RSV, tra gli obiettivi della prossima campagna l’immunizzazione dei nati fuori stagione

Adottare una strategia comune su tutto il territorio nazionale e partire in modo tempestivo, assicurando le coperture a tutti i nuovi nati. Sono questi gli obiettivi per la prossima campagna di immunizzazione contro il virus sinciziale

«La prima campagna campagna di immunizzazione contro il virus respiratorio sinciziale (RSV) ha avuto dei risultati straordinari». Parola di Chiara Azzari, Ordinario di Pediatria all’Università di Firenze e Direttore della Clinica Pediatrica dell’Ospedale Meyer. La Toscana è stata una regione particolamente virtuosa, che – oltre ad aver raggiunto una copertura di circa il 90% – ha immunizzato anche i cosiddetti out of season, cioé i bambini nati tra aprile e ottobre. «Abbiamo visto che i due terzi dei piccoli ospedalizzati sono nati fuori stagione – ha spiegato Azzari durante l’RSV National Immunization Summit che si è tenuto a Padova il 7 maggio scorso -. Non è strano perché i nati tra aprile e ottobre hanno l’opportunità di ammalarsi per l’intera stagione novembre-marzo. Se non fossimo intervenuti con la somministrazione dell’anticorpo monoclonale, ci saremmo persi una riduzione del 63% delle ospedalizzazioni».

Il coinvolgimento dei nati fuori stagione non è stato possibile in tutte le Regioni, per carenze organizzative o nel reperimento delle dosi. Desirée Caselli, Direttore dell’UOC Malattie Infettive dell’Ospedale Giovanni XXIII di Bari, l’ha evidenziato come uno degli ostacoli da superare l’anno prossimo: «Purtroppo in questo senso abbiamo avuto delle difficoltà, ci auguriamo di riuscire a fare meglio durante la prossima campagna».

L’impatto su famiglie e SSN

Il virus repiratorio sinciziale è responsabile delle bronchioliti, un problema molto serio, soprattutto nei neonati con meno di 2 mesi di vita. «Le ospedalizzazioni, tuttavia, sono solo la punta dell’iceberg: per ogni bambino che viene ricoverato ce ne sono 100 che insistono sul territorio – ha affermato Caterina Rizzo, Ordinario di Igiene all’Università di Pisa -. Grazie a un consorzio europeo, abbiamo raccolto dati da Olanda, Spagna, Italia, Regno Unito e Belgio a partire dalla stagione 2020-21 per arrivare alla 2023-24, indagando i casi di infezione respiratoria acuta grazie a un network di pediatri di libera scelta che hanno sottoposto i bambini a tampone e raccolto i dati dei sintomi facendo un follow-up a 14 e 30 giorni. Da qui sono emerse una serie di informazioni utili per il carico clinico ed epidemiologico della malattia».

Per ogni bambino che viene ricoverato ce ne sono 100 che insistono sul territorio

In tutte le stagioni analizzate, almeno un terzo delle bronchioliti era dovuto a RSV. La durata media della malattia era di 15 giorni, con un 16% di bambini ancora sintomatico dopo 30 giorni, con i relativi costi indiretti associati all’assenteismo dal lavoro per i genitori. «Inoltre, in Italia abbiamo registrato un numero maggiore di medicinali prescritti (antibiotici, broncodilatatori, corticosteroidi) rispetto agli altri Paesi – ha ricordato Rizzo -. Questo significa che RSV costa anche in termini di prescrizioni».

Andrea Marcellusi, ricercatore all’Università degli Studi di Milano, ha presentato l’impatto farmaco-economico dell’anticorpo monoclonale utilizzato per la campagna di immunizzazione. «Abbiamo pubblicato uno studio a partire dalla definizione della situazione in Italia – ha spiegato -: ogni anno c’erano oltre 230.000 eventi sanitari correlati con RSV, per un costo complessivo di oltre 64 milioni di euro. Un investimento importante: con questa cifra si potrebbero acquistare 20 milioni di dosi di vaccino contro l’influenza».

I ricercatori hanno calcolato gli effetti dell’immunizzazione stimando una copertura del 60%: la riduzione sarebbe stata pari al 46%, con un risparmio di 28 milioni di euro a livello nazionale. «Non conoscendo il costo del farmaco, non abbiamo potuto inserirlo. In un altro lavoro recente abbiamo realizzato un’analisi di scenario per capire a quale soglia saremmo stati costo-efficaci, trovando che abbiamo addirittura risparmiato risorse».

Stimando una copertura del 60%, il risparmio è di 28 milioni di euro a livello nazionale

La variabile che impatta di più nel modello è la copertura, che nella stima è molto conservativa. «A elevate coperture i vantaggi economici sono ancora maggiori. Auspico una programmazione regionale che usi questi modelli anche dopo aver compiuto una scelta, inserendo i dati di real world. Le analisi economiche vanno usate a supporto delle decisioni cliniche: per prenderle, ma anche per validarle».

Come si sono comportate le Regioni

I sistemi regionali si sono mossi in modo disomogeneo, in parte a causa di una certa confusione iniziale da parte del Ministero, in parte per carenze organizzative e difficoltà a reperire le dosi necessarie.

In questi mesi le società scientifiche di pediatri e neonatologi hanno fatto fronte comune per promuovere l’immunizzazione e l’inserimento dell’anticorpo monoclonale nel Calendario per la Vita.

«La Società Italiana di Pediatria ha promosso, con la Società Italiana di Neonatologia, un’indagine per valutare le azioni messe in campo dalle Regioni – ha ricordato Rino Agostiniani, Presidente SIP -. Confrontare l’andamento della stagione epidemica con le diverse strategie di comportamento è un presupposto fondamentale per la programmazione». L’intenzione è offrire alle istituzioni uno strumento solido per valutare come affrontare la prossima stagione. Tra gli elementi più importanti, definire in modo tempestivo le strategie e includere nell’immunizzazione i nati fuori stagione.

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Michela Perrone
Giornalista pubblicista