Si calcola che l’antimicrobico resistenza uccida ogni anno 33.000 persone nei Paesi dell’Unione europea. Il costo stimato per l’Ue è di 1,5 miliardi di euro all’anno tra costi sanitari e perdite di produttività.
Si ritiene che il costo dell’inazione potrebbe comportare, nei prossimi decenni, 10 milioni di morti all’anno a livello globale e una perdita cumulativa di oltre 88.000 miliardi di euro per l’economia mondiale entro il 2050.
“Sebbene la crisi sanitaria globale di Covid-19 non sia finita, dobbiamo restare in guardia e al tempo stesso agire contro la prossima e probabilmente più grave minaccia: la resistenza antimicrobica. Spesso presentata come “pandemia silenziosa”, sappiamo già che continuerà a porre sfide significative negli anni e persino nei decenni a venire”, commenta Sandra Gallina, direttrice generale della direzione Salute e Sicurezza alimentare della Commissione europea.
La capacità dei microrganismi di resistere ai trattamenti antimicrobici e in particolare agli antibiotici, è dovuta in parte dalla sovraprescrizione di questi ultimi.
“L’impatto della resistenza antimicrobica è molto concreto – ricorda Gallina –: riduce la capacità di prevenire e trattare le malattie infettive, determinando un impatto clinico crescente. Di conseguenza, compromette la capacità di eseguire interventi di chirurgia generale, di trattare pazienti immunocompromessi e minaccia chi si sottopone a trapianto d’organo. Inoltre, è anche una minaccia significativa per il successo della terapia del cancro”.
La resistenza antimicrobica è un problema transfrontaliero dalle molteplici sfaccettature, la cui dimensione “One-Health” non può essere trattata solo da un Paese o da uno Stato membro. Da qui l’ambizione della Commissione europea di occuparsene non solo a livello europeo, ma su scala globale.
Cosa ci ha insegnato il Covid
Le cifre dell’antimicrobico resistenza (che saranno aggiornate nella seconda parte di quest’anno) dimostrano l’importanza di affrontare questa sfida in modo analogo a quanto fatto con il Covid: tutti insieme. “Affrontare da soli un problema sanitario di questa portata è infruttuoso – continua Gallina – Solo una risposta unitaria sarà sufficiente. In questo contesto, il regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio definisce la resistenza antimicrobica come una delle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero di origine biologica. La sua attuazione rafforzerà la nostra politica in materia di prevenzione, pianificazione della preparazione e della risposta, sorveglianza e monitoraggio epidemiologico e coordinamento della risposta, in particolare attraverso il Comitato per la sicurezza sanitaria”.
Per la direttrice generale, inoltre, l’imminente Strategia per la salute globale, insieme a un’Unione sanitaria europea forte, “ci garantiranno di essere attrezzati e pronti ad affrontare con fiducia le sfide sanitarie della resistenza antimicrobica, così come qualsiasi altra minaccia sanitaria futura”.
La pandemia da Sars-CoV2 ha messo in luce il fatto che i nostri sistemi sanitari non erano sufficientemente attrezzati o preparati – in alcuni casi addirittura sottofinanziati – per una crisi del genere: “Ha colpito in modo sproporzionato i soggetti più vulnerabili, evidenziando la persistente disuguaglianza nella prevenzione e nell’assistenza tra gli Stati membri, ma anche all’interno degli stessi, nonché tra i diversi gruppi di popolazione – ricorda Gallina – Si tratta di avvertimenti preziosi a cui dobbiamo prestare attenzione quando affronteremo la prossima crisi come la resistenza antimicrobica, per assicurarci di non lasciare indietro i più vulnerabili delle nostre società”.
Sia il Covid, sia più recentemente l’epidemia di vaiolo delle scimmie ci hanno ricordato in modo doloroso l’interdipendenza tra la salute umana, animale e vegetale e i loro ambienti comuni
Sia il Covid, sia più recentemente l’epidemia di vaiolo delle scimmie ci hanno ricordato in modo doloroso l’interdipendenza tra la salute umana, animale e vegetale e i loro ambienti comuni. L’uno non può essere diviso dall’altro, ma tutti si fondono l’uno con l’altro. “Ecco perché abbiamo bisogno di un approccio One Health, un approccio che stiamo mettendo in pratica per prevenire, prevedere, rilevare e rispondere alle minacce alla salute globale. Per questo motivo, nel settembre 2020, la presidente della Commissione Ursula Von der Leyen ha annunciato l’obiettivo di creare un’Unione Europea della Salute per affrontare le minacce alla salute e, così facendo, garantire il nostro futuro”.
Negli ultimi mesi sono anche stati ampliati i mandati dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA) e del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC). “Entrambe le agenzie svolgeranno un ruolo più incisivo nel sostenere l’Ue e i suoi Stati membri nella prevenzione e nel controllo delle minacce di malattie trasmissibili. Ad esse si aggiunge ora l’Autorità per la risposta e l’emergenza sanitaria (HERA), la cui unica missione è quella di prepararsi e affrontare le future emergenze sanitarie”.
Queste agenzie saranno ulteriormente rafforzate da un nuovo regolamento sulle minacce sanitarie transfrontaliere che, secondo l’esperta, migliorerà ulteriormente il quadro sanitario “per essere pronti e in grado di affrontare qualsiasi futura emergenza sanitaria. Misure come queste rafforzeranno l’imminente Strategia per la salute globale, che rafforzerà la nostra capacità di prepararci e rispondere alle principali minacce per la salute che riguardano tutti noi”.
Qual è la strategia europea
“Seguendo l’approccio olistico One Health, la Commissione sta affrontando l’uso degli antimicrobici sia nell’uomo che negli animali, tenendo conto anche dell’ambiente. Nell’ambito del progetto dell’Unione europea della salute, il 25 novembre 2020 la Commissione ha adottato una strategia farmaceutica che affronterà diverse sfide legate alla resistenza antimicrobica, tra cui la mancanza di investimenti negli antimicrobici e l’uso inappropriato degli antibiotici. La strategia comprenderà anche azioni per migliorare la consapevolezza degli operatori sanitari e dei cittadini europei sulla resistenza antimicrobica”.
Un altro passo importante riguarda l’uso dei farmaci veterinari. Il regolamento dell’Ue sui medicinali veterinari prevede un’ampia gamma di misure concrete per combattere la resistenza agli antimicrobici e promuovere un uso più prudente e responsabile degli antimicrobici negli animali.
“Siamo chiari: una normativa rigorosa sull’uso preventivo degli antimicrobici sarà fondamentale per ridurre il consumo di antimicrobici negli animali da allevamento, ad esempio – afferma Gallina –. Il regolamento, adottato nel 2019 e la cui attuazione è quasi completa, contribuisce in modo determinante al raggiungimento degli obiettivi della strategia Farm to Fork che mira a ridurre del 50% le vendite complessive di antimicrobici nell’Ue per gli animali da allevamento e l’acquacoltura entro il 2030”.
A livello europeo c’è la volontà di ottenere impegni vincolanti da parte degli Stati membri – e della comunità globale in generale – per ridurre l’uso di antibiotici
In una prospettiva più lunga, a livello europeo c’è la volontà di ottenere impegni vincolanti da parte degli Stati membri – e della comunità globale in generale – per ridurre l’uso di antibiotici. E proprio questo obiettivo sarà al centro di una raccomandazione che verrà adottata alla fine dell’anno.
“Un’altra causa dello sviluppo della resistenza antimicrobica è l’incapacità di sviluppare, produrre e distribuire nuovi antibiotici efficaci, che alimenta ulteriormente l’impatto della resistenza antimicrobica – ricorda Gallina –. Riteniamo che sia urgente sviluppare e proporre nuovi incentivi per l’industria. Questa dimensione sarà affrontata nella revisione della legislazione farmaceutica prevista per la fine dell’anno”.
Infine, ma non meno importante, la ricerca: nell’ambito di Horizon 2020, il programma di ricerca dell’Ue, sono stati mobilitati oltre 650 milioni di euro per la resistenza antimicrobica.
Verso un’Unione europea della salute
Tra il 2021 e il 2027, all’interno del programma EU4Health, è previsto uno stanziamento di 5,3 milioni di euro per migliorare e promuovere la salute nell’Ue, far fronte alle minacce transfrontaliere, migliorare medicinali, dispositivi medici e prodotti rilevanti in caso di crisi e potenziare i sistemi sanitari, la loro resilienza e l’uso efficiente delle risorse. “Non ci può essere investimento più utile di quello nella salute e, con questo budget il programma EU4Health rappresenta un sostegno finanziario dell’Unione senza precedenti nel settore della salute – afferma Gallina – EU4Health aiuterà inoltre gli Stati membri a rafforzare i loro sistemi sanitari, a investire nella formazione, a potenziare il personale sanitario e a portare avanti la trasformazione digitale.
EU4Health è un chiaro messaggio che la salute pubblica è una priorità per questa Commissione ed è uno dei principali strumenti per aprire la strada a un’Unione europea della salute
EU4Health è un chiaro messaggio che la salute pubblica è una priorità per questa Commissione ed è uno dei principali strumenti per aprire la strada a un’Unione europea della salute.
Ad esempio, a solo un anno dalla sua adozione, il Piano sul cancro sta già facendo progressi significativi grazie ai finanziamenti di EU4Health e Horizon Europe”.
L’altro grande obiettivo da raggiungere verso l’Unione europea della salute è la Strategia farmaceutica europea: l’adozione della revisione della legislazione farmaceutica è prevista per la fine di quest’anno. “Questa proposta è in fase di elaborazione da molto tempo, poiché si tratta di una questione complessa e la legislazione ha davvero bisogno di un aggiornamento – ammette Gallina – Ma la nostra ambizione è quella di garantire a tutti gli europei un accesso equo a farmaci e trattamenti economici, sicuri ed efficaci”.
Le sfide da affrontare sono notevoli e riguardano il rafforzamento della capacità di resistenza dell’Ue, la promozione di catene di approvvigionamento globali più forti e la diversificazione dell’offerta. “La nostra riforma della legislazione farmaceutica farà della sicurezza degli approvvigionamenti una priorità, introducendo obblighi più stringenti di fornitura, trasparenza e notifica anticipata delle carenze. Porremo inoltre l’accento sull’innovazione e affronteremo l’impatto ambientale dei farmaci”.
Lo Spazio europeo dei dati sanitari
Infine, lo Spazio europeo dei dati sanitari (EHDS): le stime dicono che non sarà operativo prima del 2026: “L’iniziativa getterà le basi per un accesso sicuro e affidabile ai dati, pienamente in linea con i valori fondamentali alla base della nostra Unione. Lo Spazio europeo dei dati sanitari cambierà le carte in tavola: gli operatori sanitari disporranno di tutte le informazioni necessarie per aiutare i loro pazienti e saranno in grado di prendere decisioni molto più informate e adeguate alle specifiche esigenze mediche. Inoltre, darà potere a noi come individui, fornendoci ulteriori diritti e tutele sui nostri dati sanitari”.
Con lo Spazio europeo dei dati sanitari, se ci ammaleremo all’estero, il nostro medico curante potrà accedere alla nostra cartella clinica nella propria lingua, consultare facilmente la data dell’ultima antitetanica o verificare che i vaccini dei nostri figli siano stati aggiornati prima del viaggio
Ad esempio, se ci ammaleremo all’estero, il nostro medico curante potrà accedere alla nostra cartella clinica nella sua lingua, consultare facilmente la data dell’ultima antitetanica o verificare che i vaccini dei nostri figli siano stati aggiornati prima del viaggio.
“Dobbiamo avere la certezza che i nostri dati sanitari personali siano trattati con la massima cura, con regole solide di protezione e sicurezza dei dati. Per questo motivo la Commissione ha introdotto criteri di sicurezza rigorosi per l’utilizzo e la condivisione dei sistemi di cartelle cliniche elettroniche”.
Lo Spazio europeo dei dati sanitari consentirà anche di risparmiare denaro: “Secondo le nostre stime, nei prossimi dieci anni nell’Unione europea si risparmieranno circa 5,5 miliardi di euro grazie a un migliore accesso e scambio di dati sanitari, con un ulteriore risparmio di 5,4 miliardi di euro nel prossimo decennio grazie a un migliore utilizzo dei dati sanitari per la ricerca, l’innovazione e la definizione delle politiche”.