Sanità e ambiente: la sostenibilità entra nei processi decisionali

Come integrare criteri ambientali, sociali ed economici nelle decisioni d’acquisto e nei processi HTA? Da un evento organizzato da Bocconi Alumni Community: sfide, esempi concreti e prospettive future per un procurement più responsabile

Da lungo tempo i player della filiera della salute hanno inserito la parola “sostenibilità” nella propria mission aziendale. E da altrettanto tempo che media e payer cercano di districarsi tra ciò che è greenwashing e le iniziative che puntano veramente a rendere sostenibile uno dei settori a maggior impatto ambientale. Ebbene, pare che il concetto di sostenibilità e le sue reali applicazioni stiano entrando a buon diritto anche nelle stanze dei payer. Che cercano di fare leva sulla sostenibilità delle tecnologie sanitarie per innescare un processo virtuoso, di stimolo per tutta la filiera a considerare la sostenibilità ambientale un valore di prodotto. E tutto può partire dalla possibilità di inserire la sostenibilità nei processi decisionali di acquisto di farmaci, dispositivi medici e tecnologie digitali.

Il settore sanitario è il maggiore emettitore di CO2 nell’ambito dei servizi

Ma a che punto siamo e dove siamo diretti? È questa la domanda a cui ha provato a dare una risposta l’evento “Settore sanitario e sostenibilità ambientale”, organizzato e moderato da Luisa Lentini (Topic Leader Healthcare, Bocconi Alumni Community) in collaborazione con Giulio Magni (Topic Leader Sustainability) presso la Bocconi Alumni Clubhouse, nuova sede SDA Bocconi di Milano. In questo salotto milanese l’argomento è stato affrontato coinvolgendo attori protagonisti del panorama sanitario: accademia, industria (pharma e medical devices) e istituzioni.

Sanità e ambiente: un legame indissolubile

Nel corso dell’incontro è emersa chiaramente una verità: il legame tra ambiente e salute è indissolubile e bidirezionale. Da un lato, l’ambiente impatta sulla salute umana – basti pensare all’aumento delle patologie respiratorie come asma o BPCO (broncopneumopatia cronica ostruttiva) strettamente correlate all’inquinamento e ai decessi legati alle ondate di calore. Dall’altro, è il settore sanitario stesso a generare un impatto ambientale non trascurabile: «Si stima che sia responsabile del 4% delle emissioni globali di CO₂, risultando il maggiore emettitore nell’ambito dei servizi», ha messo in evidenza Vittoria Ardito, Lecturer Health Policy del CERGAS – SDA Bocconi.

L’HTA tra evidenze hard e impatto ambientale

È stata proprio l’anidride carbonica una delle protagoniste più citate dell’incontro presso l’ateneo milanese. Giacché, come ha specificato Ardito, l’emissione di CO₂ è l’impatto ambientale più facilmente misurabile per quanto riguarda il settore sanitario e può essere valutata attraverso il Life Cycle Assessment (LCA) analizzando tutte le emissioni lungo la filiera del prodotto sanitario, dalla produzione alla distribuzione.

Come valorizzare nell’HTA anche evidenze “soft”, accanto a efficacia clinica e impatto economico?

Il problema, che rimane un interrogativo senza risposta presso gli addetti ai lavori, è come riuscire a integrare in modo sistemico l’impatto ambientale delle tecnologie sanitarie nei framework di HTA. In altri termini, come poter valorizzare all’interno delle matrici costo-efficacia dell’HTA, che storicamente si basano su evidenze “hard” – efficacia clinica e impatto economico, – anche evidenze “soft” come l’impatto organizzativo e sociale, o la maggiore-minore produzione diretta-indiretta di anidride carbonica?

Il procurement come leva per la transizione

Se è vero, a detta degli esperti, che la questione ambientale fatica ancora a trovare una collocazione strutturata nei processi di HTA e che manca ancora un’integrazione sistematica dell’ambiente, il terreno su cui si stanno compiendo passi più concreti è quello del public procurement. Come ha affermato Ludovica Mager, Researcher in Public Management del CERGAS – SDA Bocconi «Il 70% delle emissioni legate alla sanità deriva dall’intera filiera – produzione, distribuzione, utilizzo e smaltimento – e il Green Deal europeo ha già indicato il procurement come leva strategica per favorire la transizione ecologica del settore».

Il terreno su cui si stanno compiendo passi più concreti è quello del public procurement

Del resto in Italia, il Codice degli Appalti del 2016 ha introdotto l’obbligo di inserimento dei criteri ambientali minimi (CAM) nelle gare pubbliche. Cionondimeno, come emerso durante l’evento, serve un cambio di passo. Che contempli tre pilastri: una leadership ambientale da parte delle stazioni appaltanti e delle aziende fornitrici del Servizio Sanitario Nazionale, un aumento delle competenze tecniche nei team di acquisto e strumenti di monitoraggio dei risultati per valutare l’efficacia delle politiche di sostenibilità adottate.

ARIA: ascoltare il mercato per gare più sostenibili

Un esempio concreto di stimolo della filiera della salute a considerare la sostenibilità come leva di valore del prodotto è stato illustrato da Elisa D’Autilia, responsabile della struttura Dispositivi e Tecnologie medicali nella direzione Centrale Acquisti di ARIA Lombardia, che ha avviato un’interlocuzione con il mercato per comprendere che cosa sia realisticamente richiedibile in termini di sostenibilità. «Non possiamo calare dall’alto requisiti che oggi il mercato non è pronto a soddisfare», ha spiegato D’Autilia.

I requisiti di sostenibilità devono essere verificabili e non penalizzare soluzioni clinicamente valide

Peraltro, ARIA ha già esplorato l’ipotesi di indicare come sostenibilità quella relativa al packaging dei medical device, come l’uso di imballaggi riciclabili (a esclusione di quello primario e secondario che sono funzionali al dispositivo medico stesso) o consegne con veicoli a basso impatto ambientale. Tuttavia, ha evidenziato la referente di ARIA, in generale «è fondamentale che i requisiti di sostenibilità siano verificabili e che non penalizzino le soluzioni clinicamente più valide, ma ancora in ritardo sotto il profilo ambientale».

Le aziende si stanno muovendo? L’indagine di ARIA

Sempre in tema di allineamento tra domanda di sostenibilità delle centrali di acquisto e capacità di risposta da parte del mercato, ARIA, insieme ad Assolombarda e Farmindustria, a giugno-luglio 2025 ha condotto un’indagine sulla sostenibilità delle aziende operanti in sanità, a cui hanno partecipato 89 realtà del settore farmaceutico, dei dispositivi medici e dei servizi. L’output generale ha rivelato un buon livello di consapevolezza e conoscenza degli strumenti di sostenibilità, dalle certificazioni ambientali e sociali, al controllo della supply chain, fino alla gestione degli imballaggi.

Su 89 aziende partecipanti al questionario, 78 dichiarano di operare secondo principi di sostenibilità ambientale e/o sociale e il 79% di esse promuove la sostenibilità ambientale, mentre il 73% è impegnato anche su quella sociale.

Certificazioni e filiere sostenibili: luci e ombre

Alcuni relatori all’evento in Università Bocconi

Sempre secondo l’indagine di ARIA, circa un player su due possiede la certificazione ISO 14001, ma meno di 1 su 10 ha etichette ambientali di prodotto (ISO 14024 o 14025), ponendo così l’attenzione sulle aree prioritarie di intervento, che sono: gestione dei rifiuti, controllo della filiera, imballaggi.

Va un po’ meglio per quanto riguarda la policy ambientale sulla supply chain spesso pubblica e condivisa con fornitori anche indiretti, che è fatta propria dal 58% degli operatori.

Pare poi di più facile approccio l’adesione alla nuova direttiva europea CSDDD 2024/1760 sulla responsabilità ambientale e sociale d’impresa, rispetto alla quale il 73% delle aziende sta già adottando misure specifiche.

Interessante anche il dato sugli imballaggi: il 65% delle aziende utilizza materiali riciclati o riciclabili, anche se solo il 20% lo fa per oltre la metà dei propri imballaggi.

Molto più positivo e fattivo invece l’impegno delle aziende in ambito sociale. In questo senso le priorità delle aziende includono: pari opportunità di genere (80%), diritti umani e lavoro dignitoso (75%), inclusione generazionale (61%). A ciò si aggiunge il fatto che il 67% ha una policy di sostenibilità sociale nella catena di fornitura, anche se solo il 54% la condivide con i fornitori diretti, e appena un terzo la estende oltre il primo anello.

Molto da lavorare resta infine in tema di monitoraggio: solo il 57% delle aziende ha procedure per verificare il rispetto della sostenibilità lungo la supply chain, e il 51% per gestire eventuali violazioni.

Appalti pubblici: le proposte delle aziende per premiare chi è sostenibile

Detto quindi che lato committenza la sostenibilità potrebbe diventare un vero e proprio elemento distintivo delle procedure di procurement in ambito sanitario, come la vedono le aziende fornitrici? Un interessante spunto di riflessione è arrivato da Francesco Scarpa, Health Economics & Market Access Manager di Johnson & Johnson, che ha sottolineato come «la vera sfida non sia solo sviluppare nuovi prodotti sostenibili, ma dimostrare la sostenibilità dei processi già in atto»; ad esempio, riuscire a tradurre gli outcome clinici in CO₂ risparmiata. «Basti pensare al risparmio di emissioni ottenuto grazie all’utilizzo di suture che riducono le infezioni post-operatorie in situ e, quindi, all’evitato ritorno del paziente in ospedale, all’evitato ricovero e all’evitato ricorso a farmaci per risolvere l’infezione».

Gli operatori chiedono premialità nei bandi per le certificazioni ambientali/sociali, l’economia circolare e la gestione di imballaggi/rifiuti

Più in generale le proposte delle aziende vanno nella direzione che la sostenibilità conti davvero nei punteggi di gara. Più in particolare, che ci sia premialità nei bandi attraverso la valorizzazione delle certificazioni ambientali/sociali (es. ISO 14001, SA8000), delle pratiche di economia circolare, della riduzione di emissioni di CO₂, dell’uso di imballaggi sostenibili, della gestione dei rifiuti, dell’inclusione e della parità. E ancora si richiede maggiore trasparenza, dando evidenze concrete dei risultati Environmental, Social, and Governance (ESG), come rendicontazione ambientale e bilanci sociali.

Il futuro: sostenibilità come requisito d’accesso alle gare di appalto?

La direzione pare ormai tracciata: la sostenibilità non è più discutibile e diventerà un elemento sempre più permeante il settore sanitario sia a livello produttivo sia in fase d’acquisto. Ma in quale modo e in quali tempi ci sarà un vero e proprio ingresso della sostenibilità nel procurement sanitario?

L’obiettivo è creare un modello di procurement sostenibile, equilibrando aspetti clinici, ambientali ed economici

Ha chiosato pragmaticamente la referente di ARIA: «Realisticamente potremmo ragionare sul fatto che entro cinque anni si arrivi a inserire dei requisiti minimi di sostenibilità in tutte le gare, non solo come elemento premiale, ma come requisito di accesso. L’obiettivo a medio termine è la creazione di un modello di procurement realmente sostenibile, che metta sullo stesso piano esigenze cliniche, ambientali ed economiche».

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Carlo M. Buonamico
Giornalista professionista esperto di sanità, salute e sostenibilità