Nota AIFA 97 e medici di famiglia: è l’inizio di una piccola (o grande?) rivoluzione nella presa in carico dei pazienti cronici?

L’AIFA con la Nota 97 apre ai medici di medicina generale, permettendo loro di prescrivere i Nuovi Anticoagulanti Orali. Un’apertura che si inserisce in un percorso più ampio per far crescere il ruolo degli MMG nella gestione dei pazienti cronici. Ne abbiamo parlato con Walter Marrocco, Responsabile Scientifico FIMMG e con Patrizia Popoli, presidente del Comitato Tecnico Scientifico di AIFA.

L’AIFA, Agenzia Italiana del Farmaco, con la Nota 97 apre ai medici di medicina generale (MMG), permettendo loro di prescrivere i NAO (Nuovi Anticoagulanti Orali: apixaban, dabigatran, edoxaban e rivaroxaban). Si tratta di farmaci che insieme agli antagonisti della vitamina K (AVK: warfarin, acenocumarolo), costituiscono gli strumenti terapeutici per la cura di pazienti affetti da fibrillazione atriale non valvolare (FANV). Se i medici di medicina generale fino a giugno potevano prescrivere solo gli AVK, da oggi hanno un’arma in più per curare i pazienti. E da metà ottobre, la Nota 97 è diventata definitiva.

La notizia però non è tanto questa. L’apertura dei NAO ai medici di medicina generale si inserisce in un percorso a cui AIFA (insieme ai medici) lavora da tempo per far crescere il ruolo dei medici di medicina generale nella presa in carico dei pazienti cronici. Perché questi pazienti sono sempre più numerosi e bisognosi di cure, perché la pandemia da Covid-19 ha reso gli ospedali sempre meno accessibili e soprattutto perché ai pazienti va comunque sempre assicurata continuità terapeutica e assistenziale.

Il ruolo centrale tanto atteso (meritato e necessario) dalla medicina territoriale potrebbe essere finalmente ufficializzato proprio dall’apertura alla prescrivibilità di farmaci fino adesso affidati ai Piani Terapeutici, terreno esclusivo di medici specialisti. E sarebbe un passo in avanti enorme, visto che in Europa siamo praticamente gli unici (insieme alla Slovacchia) ad avere queste limitazioni prescrittive in base al ruolo e alla specializzazione del medico. Dopo i NAO, potrebbe arrivare semaforo verde anche per i farmaci per BPCO e per gli antidiabetici (a determinate condizioni).

La gestione dei pazienti cronici in Italia

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che oltre l’80% dei costi in sanità è assorbito dalla cronicità che rappresenta, quindi, la grande sfida di tutti i Paesi industrializzati. Il nostro Paese è uno dei più interessanti in questo senso: secondo l’ultimo rapporto di OsservaSalute 2019 i soggetti over 65 anni nel 2018 rappresentavano circa il 23% della popolazione, percentuale che potrebbe balzare tra il 32-37% nel 2050. Non solo: più del 55% dei pazienti con malattie croniche ha come primo interlocutore il medico di medicina generale (Rapporto Osservasalute 2016), uno degli attori fondamentali per la presa in carico del paziente cronico, in particolare per gli aspetti di prevenzione, diagnosi precoce e deospedalizzazione. Il medico di medicina generale ha il compito di indirizzare il paziente verso un percorso personalizzato in funzione della complessità della situazione. Il fatto però che buona parte dei farmaci per curare le malattie croniche sia ancora inserito nei piani terapeutici ha da sempre limitato l’azione dei medici di famiglia.

“Noi come medici di medicina generale – spiega Walter Marrocco, Responsabile Scientifico FIMMG – ci occupiamo all’80% di malattie croniche, per cui il fatto che una buona parte dei medicinali utili per queste patologie sia appannaggio dei piani terapeutici e quindi solo degli specialisti, limita molto il nostro lavoro. Questo comporta anche un limite all’accesso alle cure perché se un dato farmaco può essere prescritto solo da un medico specialista, significa che il paziente deve recarsi in ospedale per sottoporsi alla visita specialistica e ottenere la prescrizione”.

I Piani Terapeutici nascono per mettere il paziente al centro del processo assistenziale, in realtà non esiste un processo definito e integrato, ma è il paziente stesso che si deve muovere in un lungo percorso per arrivare a ritirare il farmaco. E non è una cosa immediata, possono volerci anche mesi con le liste di attesa che abbiamo adesso. Senza contare che il paziente deve andare dallo specialista non solo per una valutazione clinica ma anche per farsi rinnovare il piano.

Il caso delle incretine (antidiabetici) è emblematico. “Sono farmaci presenti sul mercato da anni – riporta Marrocco – eppure sono ancora nei piani terapeutici. In Europa (insieme alla Slovacchia) siamo l’unico paese in cui le incretine non possono essere prescritte dal medico di famiglia. E siamo uno dei pochi paesi in cui esiste questa limitazione nelle prescrizioni da parte dei medici di medicina generale”.

L’OMS stima che oltre l’80% dei costi in sanità è assorbito dalla cronicità

Per ovviare a questo problema, in Italia i piani terapeutici per le incretine sono stati prorogati in automatico di sei mesi (con il controllo del medico di medicina generale dell’emoglobina glicata), però finiti questi sei mesi aggiuntivi il paziente deve tornare dal medico specialista per avere i farmaci.

Perché esistono i piani terapeutici e a cosa servono?

I Piani Terapeutici (PT) nascono nel 2004 con un obbiettivo preciso: assicurare la continuità prescrittiva ed assistenziale tra medico specialista e MMG nell’ambito dei nuovi farmaci. I PT servono per monitorare e valutare l’introduzione di farmaci innovativi nel mercato, possono quindi essere medicinali per acuzie o per malattie croniche, come le cardio-vascolari, le metaboliche e le respiratorie. In realtà questi farmaci, nel corso degli anni e anche dopo la scadenza del brevetto, hanno continuato a rimanere nei PT e i medici di famiglia non hanno potuto prescriverli.

I Piani Terapeutici sono nati per assicurare la continuità prescrittiva tra specialista e MMG nell’ambito dei nuovi farmaci

“Questi piani hanno anche un altro obbiettivo – sottolinea Marrocco – che è quello del contenimento della spesa: un medico specialista è meno accessibile rispetto a un medico di famiglia, presente sul territorio. E questo limita le prescrizioni, anche perché per recarsi dal medico specialista ci sono lunghe liste di attesa, anche di mesi”.

“Il piano terapeutico andrebbe superato quale paletto amministrativo – ribadisce il responsabile scientifico della FIMMG – Noi come medici di medicina generale abbiamo già detto di voler rispettare tutti i passaggi che lo specialista deve fare all’interno del piano (valutazione del paziente, indagini di laboratorio, etc..), ma anche se garantiamo queste condizioni, comunque non ci permettono di poter prescrivere questi farmaci”.

Se i Piani Terapeutici rimangono una roccaforte per la gestione del paziente e il controllo della spesa, secondo la FIMMG occorre comunque semplificare in qualche modo il percorso d’accesso del paziente, anche con scelte condivise dalla medicina generale con la medicina specialistica, favorendo, nel contempo, una serie di sinergie di sistema quali la prossimità territoriale del medico al paziente; il minor costo dell’accesso al MMG rispetto all’accesso alla medicina specialistica; l’ipotesi di poter rafforzare/costruire una rete integrata MMG/medicina specialistica/ospedale.

Monitoraggio e contenimento della spesa sono un ulteriore obbiettivo dei Piani Terapeutici


A 16 anni dalla loro istituzione, i medici di medicina generale chiedono quindi di procedere ad una verifica degli impatti e degli esiti di questi strumenti e ad un loro aggiornamento sulla base dei cambiamenti assistenziali: ad oggi, secondo quanto riferisce Walter Marrocco, ci sono 149 piani terapeutici AIFA per principi attivi, comprendenti 943 specialità medicinali e suddivisi in 35 categorie terapeutiche (II livello ATC) e 63 classi terapeutiche (IV livello ATC).

“I piani terapeutici sono utili per i farmaci che vengono immessi nel mercato – afferma Patrizia Popoli, presidente del Comitato Tecnico Scientifico di AIFA e responsabile del Centro nazionale per la ricerca e la valutazione preclinica e clinica dei farmaci presso l’Istituto Superiore di Sanità – perché occorre tempo per valutare l’efficacia di un nuovo medicinale. Quando sono usciti i NAO, per esempio, rispetto al farmaco tradizionale warfarin, c’era il vantaggio (secondo gli studi clinici) di non dover controllare sempre la coagulazione, però erano nuovi e andavano valutati sul campo di battaglia, perché un conto sono gli studi clinici, un conto è il mondo reale: l’efficacia e la sicurezza di un farmaco si vedono quando si usano nella popolazione generale. Oltre a questo, i piani terapeutici hanno anche come obbiettivo quello di contenere i costi, perché si tratta di farmaci costosi, ma questo comunque è un obbiettivo secondario. Occorre poi considerare che per alcuni farmaci ci vuole una diagnostica strumentale specifica che hanno solo i medici specialisti. Per gli anticoagulanti in questo caso non c’è bisogno di strumenti specifici ma per altri medicinali, come quelli per la BPCO, ci vuole una diagnosi strumentale”.

Rendere tutti i piani terapeutici web based migliorerebbe l’effettivo governo e controllo della prescrizione

I piani terapeutici non servono solo per controllare i nuovi farmaci, ma delimitano e governano anche l’azione degli stessi medici specialistici, circoscrivendo la rimborsabilità e indicando a quali tipologie di pazienti sono destinati: “Alcuni di questi PT – continua Popoli – sono fatti anche per limitare la prescrivibilità dello specialista: ad esempio, un farmaco che ha tre indicazioni (A,B,C) per AIFA potrebbe essere rimborsabile solo per le indicazioni A e B. Oppure, nel piano, specifichiamo quali pazienti devono essere trattati, per quale livello di gravità, come verificare se il farmaco ha funzionato per decidere se proseguire con il trattamento o interromperlo. Quindi il Piano Terapeutico continuerà ad avere una sua validità anche considerando la massima apertura verso la medicina generale, perché ci sarà sempre bisogno di guidare la prescrizione anche dello specialista. Il punto è che attualmente diversi piani sono in formato cartaceo per cui l’obbiettivo sarebbe quello di tenere solo quelli necessari e tutti web based, in modo che possano consentire un effettivo governo e controllo della prescrizione”.

Come si è arrivati alla Nota 97

Il processo che ha portato ad aprire i NAO ai medici di medicina generale è stato graduale e ha visto in prima linea questi ultimi ma anche i medici specialisti che per primi si sono resi conto di quanto i medici di famiglia li potessero aiutare nelle prescrizioni, per i casi più lievi, in modo da permettere loro di concentrarsi sui pazienti più gravi e non essere oberati da richieste di prescrizione.

L’autonomia degli MMG nella prescrizione dei NAO richiede una costante comunicazione, a doppio binario, con gli specialisti

Il fatto che i medici di famiglia siano autonomi nella prescrizione dei NAO non significa che non debba esserci una comunicazione costante con i medici specialisti, soprattutto nell’ambito della gestione dello stesso paziente cronico: “Al momento – spiega la dottoressa Popoli –  è il medico specialista che manda il paziente dal medico di medicina generale per rinnovare la prescrizione, però in realtà la comunicazione dovrebbe essere a doppio binario, soprattutto quando si parla di presa in carico dei pazienti cronici, il cui medico di riferimento è quello specializzato, ma la gestione può essere condivisa anche con medico di medicina generale, per cui la comunicazione è auspicabile che ci sia sempre”.

La Nota 97 delinea il percorso di prescrivibilità sia da parte del medico specialista sia del MMG e non si limita a disciplinare l’uso dei farmaci, ma ha l’ambizione di supportare il prescrittore nel percorso clinico di personalizzazione della terapia.

“La Nota 97 – chiarisce la dottoressa Popoli – nasce da una valutazione che si sta facendo da diverso tempo sull’opportunità di coinvolgere la medicina generale nella gestione delle patologie croniche. Perché siamo partiti dai NAO? Perché richiedevano il rinnovo e andare dallo specialista in piena pandemia era diventato complicato. Diversi pazienti si lamentavano di non poter essere seguiti in modo appropriato. Questa nota all’inizio è stata emanata per un periodo di tempo limitato (120 giorni) ma adesso è diventata permanente. È stata una sorta di periodo di prova, in cui volevamo vedere come potessero andare le cose e volevamo valutare se la fase emergenziale fosse finita oppure no. In questo periodo abbiamo anche rinegoziato i prezzi per questi farmaci e abbiamo diffuso la nota all’esterno per saggiare le reazioni. Si tratta di una via di mezzo tra nota e linea guida perché ci sono indicazioni precise per prescrivere questi farmaci, calcolando correttamente tutti i rischi (nascono come antitrombotici, ma essendo anticoagulanti portano rischio emorragico)”.

L’AIFA ha reso questa nota definitiva con la determina n. 1034 del 14 ottobre 2020, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 15 ottobre e in vigore dal 16 ottobre. È stata resa definitiva, secondo quanto dice AIFA in un comunicato, “in quanto i procedimenti di rinegoziazione, aventi ad oggetto le specialità medicinali a base di apixaban, dabigatran, edoxaban, rivaroxaban, si sono conclusi col raggiungimento dei relativi accordi negoziali che prevedono nuove condizioni economiche di ammissione alla rimborsabilità, tali da garantire la sostenibilità del sistema”.

La pandemia di Covid-19 ha accelerato il processo di riorganizzazione della medicina territoriale

La svolta sui NAO si deve anche alle pressioni da parte delle associazioni di pazienti perché l’obbligo di accesso allo specialista non garantiva equità di accesso al farmaco: ci sono paesi che si trovano a 30 km dal primo centro specialistico e con la seconda ondata di Covid gli ospedali saranno sempre più inaccessibili.

Con la pandemia da coronavirus c’è stata sicuramente un’accelerazione e ci si è resi conto di quanto può essere utile la medicina territoriale anche per tematiche non legate al contenimento dell’epidemia, ma alla gestione dei malati cronici che non si può certamente sospendere.

“AIFA, devo dire, è sempre stata attenta a questi aspetti – sottolinea Marrocco – e ha sempre sostenuto l’importanza del territorio. Il problema per AIFA sono sempre stati i numeri. Parliamo di 50.000 medici di medicina generale a fronte di 3.000 specialisti per branca medica che possono arrivare a 7.000 nell’ambito della cardiologia. Tra l’altro, l’ente ha sempre sostenuto l’appropriatezza prescrittiva di noi medici di medicina generale”.

Prima di arrivare a questa nota sui NAO, AIFA aveva già mostrato alcune aperture prorogando i Piani Terapeutici prima a giugno, poi ad agosto. E, secondo le ultime indicazioni dell’ente regolatore italiano, il monitoraggio e il rinnovo dei piani terapeutici andrà fatto per quanto possibile, a distanza, anche per via informatica e l’estensione della validità sarà raccomandata in via eccezionale nei casi di criticità locali legate alla pandemia Covid-19.

 Farmaci ben conosciuti e garanzia del corretto inquadramento diagnostico-terapeutico sono i requisiti necessari per ampliare la prescrivibilità ai MMG

“Se di fronte a un’emergenza come questa ci affidano la gestione dei piani – afferma il responsabile scientifico della FIMMG – significa che siamo in grado di gestirli: anche se la validità è prorogata, noi comunque dobbiamo monitorare i pazienti e se riteniamo che non sussistano le condizioni per portare avanti i Piani Terapeutici, è nostra responsabilità interromperli”.

Oltre agli anticoagulanti, AIFA sta portando avanti un’analisi per rivalutare la gestione dei PT per le malattie croniche, come diabete, malattie cardiovascolari, BPCO. C’è disponibilità a parlarne e con la seconda ondata di Covid questa discussione potrebbe essere accelerata.

“Per la BPCO ci vuole una strumentazione specifica che di solito ha il pneumologo o l’internista – ribadisce la presidente del CTS di AIFA – mentre non ne sono provvisti i medici di medicina generale, ma per poter aprire la prescrivibilità di questi farmaci stiamo comunque studiando un percorso che assicuri una diagnosi strumentale adeguata: per i pazienti più lievi questa potrebbe essere fatta dai MMG, per quelli più gravi si dovrà comunque sempre andare dallo pneumologo, però ne stiamo ancora discutendo. In generale il nostro approccio è di aprire ai medici di medicina generale laddove sussistano determinate condizioni: che si conoscano bene i farmaci (quindi sono sul mercato da molto tempo e ne conosciamo efficacia e sicurezza), che sia possibile da parte di MMG gestire il paziente anche da un punto di vista diagnostico, e che lo sappia gestire anche da un punto di vista terapeutico, dando tutte le indicazioni che servono”.

Le criticità

I risvolti di questa apertura di AIFA verso i medici di medicina generale sono diversi. A cominciare dalla rinegoziazione dei prezzi con quelle case farmaceutiche che hanno prodotti come i NAO. AIFA le ha convocate per rinegoziare i prezzi, visto che con la prescrizione da parte dei MMG gli acquisti potrebbero aumentare (e quindi la spesa sanitaria): “Se in un primo momento le aziende erano propense ad allargare la prescrizione di questi medicinali anche a noi – suggerisce Marrocco – Con le convocazioni di AIFA per rivedere i prezzi potrebbero iniziare a mostrare qualche resistenza. Vedremo”.

Ma quello che preoccupa di più Marrocco è l’applicazione disomogenea della Nota AIFA in tutte le Regioni. “Già a giugno, quando è stata emanata la Nota, alcune Regioni come il Piemonte hanno ribadito che, non essendo in periodo di emergenza (!) e non essendoci problemi di accesso ai medici specialisti, loro la nota non l’avrebbero applicata. Nel Lazio, dove lavoro io, i NAO prescritti dal medico di medicina generale possono essere ritirati solo nelle farmacie ospedaliere. E questo è un grosso rischio, soprattutto in questo periodo in cui diversi ospedali stanno iniziando a gestire solo casi di Covid-19”.

Per prescrivere alcuni tipi di farmaci, gli MMG devono poter disporre di strumenti di diagnostica di I livello

Oltre a questo, c’è da considerare gli investimenti necessari per poter prescrivere questi farmaci: “Tutte queste aperture alla prescrizione, a cominciare dai NAO, hanno senso se i medici di medicina generale possono dotarsi nei loro studi di strumenti di diagnostica di primo livello, ma questo passaggio non può essere a totale carico nostro. Il Ministro della Salute aveva annunciato un fondo di 235 milioni di euro da dedicare ai medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta per dotarsi di queste strumentazioni. Lo stesso discorso vale per la telemedicina, di cui si è parlato molto in questi mesi, ma al momento è tutto a carico nostro. Il problema è che non tutti i medici si possono permettere questi investimenti. E la remunerazione del medico di medicina generale dovrebbe cambiare e non basarsi solo sulla singola prestazione, ma sulla qualità della prestazione erogata che passa anche da poter visitare con strumenti adeguati”.

Proprio all’ultimo Congresso FIMMG tenutosi a Villasimius in Sardegna, il Ministro della Salute Roberto Speranza aveva annunciato che avrebbe fatto il possibile per sbloccare questo fondo da 235 milioni di euro, previsto dalla Legge di Bilancio 2020.

Recentemente, Il Comitato di settore Regioni-Sanità ha approvato un Atto di indirizzo per facilitare l’acquisizione di apparecchiature sanitarie per la diagnostica di primo livello e l’effettuazione di tamponi antigenici rapidi da parte dei medici di medicina generale e dei pediatri.

 

La possibilità di prescrivere farmaci destinati soprattutto a trattare le malattie croniche è un’opportunità preziosa non solo per i medici di medicina generale, ma per tutto il Sistema Sanitario: in un momento come quello che stiamo vivendo, con gli ospedali sotto pressione, i medici di famiglia possono sgravare i colleghi ospedalieri gestendo i pazienti meno gravi e assicurando una continuità assistenziale che in ospedale non sarebbe possibile.

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Angelica Giambelluca
Giornalista professionista in ambito medico