Come sta la sanità pubblica italiana? È questa la domanda con cui si apre questo 2024 con una Legge di Bilancio approvata da poco e con il corredo del consueto duello verbale della politica: da una parte il Governo e la maggioranza soddisfatti per l’aumento di fondi e dall’altra le opposizioni (e non solo) che ne lamentano la carenza.
Per capire meglio la situazione e le prospettive dell’anno, rivolgiamo cinque domande a chi ha rivestito e riveste entrambe le posizioni (Governo o maggioranza e opposizione). Abbiamo cominciato dagli ex ministri della Salute con le interviste a Beatrice Lorenzin, Giulia Grillo e Roberto Speranza. Oggi le 5 domande sono per Mariapia Garavaglia, Ministro della Salute dal 1993 al 1994.
1 – LE RIFORME
Il prossimo futuro vedrà la popolazione anziana diventare sempre più ampia, con l’aumento dei tassi di cronicità, di poli-patologici e di non autosufficienti. Basteranno PNRR, DM 77, telemedicina e fascicolo elettronico ad affrontare queste sfide?
In questi anni sono stati ridotti i posti letto, ma ora mancano medici di medicina generale, specialisti ambulatoriali, infermieri e altri operatori
«La domanda sembra essere retorica ma non lo è, perché l’analisi del futuro si basa pur sempre sul presente. Il nostro SSN non sta bene… Anche senza elencare i dati basta lo scontento dei cittadini e anche degli operatori. Dalla Legge 833 del 1978 avremmo dovuto contare primariamente sull’assistenza territoriale, con una progressiva deospedalizzazione. Sono stati effettivamente ridotti i posti letto, ma ora mancano medici di medicina generale, specialisti ambulatoriali, infermieri e altri operatori. Il PNRR offre finanziamenti notevoli ma si tratta di investimenti, non di fondi per la gestione. La tecnologia aiuterà l’assistenza primaria, di prossimità, purché sia equamente distribuita. Ricordiamo che non è ancora diffuso universalmente il fascicolo sanitario elettronico. I dati, che sono importanti per governare i fenomeni, occorre che siano tempestivamente raccolti, analizzati e utili alla gestione.
Serve, perciò, uno shock decisionale per definire il finanziamento e reclutare personale. E ci vuole tempo…».
2 – IL DECLINO
I dati ci dicono che già oggi il nostro Servizio sanitario nazionale non è più universalistico: il 50% delle visite specialistiche ambulatoriali sono pagate privatamente, così come il 33% degli accertamenti diagnostici ambulatoriali. Il 7% della popolazione rinuncia alle cure, addirittura il 24% tra gli anziani. E l’aspettativa di vita cala. Il SSN è ancora un nostro punto di forza?
«Con la pandemia da covid-19 abbiamo capito che siamo in grado di organizzarci in emergenza; ci manca la cultura gestionale. Come ho appena detto, il SSN può continuare ad essere una grande risorsa e un punto fermo purché diventi una priorità radicale dei governi. Di tutti i governi. I cittadini, soprattutto i più vulnerabili, hanno bisogno che il SSN sia effettivo nel suo agire. Il contrario significherebbe abbandonarli ad una grave diseguaglianza. Una “eutanasia di Stato”».
3 – I PRIVATI
Sanità privata convenzionata, sanità integrativa, sanità classificata, cooperative: tra privato e pubblico la competizione è corretta?
Il privato ha meno vincoli nei contratti; sceglie i clienti; sa gestire in economia anche rispettando gli standard richiesti
«Non credo sia corretta la competizione. Il privato, anche meno qualificato, è diventato sostitutivo e non era questa la finalità della norma che prevede sia, giustamente, complementare. Il privato ha meno vincoli nei contratti; sceglie i clienti; sa gestire in economia anche rispettando gli standard richiesti. E non è asfissiato dalla burocrazia pubblica. Il privato ha diritto a lavorare all’interno del SSN, definendo la collaborazione in modo chiaro e in modo tale che le assicurazioni integrative non nuocciano al sistema pubblico, doppiamente, sottraendo “clienti” e fondi attraverso le detrazioni fiscali».
4 – LE SOLUZIONI
Per salvare realmente la sanità pubblica si deve immaginare un enorme aumento del finanziamento del SSN (e allora la domanda è come reperire le risorse?) o prendere atto che il sistema non è sostenibile e farlo diventare selettivo come prestazioni offerte e come partecipazione gratuita degli utenti?
«Può darsi, ma non vorrei che accadesse. Probabilmente mantenere l’universalità del diritto all’accesso ai servizi è fondamentale per garantire la stessa qualità a tutti i cittadini, ma non a tutti allo stesso grado di gratuità. L’integrazione con il sociale (che è competenza comunale e in parte regionale) deve aiutare il sistema a liberarsi di accessi impropri al sanitario, perché è gratuito. Si deve definire una percentuale fissa – magari nella media europea – sul Pil del finanziamento del Fondo Sanitario Nazionale e, infine, combattere l’evasione. È una ingiustizia inaccettabile che la fiscalità generale non sostenga il servizio sanitario per tutti. Gli evasori usufruiscono di un servizio complesso, prezioso, costoso a carico dei cittadini che pagano fedelmente le tasse».
5 – I RIMPIANTI
Una cosa che farebbe se tornasse indietro nel tempo, ai mesi in cui era a Lungotevere Ripa…
Il Governo Ciampi, purtroppo, durò solo un anno e tuttavia mettemmo a segno molti risultati. Ma tra esecutivi manca spesso la continuità
«Ci possono sempre essere rimpianti, ma voglio stare su qualcosa di concreto. Il Governo Ciampi, purtroppo, durò solo un anno e tuttavia mettemmo a segno molti risultati. Basta consultare tutti gli atti che ho firmato. Avrei desiderato vedere i risultati. Ma accade (troppo spesso) che il governo successivo, invece di garantire continuità, propone sue scelte. In tal modo viene meno anche la possibilità di verificare il successo o meno delle norme varate e della programmazione precedente, e non si acquisiscono i dati per modificare, riformare o cancellare. Questo è un rimpianto “istituzionale” che coltivo rispetto alla politica in generale».