IRMO, il progetto che integra nutrizione e big data per migliorare le cure oncologiche

La malnutrizione non deve essere più un destino inevitabile per i pazienti oncologici. Con il progetto IRMO, promosso da Alleanza Contro il Cancro, nasce il primo registro italiano real-world per integrare i dati nutrizionali nei big data clinici e migliorare concretamente la risposta alle terapie. A TrendSanità Riccardo Caccialanza, coordinatore del progetto

Un registro nazionale per cambiare il paradigma della cura: rendere i dati nutrizionali parte strutturale dei sistemi di big data sfruttando informazioni già disponibili anche nella routine clinica. La malnutrizione in oncologia non è più considerata un destino ineluttabile, ma un elemento su cui si può agire per migliorare le possibilità di guarigione e che può fare la differenza tra la vita e la morte. È questa la premessa del progetto IRMO (Italian Registry for Malnutrition in Oncology), una piattaforma web innovativa che sta rivoluzionando l’approccio nutrizionale nei pazienti oncologici italiani.

La cura nutrizionale in oncologia è scienza, non marketing. E IRMO rappresenta il futuro di questa scienza: basata sui dati, prospettica, integrata e centrata sulla persona

Nato in seno al Working Group Survivorship Care e Supporto nutrizionale di Alleanza Contro il Cancro, la Rete Oncologica Nazionale del Ministero della Salute presieduta dal professor Ruggero De Maria, IRMO è il primo registro real-world italiano pensato per monitorare longitudinalmente la malnutrizione e integrarne la gestione nei percorsi di cura. Il registro vuole far dialogare gli oncologi e i centri di nutrizione clinica dello stesso ospedale. Quando l’oncologo inserisce i dati nutrizionali di un paziente, si attiva automaticamente la consulenza del centro di nutrizione clinica per una presa in carico progressiva nel tempo.

Ne parliamo con Riccardo Caccialanza, Direttore della Struttura Complessa di Dietetica e Nutrizione Clinica della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia, coordinatore del progetto e del Working Group Survivorship Care e Supporto nutrizionale di Alleanza contro il cancro.

Riccardo Caccialanza

Quale problema concreto risolve questa piattaforma?

«Il problema è culturale prima che tecnico. Per troppo tempo la malnutrizione in oncologia è stata vista come qualcosa di inevitabile. Oggi sappiamo invece che intervenendo sulla nutrizione si può cambiare il decorso della malattia: migliorando gli aspetti nutrizionali, aumentiamo le possibilità del paziente di rispondere alle terapie, riduciamo le complicanze e la tossicità, migliorando qualità di vita e stato funzionale».

Che numeri avete raggiunto finora?

«Abbiamo già circa mille pazienti arruolati in 13 IRCCS. Il nostro obiettivo è raggiungere i 1.500 pazienti per avere analisi statistiche significative. Speriamo di avere i primi risultati solidi entro la primavera 2026».

Qual è l’impatto economico della malnutrizione?

«I numeri sono impressionanti: in Italia la malnutrizione generale costa circa 10 miliardi di euro all’anno in costi sanitari diretti. I pazienti oncologici malnutriti vengono ricoverati più spesso e restano in ospedale più a lungo. Sono le due voci che incidono maggiormente sui costi sanitari».

Il progetto ha attraversato delle difficoltà?

«Per un periodo ci siamo autofinanziati con le aziende di nutrizione clinica a causa di uno stop nei finanziamenti centrali. Ora il progetto è stato rilanciato ed entrerà nel progetto Health Big Data di Alleanza Contro il Cancro. È un segnale positivo: finalmente anche a livello istituzionale il dato nutrizionale sta diventando più attraente».

«Vogliamo raccogliere dati clinici reali per capire come diversi interventi nutrizionali influenzino gli outcome dei pazienti»

Cosa distingue IRMO da altri studi?

«La maggior parte degli studi in questo campo non supera le poche migliaia di pazienti. Noi puntiamo a creare i primi Real World Clinical Data numericamente significativi. Ma soprattutto, non ci limitiamo al dato basale. Ci interessa il dato dinamico, prospettico: vogliamo capire se diversi tipi di presa in carico nutrizionale come la nutrizione artificiale e il counseling dietetico, per esempio, si associano a outcome clinici diversi».

Come si inserisce l’intelligenza artificiale in questo scenario?

«È fondamentale. L’analisi complessa di dati numericamente insostenibili con metodi classici richiederà necessariamente l’AI. Stiamo iniziando a studiarla anche per associare i dati nutrizionali – che in Lombardia sono diventati obbligatori al ricovero – con complicanze e costi del paziente».

Un tema delicato: la disinformazione nutrizionale, diete & C. Come lo affrontate?

«È un problema enorme. Abbiamo un mercato degli integratori che vale sei miliardi in Italia. Quando si parla di oncologia, proliferano diete miracolose, kit per il digiuno venduti a 200 euro, guru che promettono guarigioni senza avere uno straccio di dato clinico accettabile. Quest’anno abbiamo prodotto le prime linee guida nazionali ufficiali dell’Istituto Superiore di Sanità. Abbiamo anche pubblicato una revisione scientifica di tutte le “diete trendy” in oncologia: per il 99% degli approcci proposti, come quelli restrittivi, digiunanti e vegani, non abbiamo evidenze accettabili. C’è evidenza solo di quanto guadagna chi le propone».

L’obiettivo ultimo di IRMO è creare evidenze sempre più solide per sensibilizzare i decisori politici ed economici

Qual è invece l’evidenza scientifica solida?

«L’evidenza definitiva che abbiamo è questa: se il paziente perde muscolo e peso durante chemio e radioterapia, è più fragile e rischia di morire prima perché non tollera la terapia. Tutto il resto non ha evidenze definitive. La nutrizione varia molto da individuo a individuo, c’è la predisposizione genetica e la tolleranza individuale».

Come gestite l’aspetto psicologico?

«La nutrizione ha una valenza non solo fisica, ma psicologica e sociale. Un paziente che mangia tranquillo e si gode il cibo è molto più felice di uno terrorizzato perché non può mangiare zucchero o bere un goccio di vino. La maggior parte delle mie visite consiste nel riportare la gente sulla terra e dirgli che possono fare un brindisi a Capodanno, mangiare una fetta di torta al compleanno del nipotino e anche andare dal macellaio».

Quali sono le prospettive future?

«L’obiettivo ultimo di IRMO è creare evidenze sempre più solide per sensibilizzare i decisori politici ed economici, non quelli clinici che sono già convinti. Vogliamo dimostrare che investire nella nutrizione clinica oncologica ha un ritorno economico e clinico misurabile. Con l’ingresso nel progetto Health Big Data potremo fare associazioni con genomica, radiomica e tutti gli altri big data sanitari. Dobbiamo occuparci delle persone, non vendere verità o terrorizzare. Il nostro lavoro è far sì che i pazienti non “vivano come malati, per poi morire sani”. La cura nutrizionale in oncologia è scienza, non marketing. E IRMO rappresenta il futuro di questa scienza: basata sui dati, prospettica, integrata e soprattutto centrata sulla persona».

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Silvia Pogliaghi
Giornalista scientifica, esperta di ICT in Sanità, socia UNAMSI (Unione Nazionale Medico Scientifica di Informazione)