L’impegno di Active Citizenship Network, la divisione europea di Cittadinanza Attiva, per diffondere in maniera capillare la cultura della vaccinazione passa da azioni molto concrete. Non è un caso che la campagna 2023, arrivata ormai alla sua terza edizione, si chiami “VaccinAction” e si traduca in un tentativo pratico di contribuire al miglioramento dei tassi di immunizzazione, in linea con le priorità sanitarie delineate dal programma EU4Health della Commissione Europea, tramite una comunicazione gratuita e inclusiva.
In UE permane una grande disparità nel numero di vaccini offerti con fondi pubblici ai cittadini, da 8 a 17 a seconda del Paese
In questi tre anni l’associazione è riuscita a mettere in contatto un numero sempre maggiore di persone con le organizzazioni della società civile che si occupano di spiegare l’importanza di vaccinarsi per sé e per il prossimo, fornendo momenti di formazioni gratuiti di qualità. Incontri con medici e ricercatori, webinar e campagne informative hanno offerto ai leader e ai membri di queste associazioni l’occasione di rimanere aggiornati sul tema, quest’anno incentrato in particolar modo sull’importanza della vaccinazione della popolazione adulta.
Nel seminario “Healthy living, healthy ageing: the burden of VPDs in the European adult population – what if we do nothing?” sono intervenute la pediatra Barbara Rath e l’antropologa medica Ruth Kutalek, rappresentanti della Vaccine Safety Initiative, un think-tank scientifico internazionale che si impegna nella ricerca no-profit e che ha la missione di promuovere la ricerca e la comunicazione scientifica sulle malattie infettive e sulla sicurezza dei vaccini.
L’importanza della vaccinazione nella popolazione adulta
Nel webinar di Active Citizenship guidato dalle esperte di Vaccine Safety Initiative è emersa con forza la necessità di dare priorità alla vaccinazione degli adulti al pari di quella pediatrica nella definizione delle politiche vaccinali.
L’attuazione di piani nazionali di immunizzazione rispetto alle principali malattie infettive come meningite, difterite, herpes zoster, pneumococco, influenza, pertosse, così come di tutte le altre malattie prevenibili con il vaccino, possono infatti evitare gravi complicazioni per la salute in qualsiasi fascia d’età.
L’immunizzazione di routine per tutta la vita potrebbe salvaguardare la popolazione da un totale di 20 malattie infettive potenzialmente letali, come tubercolosi e meningite
La pandemia ha sottolineato l’importanza dei vaccini come pilastro fondamentale di un sistema sanitario moderno all’interno dell’UE e mostrando concretamente alla popolazione come le vaccinazioni siano efficaci in tutte le fasi della vita, fornendo protezione non solo ai singoli individui, ma anche alle famiglie, alle comunità e al sistema sanitario nel suo complesso. Per questo l’implementazione dell’immunizzazione di routine per tutta la vita potrebbe salvaguardare la popolazione da un totale di 20 malattie infettive potenzialmente letali, fra cui le più pericolose restano la tubercolosi e la meningite.
Ad oggi però esiste una sostanziale disparità fra il numero di vaccini finanziati con fondi pubblici offerti ai cittadini europei: l’offerta varia dagli 8 ai 17 vaccini a seconda del Paese e questo dato chiaramente è un ostacolo alla diffusione della cultura della vaccinazione fra la popolazione.
Richiami e fiducia in calo
Passata la pandemia e gli obblighi che hanno spinto buona parte dei cittadini europei, anche quelli più scettici e timorosi, a vaccinarsi (nel 2022 circa l’84% della popolazione adulta dell’UE concordava sul fatto che i vaccini sono importanti, sicuri ed efficaci), nella maggior parte dei Paesi i tassi di adozione del richiamo COVID-19 restano ben al di sotto dei livelli di vaccinazione primaria e degli obiettivi fissati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che punta al 70% della popolazione.
Per gli adulti più anziani garantire che i tassi di copertura della COVID-19 raggiungano i livelli prescritti dall’OMS è fondamentale per evitare l’esclusione sociale e una maggior fragilità. Con l’invecchiamento della popolazione dell’Unione Europea, cresce anche l’esigenza di dare priorità alla vaccinazione degli adulti e non più solo a quella dei bambini.
Con l’invecchiamento della popolazione, cresce l’esigenza di dare priorità alla vaccinazione degli adulti e non più solo a quella dei bambini
Un caso emblematico è quello dell’epidemia di tetano, tornato in Europa per l’abbassamento dell’immunità. Nel 2018 sono stati segnalati 92 casi di tetano nell’UE, di cui 48 confermati. Gli adulti di 65 anni e oltre sono stati la fascia d’età più colpita (75%) e le donne hanno rappresentato la maggior parte dei casi (68,5%). L’accaduto può essere spiegato da una minore copertura vaccinale o dal declino dell’immunità nelle popolazioni più anziane, sia fra i pazienti che fra gli operatori sanitari.
“È importante distinguere fra esitazione vaccinale e rifiuto – ha sottolineato la dottoressa Ruth Kutalek, antropologa medica e professore associato presso il Dipartimento di Medicina sociale e preventiva dell’Università di Vienna -. L’esitazione vaccinale si riferisce al ritardo nell’accettazione o al rifiuto dei vaccini nonostante la disponibilità dei servizi di vaccinazione. Si tratta di un fenomeno complesso che varia specificatamente rispetto al contesto, al tempo, al luogo e al tipo di vaccino proposto”.
L’accettazione della vaccinazione è un comportamento risultante da un complesso processo decisionale che può essere influenzato da un’ampia gamma di fattori
Allo stesso modo, l’accettazione della vaccinazione è un comportamento risultante da un complesso processo decisionale che può essere influenzato da un’ampia gamma di fattori. Fra questi i più importanti sono la comunicazione, il comportamento degli opinion leader, il comportamento degli operatori sanitari e i fattori politici (come l’obbligatorietà). In Italia la percentuale di persone che rifiuta la vaccinazione è molto bassa e si attesta all’8%. In Francia invece il tasso di rifiuto è molto alto, pari al 33%.
“L’accesso equo ai vaccini è fra i campi di studio di cui mi sono occupata e quello che mi sta più a cuore”, ha detto Barbara Rath, pediatra specializzata in malattie infettive e direttore di ricerca presso l’Università di Bourgogne-Franche-Comté oltre che cofondatrice e presidente del think tank Vaccine Safety Initiative.
I fattori che concorrono all’equità vaccinale sono:
- Lo sviluppo socioeconomico di un Paese
- L’accessibilità dei costi di produzione del vaccino
- La capacità di produzione e di redistribuzione
- Il dislocamento delle risorse dedicate alla campagna vaccinale
- La capacità di comunicarne l’efficacia
Scienze sociali e vaccinazioni
“C’è una procedura medica più fraintesa o caricata di ansia e paura della vaccinazione?”, ha sottolineato ancora la dottoressa Kutalek, citando uno studio di Lancet e proseguendo poi la sua presentazione sulle implicazioni sociali e psicologiche del rifiuto dei vaccini nella popolazione. Per capire come le persone si orientano in questa scelta i ricercatori di Vaccine Safety Initiative usano metodi qualitativi, come interviste ad adulti (ad esempio, genitori).
Le ricerche condotte hanno portato ad alcune conclusione che è bene tenere a mente se si vuole diffondere efficacemente la cultura della vaccinazione:
- Gli operatori sanitari sono la risorsa più importante e fidata di informazioni sulle vaccinazioni
- Ogni società deve fare una ricerca specifica e attinente al proprio territorio per comprendere cosa determina a livello locale l’esitazione o il rifiuto al vaccino: non esistono modelli funzionanti per tutti
- Una comunicazione adeguata è essenziale: i pazienti spesso vogliono solo essere più informati e ottenere informazioni più dettagliate e non propagandistiche. Il paziente va reso “edotto”, non “sedotto” con una comunicazione basata sull’emotività
- Serve divulgare maggiormente le informazioni relative al rischio e sull’impatto delle malattie infettive sul sistema immunitario
- Bisogna tenere a mente che il richiamo all’immunità di gregge ha dato pochi risultati e non ha funzionato
- Migliorare la formazione medica, anche dal punto di vista comunicativo: preparare gli operatori sanitari a spiegare e comprendere meglio i rischi ma anche a rispondere alle “narrazioni”, soprattutto nei confronti dei genitori che devono vaccinare i propri bambini.
In sintesi, l’impegno non è solo nelle mani dei governi, delle istituzioni europee o del servizio sanitario e dei suoi operatori, ma deve passare anche dalle azioni dei singoli cittadini e delle organizzazioni civiche, dalla divulgazione e del ruolo fondamentale della buona informazione.