Una stagione “osservata speciale”: la prima del “post Covid“, o comunque la prima in cui dal 2020 la pandemia da virus SARS-CoV-2 ha dato alla cittadinanza un po’ di tregua (grazie ai vaccini). Si temeva per un’influenza-flagello, non è stato così. Invece, al virus pandemico a quello influenzale, si è aggiunto un terzo protagonista: il virus respiratorio sinciziale (VRS), che quest’anno ha messo a letto non solo bambini e anziani, ma anche gli adulti. Facciamo il punto con Daniela Paolotti, ricercatrice della Fondazione ISI, coordinatrice del progetto InfluWeb grazie al quale i dati caricati dagli utenti possono aiutare a monitorare l’andamento dell’epidemia influenzale e oggi anche del Covid.
Dottoressa, cosa avete osservato?
Seppur l’attenzione dei ricercatori verso il Covid non si sia mai spenta, di sicuro c’è stata una riaccensione dell’interesse per l’influenza perché da un lato nei due anni precedenti la circolazione dei virus influenzali è stata praticamente nulla a causa delle misure restrittive molto forti a cui le persone erano sottoposte, ma soprattutto perché c’era una notevole curiosità per questa prima stagione che avrebbe visto la co-circolazione di virus influenzali e Covid nel rilassamento quasi completo delle precauzioni imposte a livello istituzionale.
Oltre all’andamento di per sé, un grande punto interrogativo riguardava quello che avrebbero fatto le persone per proteggersi a livello individuale, scegliendo magari di continuare a indossare la mascherina sui mezzi pubblici o di frequentare meno i luoghi affollati.
Com’è andata?
La stagione influenzale è stata di entità comparabile con quelle degli anni degli anni passati. La peculiarità è che il picco è stato abbastanza anticipato, cadendo nelle settimane 48-49, anche prima di Natale. Solitamente il picco si raggiunge dopo: ad esempio nel 2019 è stato a gennaio inoltrato.
Inoltre, dopo una rapida discesa che si è osservata fra gennaio e febbraio, l’incidenza è rimasta comunque alta, sempre intorno all’8-9%, e non si è ancora abbassata. C’è una “coda lunga” che stiamo osservando ormai da quattro-cinque settimane che fa sì che la curva non scenda sotto la soglia epidemica; questo è forse dovuto al fatto che oltre al virus influenzale propriamente detto c’è una circolazione anche di virus parainfluenzali che contribuiscono a tenere alta l’incidenza di sindromi influenzali.
Anche alla luce di questi dati è interessante, e tuttora lo stiamo studiando, come le persone reagiscono a questa co-circolazione, tenuto conto ad esempio del fatto che adesso sono disponibili in farmacia anche dei test rapidi per individuare sia il SARS-CoV-2 che il virus dell’influenza al tempo stesso.
Le persone sono prudenti o si sono già dimenticate della pandemia?
La sensazione è che ci sia stato un aumento delle vaccinazioni anche tra chi non appartiene alle categorie a rischio
Avremo i numeri precisi fra qualche settimana, ma la sensazione è che ci sia stato un aumento delle vaccinazioni anche tra chi non appartiene alle categorie a rischio. Sulla scelta di usare dispositivi di protezione come la mascherina sui mezzi pubblici, il sentore è che questa sia diventata più frequente soprattutto da quando si è cominciato a vedere che l’attività influenzale non stava andando giù rapidamente come si pensava. Stiamo lavorando per avere un quadro preciso su questi aspetti sia con survey condotte tramite le nostre piattaforme, sia raccogliendo i dati istituzionali che sono pubblicati su FluNews.
Quindi da nessun punto di vista ci sono state sorprese?
A mettere sotto pressione gli ospedali è stata la circolazione contemporanea di virus
Dal punto di vista epidemiologico, la stagione influenzale è stata leggermente anomala per quanto riguarda le tempistiche, ma non per l’entità. Tuttavia ci sono stati dei momenti in cui comunque le strutture ospedaliere erano abbastanza sotto pressione per gli accessi dovuti alla circolazione contemporanea di virus. Sotto questo aspetto hanno giocato un ruolo importante anche i cosiddetti RSV, che hanno avuto un’incidenza più alta anche tra gli adulti, mentre di solito colpiscono soprattutto bambini e persone anziane: si tratta di virus che nei soggetti fragili possono causare polmoniti molto importanti.
La circolazione del virus respiratorio sinciziale è stata decisamente più elevata rispetto agli anni passati, probabilmente a causa del fatto che con i lockdown e le misure anti-Covid siamo stati protetti per diversi anni e adesso siamo un po’ più esposti. Se non si è verificata la “tempesta perfetta” che tutti si aspettavano, possiamo quindi dire di aver assistito a una triplice epidemia, con una conseguente pressione che si è fatta sentire sulle terapie intensive ma soprattutto sui Pronto Soccorso.