La diagnostica radiologica domiciliare si rivolge prevalentemente a pazienti fragili che si trovano in condizioni di non potersi muovere dal proprio domicilio e che necessitano di esami radiologici, non in regime di urgenza, con qualità e processo allineati a quanto il paziente potrebbe fruire presso strutture ospedaliere. In Piemonte questo percorso è attivo anche in alcune case di reclusione che non hanno strumenti diagnostici propri a disposizione.
Con la telemedicina nelle carceri si hanno vantaggi di tipo economico ma non solo, ad esempio con la riduzione dei costi complessivi in quanto non è più necessario il trasporto protetto verso strutture di cura esterne e il conseguente impiego di operatori di polizia penitenziaria e dispiego di mezzi, abbattendo anche tutti i rischi correlati. Vi sono anche vantaggi per le persone ristrette che vedono migliorare la qualità delle proprie cure con gli screening eseguiti in ambito carcerario mediante radiologia domiciliare, come ad esempio per la tubercolosi e numerose altre patologie, da quelle infettive a quelle cronico-degenerative. Gli screening presuppongono vantaggi per la salute dei detenuti e per l’intera collettività e di miglioramento dell’equità nelle cure per le persone ristrette.
Ne abbiamo parlato con Marco Grosso, Project manager di Asl Torino 3, che ha sperimentato un progetto di radiologia domiciliare con telemedicina in carcere già nel 2010.
Come è nata l’esperienza di radiologia domiciliare in carcere in Piemonte? E con quali motivazioni?
La storia della radiologia penitenziaria, che si svolge dove non ci sono servizi di radiologia interna, nasce in Piemonte intorno al 2010 nell’esperienza di r@dhome per l’allora Servizio di Radiologia Domiciliare e Territoriale di Città della Salute e della Scienza- Molinette di Torino, a seguito delle prime esperienze fatte nel territorio sulla radiologia di prossimità e nelle RSA. È venuto naturale pensare che la telemedicina avesse un significato dove le barriere erano più imponenti e dove potesse esprimere il meglio, come negli ambienti montani, dove le condizioni orografiche sono complesse ed esistono barriere, e si è quindi deciso di affrontare anche l’argomento tele radiologia in carcere”.
Ogni volta che un detenuto esce con il nucleo traduzioni per una visita o un esame diagnostico impatta dal punto di vista economico per circa 2.500€. Questo è uno dei motivi per i quali la medicina penitenziaria cerca di limitare questo tipo di uscite.
In aggiunta, mantenendo i detenuti all’interno delle strutture carcerarie, si elimina il rischio di fuga, che rappresenta una delle principali preoccupazioni. Di conseguenza, l’integrazione della radiologia domiciliare supportata dalla telemedicina all’interno delle carceri soddisfa entrambe queste esigenze.
L’argomento è stato affrontato con il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria che ha giurisdizione su Piemonte, Liguria e Val d’Aosta, però abbiamo deciso di scrivere il primo progetto incardinato solo su un setting peculiare di case di reclusione: quelle di Saluzzo, Fossano e Asti, e solo in un secondo momento quello di Ivrea, tutti Istituti di pena che non hanno un servizio di radiologia interno.
In carcere si verifica un’esigenza di radiologia per le patologie di stagione, come le polmoniti, peggiorate dal sovraffollamento
Con l’entrata in vigore del d.p.c.m. 1° aprile 2008 tutte le competenze sanitarie sono state trasferite al Servizio Sanitario Nazionale, quindi a Regioni e ASL, pertanto il lavoro di screening è stato fatto in primo luogo con una verifica dello stato epidemiologico dei detenuti: le patologie sono state suddivise, ad esempio classificando quelle emergenti urgenti, per lo più patologie di stagione e in modo particolare per le persone che hanno come pena l’ergastolo; essendo una popolazione che sta invecchiando, questi soggetti hanno le stesse probabilità di contrarre le patologie geriatriche concomitanti come tutte le persone che invecchiano.
La popolazione anziana nelle carceri è molto fragile per età, ma anche per condizioni sociali. Si verifica quindi un’esigenza di radiologia per tutti i fenomeni transitori delle malattie di stagione, tipicamente polmoniti nosocomiali, peggiorate dal sovraffollamento. Oltre a ciò, la tele radiologia è utile in caso di diagnosi per malattie trasmissibili, come ad esempio la tubercolosi per la quale, in caso di positività sia al test di Mantoux sia al Quantiferon test, è prevista l’esecuzione di una radiografia del torace per verificare gli addensamenti. Inoltre, le patologie epatiche come le epatiti possono albergare in quei frangenti, allora anche la sorveglianza, non radiologica, ma ecografica sarebbe utile.
Come si è sviluppata questa esperienza nel corso degli anni e come funziona la procedura?
A seguito di questa analisi, abbiamo individuato la coorte di studio. Nel 2010 i detenuti in Piemonte erano un po’ meno di 4 mila e, fatta una classificazione per patologie, si è deciso di andare a lavorare nelle carceri che non avevano un servizio di radiologia interno e dove erano evidenti queste caratteristiche epidemiologiche più vicine alla sorveglianza radiologica.
Il servizio è partito negli Istituti penitenziari di Saluzzo, Asti, Alba e Fossano ma ad oggi è attivo solo nella Asl di Asti
Sono stati identificati gli Istituti penitenziari di Saluzzo, Asti, Alba e Fossano e nel 2011, grazie all’accordo con il Dipartimento di amministrazione penitenziaria, è stata fatta la convenzione che ha portato ad un contributo economico da parte della Cassa delle Ammende di circa 40 mila Euro, apporto sufficiente per l’avvio del progetto nel 2012.
Per quanto riguarda la filiera, la procedura inizia con la richiesta da parte del medico penitenziario che, tramite un’email, evidenzia la necessità di prenotare un servizio di radiologia domiciliare: le sessioni sono settimanali di quattro ore, con orari prestabiliti dal carcere.
Una volta arrivati ai cancelli del carcere, dopo i controlli di routine, l’equipe si avvia in infermeria, monta la strumentazione e nel frattempo, arriva il primo paziente, scortato dagli agenti penitenziari, per effettuare la radiografia. Il secondo paziente arriva solo dopo che il primo è stato riaccompagnato in cella. I tempi di produzione sono quindi piuttosto dilatati.
Quali difficoltà avete dovuto affrontare e quali prospettive ci sono per il futuro?
Le complicazioni si sono rese evidenti nelle convenzioni con le ASL sulle quali insistono le Case circondariali: le tecnologie di telemedicina prevedono una trasmissione di dati (nel nostro caso i dati sono delle immagini) e la difficoltà consisteva nel fatto che nessuna tecnologia di comunicazione poteva entrare in carcere, ma è stata superata nel 2013 con l’utilizzo di VPN (Virtual Private Network – rete privata, anonima e criptata-), collegata con l’ospedale, dove viaggiava solo l’immagine.
Il progetto è andato avanti fino a quando l’Ospedale Le Molinette Città della Salute di Torino ha chiuso tutte le attività verso l’esterno e il progetto si è spostato all’ASL di Asti, unica Azienda in Piemonte ad avere il servizio di radiologia a domicilio per il carcere di Asti.
La sicurezza dei dati gestiti con la radiologia in telemedicina è essenziale
L’auspicio è che le cose cambino. L’assessorato Regionale che si occupa di medicina penitenziaria ha appena realizzato un’indagine sul numero e la qualità delle macchine presenti nelle carceri che hanno la radiologia, il PNRR offre questa opportunità.
L’idea di Regione Piemonte e Azienda Zero è quella di poter incorporare le attività radiologiche domiciliari legate al carcere nel Piano Nazionale di Telemedicina, il Centro di riferimento della radiologia domiciliare, le strutture pubbliche e ognuna andrà a soddisfare il bisogno radiologico del carcere di riferimento, riversando inoltre tutti i dati sulla Piattaforma Nazionale di telemedicina che provvederà a distribuire la refertazione.
In questo momento, come detto, in Piemonte è il servizio di radiologia domiciliare è attivo solo sul carcere di Asti, per le altre case di reclusione mancanti di radiologia interna siamo pronti a partire anche domani.