiva, soprattutto quando si parla di salute gender riferita

La partecipazione di WeWomEngineers alla Conferenza di Sarajevo ha rappresentato un passo significativo, aprendo una prospettiva che si estende dal lavoro svolto in Italia al futuro all’estero. Un passo che non rappresenta ciò che teniamo tra le mani oggi, ma piuttosto il risultato di un’esperienza condivisa nel 2023. Abbiamo portato avanti delle riflessioni comuni che meritano attenzione, soprattutto quando si tratta di vera inclusione nella sanità. Abbiamo riflettuto sulle norme e sui limiti che, spesso, ci poniamo da soli nell’approccio alle nuove tecnologie.

La Conferenza Congiunta MEDICON & CMBEBIH ha affrontato differenti focus, tra i quali la trasformazione digitale e la sostenibilità delle cure e dei trattamenti in capo alle istituzioni sanitarie, soprattutto per quei contesti dove le risorse sono già di per sé limitate e dove è necessario applicare conoscenza e competenza per curare sempre più persone in un’ottica di riduzione dei costi e promuovendo la sostenibilità ambientale. La sostenibilità ambientale però passa attraverso la sostenibilità sociale e collettiva, attraverso una fortissima sensibilizzazione su questi temi soprattutto quando si parla di salute gender riferita. È necessario aumentare le condizioni per cui sia possibile incentivare la collaborazione tra governi, il settore imprese e le parti interessate incluse le associazioni di pazienti.

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Silvia Pogliaghi
Giornalista scientifica, esperta di ICT in Sanità, socia UNAMSI (Unione Nazionale Medico Scientifica di Informazione)