“Io sto bene, io sto male. Io non so cosa fare” cantavano i CCCP qualche decennio fa. Potremmo vivere la stessa incertezza di fronte al nostro rapporto con i farmaci. Ci fanno guarire dai mali, ma usati troppo o in modo non corretto ci fanno anche ammalare e morire. Ma di quali farmaci abbiamo davvero bisogno? Di quelli che il marketing dei colossi pharma ci propone ogni giorno o di quelli che ci prescrive il nostro medico in scienza e coscienza? Poi ci sono i medicinali che dovremmo prendere anche se non stiamo male. Sono una delle grandi trovate dell’umanità, salvano ogni anno milioni di vite e si chiamano vaccini. Ma mentre il “disease-mongering”, o mercificazione delle malattie, gioca in modo suadente su paure e malanni fino ad ora sconosciuti, c’è chi continua a giocare sulla paura dei vaccini facendone calare l’utilizzo anche su patologie pericolose, e molto note, che avevamo archiviato e che si stanno riaffacciando minacciose. Ma andiamo con ordine.
Un problema globale
L’OMS afferma che circa 1 paziente su 10 subisce danni durante le cure mediche, con oltre 3 milioni di decessi annui attribuibili a cure non sicure. La situazione è particolarmente critica nei Paesi a basso e medio reddito, dove fino a 4 persone su 100 perdono la vita a causa di problemi relativi alle terapie. Oltre il 50% di questi danni (che colpiscono 1 paziente su 20) sono prevenibili. La metà di questi danni evitabili è attribuita ai farmaci, evidenziando come gli effetti avversi dei medicinali rimangano una preoccupazione primaria. Il fenomeno non si limita agli ospedali. Stime suggeriscono che fino a 4 pazienti su 10 subiscono danni in contesti di cure primarie e ambulatoriali, con una percentuale allarmante di casi evitabili che raggiunge l’80%.
L’aspetto economico
Il danno ai pazienti non ha solo un costo umano, ma anche un impatto economico significativo. Sempre l’OMS riporta che questo fenomeno riduca potenzialmente la crescita economica globale dello 0,7% all’anno. Su scala globale, il costo indiretto del danno ammonterebbe a trilioni di dollari.
Uno spettro chiamato AMR
Per quanto riguarda i farmaci, a complicare lo scenario, c’è il tema dell’antibiotico resistenza. Scrive AIFA: «Con 11mila morti l’anno causati da infezioni batteriche resistenti agli antibiotici l’Italia è maglia nera in Europa. Un problema di un uso non solo eccessivo, ma anche inadeguato degli antibiotici, riduce il numero di quelli veramente efficaci, aumentando quindi il circolo vizioso delle difficoltà di trattamento. Il problema va quindi affrontato in modo multidisciplinare e multi-strategico». A questo si unisce il non corretto smaltimento di antibiotici e altri medicinali con pesanti conseguenze One Health su ambiente e animali.
Gli anziani e la polifarmacoterapia
In un Paese sempre più dai capelli bianchi si affaccia un’ulteriore angoscia: «Se la presenza di due o più patologie caratterizza già il 75% dei sessantacinquenni – spiegano ancora dall’Agenzia italiana del farmaco – tale condizione sembra colpire gli ultraottantenni nella loro quasi totalità. La diretta conseguenza di tale fenomeno è l’utilizzo di un elevato numero di medicinali per trattare queste patologie. Dai dati del Rapporto AIFA sull’uso dei farmaci negli anziani, risulta che nel corso del 2019 la quasi totalità della popolazione ultrasessantacinquenne ha ricevuto almeno una prescrizione farmaceutica (98%), con lievi differenze tra aree geografiche, con consumi giornalieri pari a tre dosi per ciascun cittadino. In questo scenario, la polifarmacoterapia, definita come l’utilizzo contemporaneo di più medicinali (in letteratura si considera l’esposizione a 5 o più farmaci contemporaneamente), è un problema di salute pubblica, perché, come noto, è associata a una riduzione dell’aderenza terapeutica, nonché a un aumento del rischio di interazioni tra molecole».
La cura della comunicazione
Le strategie a livello mondiale, europeo e italiano per affrontare questi fenomeni sono diverse ed eterogenee. Tra queste l’AIFA, nel suo nuovo corso, ha da poco lanciato un’iniziativa corposa dedicata alla comunicazione chiamata “COSIsiFA”, un network AIFA-Regioni-Istituzioni sanitarie per l’informazione indipendente sui farmaci e un sito web: infarmaco.it.
L’aumento dei ricoveri causati da farmaci
«I ricoveri ospedalieri dovuti all’utilizzo di farmaci sono, in letteratura, storicamente tra il 4% e il 5%, ma i dati sono in rapida crescita e ora si arriva anche al 9% – spiega a TrendSanità Ugo Moretti, professore di Farmacologia dell’Università di Verona e coordinatore scientifico del progetto “COSIsiFA” –. È una tendenza facilmente spiegabile con l’aumento dell’utilizzo dei farmaci e con l’invecchiamento della popolazione. Ma per gli effetti avversi non parliamo di terapie particolari o insolite. Tutti i medicinali hanno questa conseguenza anche quelli più banali come l’aspirina o i fans, farmaci antinfiammatori non steroidei, ad esempio, hanno come effetto avverso quello dell’emorragia gastrointestinale. Ma noi dobbiamo valutare anche quante vite sono state salvate o sono migliorate grazie a quei ritrovati: ovviamente molte di più rispetto a quelle che hanno avuto conseguenze negative, magari reversibili. Vanno sempre combinati con attenzione rischi e benefici, considerando che i rischi aumentano con l’età perché non è la stessa cosa prendere un farmaco a 50 anni o a 90 anni».
La confusione tra farmaci, integratori e dispositivi
«Dobbiamo lavorare sulla comunicazione per i cittadini e per i professionisti sanitari, sulla conoscenza e sulla formazione relativa alle interazioni tra farmaci e sul deprescribing, cioè smettere di prendere un medicinale quando non serve. Per i pazienti è importante capire che, se si segue una terapia, ogni farmaco in più, anche il più elementare, anche quello da banco, può interagire con gli altri ed è perciò molto importante consultare il medico che ci ha prescritto la terapia. Poi c’è la grande confusione che spesso si vive, ed è alimentata dalla pubblicità e dal marketing delle aziende, tra medicinali autorizzati, integratori e dispositivi medici» scandisce ancora Moretti.
Troppi farmaci e pochi vaccini…
Tra i dati e le considerazioni che insistono sul consapevole utilizzo dei farmaci manca forse una riflessione sull’importanza dei vaccini e su coperture che vedono l’Italia perdere ogni anno posizioni a livello internazionale: sul covid-19, sull’influenza e, persino, su morbillo e pertosse. «Dobbiamo lavorare soprattutto sulla comunicazione dei vaccini pediatrici – ammette a TrendSanità Anna Rosa Marra, responsabile dell’Area Vigilanza Post-Marketing dell’AIFA e promotrice dell’iniziativa – e siamo preoccupati per l’aumento di quelle patologie. Ma su questo tema il lavoro che va fatto è quello della formazione dei professionisti sanitari e dei pediatri. Ai cittadini in molti casi non basta riferire l’informazione, ma va stimolata la sensibilizzazione su quello che i vaccini possono rappresentare non solo per la salute individuale, o dei propri cari, ma anche per quella della collettività».