Difficoltà ad addormentarsi, risvegli notturni frequenti, sonno leggero e non ristoratore: l’insonnia è un disturbo diffuso che incide profondamente sulla qualità della vita e sulla salute generale. Si stima che la forma cronica colpisca tra il 10 e il 20% della popolazione, con ripercussioni su concentrazione, umore e benessere psicofisico.
Secondo l’American Academy of Sleep Medicine, l’insonnia si manifesta con l’incapacità di iniziare o mantenere il sonno o garantire un riposo soddisfacente, nonostante vi siano tempo e condizioni adeguate per dormire. Questo porta a una compromissione delle attività diurne, rendendo necessaria una gestione mirata. Un approccio multidisciplinare, che integri competenze mediche, psicologiche e comportamentali, può migliorare significativamente la gestione di questo disturbo complesso, soprattutto in presenza di comorbidità.
Ne parliamo su TrendSanità con Claudio Liguori (neurologo esperto in Disturbi del Sonno (AIMS) presso la UOC Neurologia del Policlinico Tor Vergata di Roma e professore di Neurologia all’Università degli Studi Tor Vergata), Ombretta Papa (medico di medicina generale della ASL RM1 e Segretario Nazionale della Società Italiana Interdisciplinare per le Cure Primarie – SIICP), e Alessandra Devoto (psicologa, psicoterapeuta, esperta in Disturbi del Sonno (AIMS) e membro dell’European CBT-I Accademy della European Sleep Research Society – ESRS).
Gestire l’insonnia: il valore dell’approccio inter e multidisciplinare

«Più che approccio interdisciplinare, parlerei multidisciplinarietà – esordisce Liguori –, poiché la gestione dell’insonnia coinvolge diverse discipline che possono operare in parallelo o in connessione tra loro per affrontare l’insonnia in modo corretto.
Il ruolo della neurologia, della psichiatria e della psicologia è basilare, soprattutto considerando le possibili comorbidità. Le difficoltà principali derivano dalla complessità del disturbo e dall’esigenza di trattarlo secondo corrette prospettive.
Trattare l’insonnia in modo corretto significa rispettare la fisiologia del sonno. È essenziale sostenere i circuiti nervosi compromessi dal disturbo, agendo sui sistemi di neurotrasmettitori coinvolti nella regolazione del sonno. È un approccio di tipo farmacologico che prevede interventi mirati per supportare la componente ipnotica o contrastare eventuali disfunzioni, mantenendo sempre al centro il rispetto dei meccanismi naturali del sonno».
La gestione dell’insonnia coinvolge diverse discipline che possono operare in parallelo o in connessione tra loro per affrontare l’insonnia in modo corretto
«Si tratta di un disturbo complesso – interviene Alessandra Devoto –, in cui possono concorrere fattori di tipo organico e psicologico. Per questo è preferibile un approccio clinico di “cura” multidisciplinare che coinvolga diverse figure sanitarie: lo psicologo, che valuta se e quando intraprendere la Terapia Cognitivo-Comportamentale dell’Insonnia (Cognitive Behavioral Therapy for Insomnia, CBT-I), il neurologo per la valutazione sul piano della comorbilità dell’insonnia con possibili disturbi neurologici, lo psichiatra per i casi di insonnia concomitanti a condizioni cliniche psichiatriche in cui gli interventi di prima linea (CBT-I) sono associati alle terapie farmacologiche. Infine lo pneumologo per valutare la concomitanza di possibili problemi respiratori nel sonno (OSAS)».
Riconoscere il problema

«L’insonnia – concorda Ombretta Papa – può avere origini multifattoriali che richiedono quindi competenze diverse. Medici di medicina generale, neurologi, psichiatri, psicologi e fisioterapisti possono collaborare per affrontare le varie componenti dell’insonnia, come stress, ansia, disturbi neurologici o dolore cronico. Il primo passo è il riconoscimento del problema e il ruolo del medico di medicina generale (MMG) è fondamentale.
Un MMG proattivo può indagare i disturbi del sonno durante le visite di routine, anche in assenza di una richiesta esplicita, utilizzando strumenti semplici come brevi autoquestionari validati (come l’Insomnia Severity Index o il Pittsburgh Sleep Quality Index). Può aiutare a identificare precocemente l’insonnia e prevenire cronicizzazioni. È importante che il MMG indaghi l’igiene del sonno quando i pazienti si rivolgono a lui per certificazioni di idoneità o per altri motivi di salute (medicina di opportunità) e che i pazienti si rivolgano al proprio medico per verificare la correttezza della propria igiene del sonno».
Nuove frontiere e sfide nella cura dell’insonnia

«A mio parere, una delle maggiori sfide è formare specialisti (psicologi, neurologi, psichiatri e MMG) che possano rispondere alla domanda di cura in modo specialistico competente – dichiara Devoto. Infatti, la comorbilità dell’insonnia con altri disturbi del sonno, fisici, cognitivi, psicologi rimane una sfida terapeutica impegnativa. Al contempo, il cambio di paradigma per cui l’insonnia non è più considerata come un mero sintomo di altri disturbi (fisici o mentali) – risolvibile affrontando i disturbi primari o sottostanti – ma è, a tutti gli effetti, un Disturbo di Insonnia con meccanismi di azione e mantenimento indipendenti, rende necessaria una preparazione clinica specialistica per affrontarlo. Infine, molti dati di letteratura indicano che è un fattore di rischio per lo sviluppo di altri disturbi fisici e mentali e dunque l’intervento tempestivo diventa un importante mezzo di prevenzione secondaria».
La comorbilità dell’insonnia con altri disturbi del sonno, fisici, cognitivi, psicologi rimane una sfida terapeutica impegnativa
«La prima difficoltà – aggiunge Liguori – riguarda il riconoscimento del problema. Spesso, chi si rivolge a uno specialista per altre condizioni, come l’obesità, non collega il proprio disturbo del sonno con il problema principale. Ad esempio, una persona con obesità potrebbe non rendersi conto che il sonno insufficiente o di scarsa qualità contribuisce al peggioramento del suo metabolismo. Allo stesso modo, una persona giovane con ipertensione arteriosa potrebbe non considerare l’insonnia come un fattore aggravante. È quindi essenziale promuovere la consapevolezza dell’importanza di un sonno adeguato per la salute.
Insonnia e ritmo circadiano
«Dal punto di vista medico, un’altra difficoltà sta nell’indagare correttamente il sonno. L’insonnia va considerata come un disturbo che coinvolge l’intero ritmo circadiano delle 24 ore, non solo una problematica notturna – continua il neurologo. È fondamentale raccogliere informazioni sulla persona, analizzando come trascorre la giornata, quali stimoli riceve e qual è il suo livello di attivazione, soprattutto nelle ore serali. È necessario insegnare alle persone a percepire il sonno non come un semplice “interruttore” da spegnere, ma come un processo che richiede preparazione e regolarità lungo tutto l’arco delle 24 ore».
Il sonno non è un semplice “interruttore” da spegnere, ma un processo che richiede preparazione e regolarità lungo tutto l’arco delle 24 ore
«Da contrastare anche la diagnosi tardiva, così come la sottovalutazione del problema da parte del paziente – sottolinea Papa. Il ruolo crescente dell’uso dei social media fino a tarda notte espone alla luce blu degli schermi e può alterare i ritmi circadiani e inibire la produzione di melatonina, rendendo più difficile l’addormentamento. Inoltre, l’interazione continua sui social genera un’eccitazione mentale che ostacola il rilassamento necessario per il sonno. Sono comportamenti notturni che poi hanno ripercussioni sulla vita diurna, con affaticamento, calo della concentrazione e riduzione della produttività».
Insonnia e disturbi neurologici: c’è una relazione?
«Esiste una relazione bidirezionale tra insonnia e disturbi neurologici o psichiatrici – spiega il neurologo. C’è il rischio di sviluppare problematiche neurologiche e, allo stesso tempo, condizioni neurologiche possono aggravare l’insonnia. Ad esempio, un sonno alterato può compromettere le funzioni cognitive, aumentare il rischio di depressione e ansia o peggiorare condizioni come l’Alzheimer o il Parkinson.
Curando e ripristinando un sonno di qualità possiamo rallentare la progressione di alcuni disturbi neurologici
Per quanto riguarda i disturbi neurodegenerativi, attualmente non disponiamo di strumenti per guarire queste condizioni. Nondimeno, sappiamo che curando e ripristinando un sonno di qualità possiamo rallentare la progressione del disturbo neurologico. In alcuni casi, come in un disturbo cognitivo iniziale, migliorare la qualità e la quantità del sonno può addirittura restituire normali performance cognitive, riducendo il rischio e la progressione del problema».
Dall’insonnia si “guarisce”
«Un altro aspetto fondamentale riguarda le terapie farmacologiche, soprattutto per l’insonnia cronica – afferma Liguori. È essenziale scegliere trattamenti mirati e validati, conformi alle linee guida, evitando l’uso improprio di farmaci sedativi. L’obiettivo non è semplicemente sedare, ma favorire e ripristinare il naturale processo del sonno. I farmaci indicati devono agire in modo specifico per ricostituire un sonno fisiologico e risolvere l’insonnia.
I farmaci devono agire in modo specifico per ricostituire un sonno fisiologico e risolvere l’insonnia
Per curare l’insonnia in modo adeguato poi, non è necessario mantenere un trattamento farmacologico per tutta la vita. Con le giuste terapie, è possibile restituire al paziente un sonno normale, anche correggendo i fattori legati all’igiene del sonno, con interventi di psicoeducazione mirata, per affrontare gli elementi psicologici che spesso ostacolano il riposo e perpetuano l’insonnia.
Al contrario, un trattamento cronico con farmaci sedativi potrebbe comportare dei rischi, poiché una sedazione del sistema nervoso centrale durante la notte non favorisce i meccanismi di rigenerazione cerebrale. Durante il sonno, il cervello è tutt’altro che inattivo: svolge processi essenziali per il mantenimento delle funzioni della memoria e cognitive. Preservare il ruolo attivo del cervello durante il sonno, evitando di ricorrere a farmaci che sopprimano la veglia invece di favorire un sonno fisiologico, è molto importante».
La gestione del sonno
Secondo Papa, «è necessario anche un approccio olistico e “paziente-centrico” che tenga conto delle interazioni tra insonnia e altre patologie croniche come diabete, ipertensione o depressione. Il paziente va considerato nel suo complesso e non come “portatore” di differenti patologie per essere preso in carico in maniera globale e coordinata. Alcuni passaggi fondamentali includono: educare sull’importanza del sonno per la gestione complessiva della malattia cronica, utilizzare strategie non farmacologiche per evitare interazioni tra farmaci, adottare un piano condiviso tra il MMG e gli specialisti per ottimizzare i trattamenti, monitorare costantemente gli effetti delle terapie per aggiustare il trattamento in base all’evoluzione clinica, interventi sullo stile di vita (attività fisica, dieta, ecc.) che migliorino sia il sonno che la patologia cronica associata».
È necessario un approccio olistico e “paziente-centrico” che tenga conto delle interazioni tra insonnia e altre patologie croniche come diabete, ipertensione o depressione
«La terapia farmacologica è tipicamente prescritta dal medico di famiglia e dal neurologo e non è alternativa alla CBT-I, seppure sia auspicabile che in seguito alle terapie i farmaci siano gradualmente ridotti o eliminati del tutto – conclude Devoto. In tutti questi casi è decisiva la coordinazione tra gli specialisti che hanno in carico il paziente per valutare attentamente la priorità del trattamento e combinare l’intervento clinico. Nella fase di insonnia acuta può essere d’ausilio l’intervento farmacologico, per interrompere nel breve periodo il circolo vizioso di insonnia- stanchezza/irritabilità/calo dell’umore diurno-insonnia, in cui incorre tipicamente il paziente insonne. Viceversa, a medio e lungo termine è senz’altro auspicabile l’intervento CBT-I atto a risolvere i fattori di mantenimento dell’insonnia, che consente al paziente di gestire al meglio il proprio sonno nel tempo e di prevenire eventuali ricadute del disturbo di insonnia».
Terapia cognitivo-comportamentale: una risposta efficace all’insonnia
«La CBT-I (Cognitive Behavioral Therapy for Insomnia) è una terapia psicologica breve (massimo 3 mesi) focalizzata sul sonno e integrabile con interventi farmacologici o psicoterapici – ci spiega Devoto. Somministrabile individualmente o in piccoli gruppi, utilizza strumenti come colloqui clinici e questionari specifici, come i diari del sonno, per valutare e personalizzare il trattamento.
L’obiettivo della Cognitive Behavioral Therapy for Insomnia (CBT-I) è far “riapprendere” al paziente come dormire meglio
A differenza di altre psicoterapie, l’obiettivo della CBT-I è far “riapprendere” al paziente come dormire meglio, affrontando sia aspetti comportamentali (orari ottimali, strategie per l’addormentamento e il ri-addormentamento dai risvegli notturni), sia cognitivi (credenze disfunzionali, preoccupazioni ed emozioni negative legate all’insonnia).
Si avvale di tecniche specifiche per modificare abitudini e cognizioni disfunzionali sul sonno che contribuiscono a mantenere nel tempo l’insonnia, cronicizzandola. Agendo su questi fattori, si gestisce la risoluzione del disturbo. Non a caso, è considerata dalle linee guida attuali il trattamento di prima linea per la cura dell’insonnia».