Oncologia, il tempo di cura minato dalla burocrazia

Il 40% del tempo degli oncologi italiani è assorbito da pratiche amministrative. Ne risentono la qualità dell’assistenza, la relazione con il paziente e il benessere psicologico dei professionisti. Tralongo (CIPOMO): «Restituire tempo alla clinica è una priorità»

La burocrazia sottrae tempo prezioso alla clinica e mina la qualità della relazione tra medico e paziente, con effetti tangibili sulla cura e sul benessere dei professionisti. È quanto emerge dall’indagine nazionale Oncology and the Administrative Burden: an Italian Survey – promossa da ISHEO, La Lampada di Aladino-ETS e CIPOMO (Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri) – che fotografa il peso crescente delle attività amministrative nella quotidianità degli oncologi italiani.

I dati sono stati presentati al XXIX Congresso Nazionale CIPOMO, e approfonditi da TrendSanità con Paolo Tralongo, neo presidente del Collegio e Direttore della SC Oncologia dell’Ospedale Umberto I e del Dipartimento oncologico ASP (Siracusa).

Il carico amministrativo influisce sulle fasi di diagnosi e cura e compromette la relazione medico-paziente

La ricerca è stata condotta su un campione di 200 oncologi in tutta Italia, con età media di 49 anni e per il 55% composto da donne. Complessivamente, gli oncologi dichiarano di dedicare mediamente il 40% del proprio tempo ad attività amministrative; sono considerate “gravose o molto gravose” la gestione della modulistica (richieste alla farmacia ospedaliere, alle autorità regionali e nazionali) citata dal 79% degli intervistati, la gestione di guasti del sistema informatico (61%) e la compilazione/gestione di dati medici e clinici (56%).

Percorsi oncologici complessi e personalizzati richiedono relazioni solide, non carichi amministrativi

Paolo Tralongo

Sottolinea Tralongo: «Una parte significativa del nostro tempo viene assorbita da incombenze burocratiche. Questo comporta una sottrazione concreta di tempo alla clinica e, soprattutto, alla relazione con il paziente; ma la relazione medico-paziente è l’atto fondante dell’attività assistenziale, e quando viene sacrificata penalizza il significato del lavoro medico. L’assenza di un rapporto solido tra medico e paziente può generare minore aderenza terapeutica, sfiducia, percezione di disinteresse; una frattura relazionale che può anche trasformare la relazione in patologica, e sfociare in reazioni inappropriate, che il medico si trova a dover gestire».

I risultati dell’indagine evidenziano che le fasi più penalizzate dalla carenza di tempo sono quelle della comunicazione clinica con il paziente, della diagnosi e trattamento e del follow-up. Il 63% degli intervistati cita infatti l’ambito della “comunicazione clinica” come la prima mansione medica che in futuro meriterebbe una maggiore quantità di tempo da parte del medico. Seguono le attività di ricerca e partecipazione a conferenze scientifiche, e la fase di diagnosi e trattamento (entrambe citate dal 31% degli oncologi).

Secondo Tralongo, il problema della “burocratizzazione” coinvolge tutta la medicina specialistica, ma assume un significato particolare in oncologia, «dove i percorsi sono lunghi e impegnativi e la comunicazione è parte della terapia. In oncologia l’aspetto relazionale è particolarmente delicato in quanto assume un valore motivazionale rispetto all’accettazione di atti di cura che possono essere impegnativi. Talvolta una diagnosi può richiedere un’ora di tempo; il paziente ha bisogno di comprendere, di aderire alle cure, di sentirsi parte attiva del percorso. Questo perché l’oncologia è cambiata nel tempo e non è più focalizzata sull’intervento in acuto. Grazie alla ricerca, alla diagnosi precoce e alle terapie personalizzate, siamo davanti a storie cliniche che si sviluppano nel tempo, con la necessità di un approccio relazionale profondo e continuativo».

La mancata appropriatezza funzionale genera costi per il sistema sanitario

La commistione di mansioni che caratterizza gli oncologi suscita il problema dell’appropriatezza funzionale all’interno del sistema sanitario. Spiega Tralongo: «Per evitare sprechi e garantire l’equità nell’accesso alle cure, i professionisti sono sempre più attenti alla correttezza prescrittiva. Ma se il clinico si trova a dover svolgere mansioni amministrative che potrebbero essere delegate, si rischia una vera e propria “inappropriatezza di funzione”, collegata a inefficienza e a uno spreco di risorse economiche».

Compiti delegabili ai medici? È inefficienza sistemica

Dalla ricerca emerge inoltre come l’eccessivo carico amministrativo influisca sulla condizione mentale dei professionisti. Il 48% degli intervistati dichiara di “avere avuto un’esperienza di burnout”, indicante, secondo la definizione del manuale ICD-10, una “condizione, risultante da stress cronico sul posto di lavoro, caratterizzata da sentimenti di esaurimento, aumento della distanza mentale dal proprio lavoro, ridotta efficacia professionale”. Per il 75% dei medici si tratta di una situazione riconducibile al peso delle incombenze amministrative.

«Oggi l’attività oncologica è molto complessa» afferma Tralongo. «Gli specialisti sono impegnati in attività cliniche come partecipazione ai team multidisciplinari, gestione dei percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali. L’aggiunta di compiti diversi rischia di slatentizzare una condizione di sofferenza che può portare al burnout.  E proprio in oncologia questo potrebbe emergere più facilmente per ragioni dovute all’elevato coinvolgimento emotivo, con conseguenze dirette anche sulla qualità dell’assistenza».

AI per snellire gli aspetti burocratici?

La sburocratizzazione è sentita come una necessità prioritaria, ancor più in un contesto di carenza di personale medico. «È paradossale che, in questa fase storica, si chieda ai clinici di sottrarre tempo alla cura per occuparsi di pratiche amministrative che potrebbero essere delegate. In questo contesto, l’AI potrebbe rappresentare una risorsa per semplificare le attività ripetitive e restituire tempo alla relazione di cura. Sono allo studio, anche nella nostra azienda, progetti che mirano a ridurre il carico burocratico sul personale medico, liberando tempo da dedicare al paziente. Il razionale alla base è solido: alcune attività, come la gestione delle agende, la prescrizione di esami, la compilazione di dati amministrativi, potrebbero essere automatizzate», precisa Tralongo.

Delegare alla tecnologia per restituire tempo alla cura

E continua: «CIPOMO intende sostenere con forza questo tema. Uno dei punti centrali del mio mandato è restituire ai medici il tempo da dedicare alla funzione clinica e valorizzare la relazione medico-paziente. In oncologia l’aspetto tecnico e quello umano sono due facce della stessa medaglia; sostenere questa visione integrata è fondamentale per garantire la qualità e la sostenibilità dell’assistenza».

Incentivare ricerca real world nelle strutture ospedaliere

Tra gli obiettivi di CIPOMO anche quello di potenziare la ricerca scientifica nelle strutture ospedaliere:«L’attività assistenziale ospedaliera possiede peculiarità che, attraverso la conduzione di studi real world, di studi post-marketing, permettano di sviluppare una ricerca clinica finalizzata a migliorare la conoscenza. E questo anche nella consapevolezza che laddove si fa ricerca l’assistenza risulta qualitativamente migliore».

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Stefania Cifani
Giornalista in ambito medico-scientifico e medical writer