Luci e ombre della condizione dei malati rari in Italia nel Rapporto MonitoRare di Uniamo

Il Rapporto “MonitoRare” di Uniamo fra passi avanti già compiuti e cosa resta da fare: un ambizioso Piano Nazionale Malattie Rare da 50 milioni basterà per superare la scarsa integrazione sociosanitaria e le disomogeneità fra Nord e Sud?

All’indomani della presentazione del Piano Nazionale delle malattie rare (PNMR) al Ministero della Salute, è arrivato il “IX Rapporto MonitoRare” sulla condizione delle persone con malattia rara in Italia di UNIAMO – Federazione Italiana Malattie Rare. Una due giorni dedicata al mondo delle malattie rare, in cui la Convention di UNIAMO, immediatamente successiva al lancio ufficiale del PNMR, è stata l’occasione per discuterne mettendo a confronto i numerosi attori in gioco, pubblici e privati, partendo dal punto di vista delle persone con malattia rara.

Sono stati più di 150 i partecipanti che si sono dati appuntamento nella capitale per l’evento organizzato dalla Federazione, inclusi numerosi rappresentanti delle Istituzioni nazionali ed europee e autorevoli esponenti della comunità scientifica. Dal 2015, UNIAMO – una realtà unica in Europa – raccoglie e aggrega tutti i dati disponibili per stilare un documento che offra una visione globale del sistema malattie rare, mettendo sempre al centro il paziente.

Il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, reduce dalla presentazione del PNMR del pomeriggio precedente, ha aperto la Convention di Uniamo così: “Con il Piano dotiamo le persone con malattia rara di uno strumento di approccio terapeutico, di presa in carico e di percorso assistenziale omogeneo su tutto il territorio nazionale. Il piano è stato pensato per semplificare i percorsi e snellire le parti più burocratiche; se mettiamo a terra quanto previsto, il peso sulla famiglia sarà sicuramente più lieve”.

Nei confronti delle persone con malattie rare c’è sempre stato un sentire comune, trasversale alle diverse forze politiche

Ha ribadito poi che nei confronti delle persone con malattie rare c’è sempre stato un sentire comune, trasversale alle diverse forze politiche. Fin dal suo ingresso in Parlamento si è sempre impegnato a seguire tutti i lavori relativi alle malattie rare e con orgoglio ha contributo all’approvazione del Testo Unico nel 2021, definito “uno straordinario esercizio di unitarietà della politica, che lo ha approvato all’unanimità. Ovviamente, l’accelerazione data ai lavori per l’approvazione del testo finale del Piano Nazionale Malattie Rare (PNMR) 2023-2026 testimonia l’attenzione che il Governo ha nei confronti delle persone con malattia rara e dei loro caregiver”.

Si è impegnato quindi per il G7 del prossimo anno, che si terrà in Puglia, a cercare di aprire un tavolo di confronto con gli altri Paesi proprio sulle malattie rare, per capire cosa fanno gli altri, quali sono le best practice.

In collegamento Alessandra Locatelli, ministro per le Disabilità, ha sottolineato l’importanza del ruolo delle famiglie, dell’uniformità delle cure e di come occorra mettere al centro la persona, perché “una società è più coesa quando anche le famiglie più fragili trovano il supporto necessario a esserlo un po’ meno. Perché una persona non si può identificare in una malattia e ha diritto non solo alla cura ma un percorso dignitoso”.

Anche Patrizia Toia del Parlamento europeo ha testimoniato la propria presenza in collegamento, in cui ha riportato quanto si sta facendo a livello europeo, soprattutto per colmare le differenze tra i diversi Paesi: occorre una legislazione per normare brevetti, dati, incentivi alla ricerca, nuove tecnologie da usare sul campo. Non basta la ricerca, i nuovi dispositivi di ausilio devono avere poi un mercato, essere disponibili. Per questo motivo, ha concluso “auspicando una maggiore collaborazione con l’Europa”. 

Ha preso quindi la parola Andrea Piccioli, Direttore generale dell’Istituto Superiore di Sanità, per evidenziare come il Rapporto MonitoRare mostri luci e ombre di un mondo così complesso come quello delle malattie rare. “L’istituto accoglie la sfida e lavora da tempo sul coordinamento degli screening neonatali, collaborando a stretto contatto con le Regioni, anche per implementare il database che raccoglie i dati su queste malattie”.

Cosa accade in Europa

La sfida è creare in Europa un ecosistema realmente integrato che abbia come obiettivi principali equità di accesso all’assistenza e riduzione della mortalità

Collegato a distanza Yann Le Cam, Chief Executive Officer Eurodis, ha evidenziato i grandi progressi avvenuti nell’Unione Europea dal 2008/2009. Tuttavia permangono importanti bisogni nei pazienti e profonde disuguaglianze in tutta Europa. Al 2020, 25 Paesi hanno adottato un Piano nazionale per le malattie rare ma ciò non equivale a politiche attive, bensì a strategie a lungo termine. “La sfida è creare in Europa un ecosistema realmente integrato che si ponga come obiettivi principali equità di accesso all’assistenza e riduzione della mortalità”, ha affermato.

Serve anche una Roadmap per definire strategie mirate all’assistenza sanitaria integrata, partnership con i pazienti, ricerca, trattamenti e diffusione dei dati. La proposta della Comunità Europea per il 2023 è goal based:

  • garantire una vita sana e promuovere benessere;
  • ridurre le disuguaglianze;
  • costruire infrastrutture, promuovere l’industria inclusiva e sostenibile e incoraggiare l’innovazione per il trattamento delle malattie rare.

In chiusura di intervento, le richieste del Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE): una comune azione europea basata su obiettivi concreti e misurabili, ottimizzazione dell’uso dei dati sanitari, accelerare le diagnosi, migliorare l’acceso ai farmaci orfani, maggior supporto ai caregiver.

Sulla stessa scia l’intervento di Brando Benifei, Vicepresidente Intergruppo Disabilità del Parlamento Europeo: “Si è sempre più consapevoli che ci sono persone con malattie rare”, ma i problemi non mancano: cinque anni per una diagnosi, pochi trattamenti. La sfida è anche europea ed è necessario impegnarsi per la prossima legislatura sulle malattie rare, in particolare sui farmaci, sull’utilizzo dei dati sanitari, sui farmaci orfani. Le malattie rare possono essere un catalizzatore per una salute sempre più integrata, come il Covid-19 ci ha insegnato. Servono però la disponibilità dei farmaci, più ricerca, maggiori investimenti, innovazione e inclusione. È necessario, ha detto Benifei, “integrare le infrastrutture europee con i sistemi sanitari nazionali, per questo stiamo incanalando la comunità Europea verso un nuovo piano europeo integrato con le giuste risorse. Solo un’Europa più unita può dare risposte ai bisogni dei cittadini, soprattutto con malattie rare, che necessitano di un sistema sanitario di qualità con il contributo di tutte le istituzioni”.

Il IX Rapporto MonitoRare: Italia eccellenza a due velocità

È toccato a a Paola Bragagnolo, Sinodè – UNIAMO, illustrare la prima novità di quest’anno: il Barometro di MonitoRare 2023, un’indagine promossa per conoscere più da vicino i bisogni assistenziali delle persone con malattia rara e delle loro famiglie.

Dalla lettura del documento, a cura di Romano Astolfo, Sinodè – UNIAMO, emergono tutti i punti di forza e le criticità del sistema italiano, eccellenza in Europa, che viaggia, però, a due velocità. In sintesi:

  • un ambizioso Piano Nazionale Malattie Rare arrivato dopo tre anni di lavoro e che ora necessita di essere attuato (per farlo sono a disposizione 50 milioni di euro, il primo finanziamento per il PNMR);
  • una legge dedicata (Disposizioni per la cura delle malattie rare e per il sostegno della ricerca e della produzione di farmaci orfani);
  • uno screening neonatale esteso ed eccellenza europea (a fine 2022 il programma di screening neonatale esteso è attivo in tutte le Regioni/Province Autonome e cresce l’omogeneizzazione delle patologie inserite) ma ancora non aggiornato: la SMA, ad esempio, non è stata ancora inclusa nel panel;
  • il numero di Healthcare Professionals (HCPs) appartenenti ad European Reference Networks for rare diseases (ERN) più alto d’Europa;
  • trattamenti approvati in numero pari alla media europea;
  • 8,4 milioni di dosi di farmaci orfani erogate, pari allo 0,03% del consumo farmaceutico totale: una spesa molto contenuta;
  • un aumento del numero di farmaci per le malattie rare compresi nell’elenco della Legge n. 648/1996 (dai 31 del 2018 ai 45 del 2022), dei corsi ECM dedicati alle malattie rare (da 49 nel 2021 a 74 nel 2022) e del peso degli studi clinici autorizzati sulle malattie rare sul totale delle sperimentazioni cliniche (dal 31,5% del 2018 al 35,3% del 2022). 

I problemi più sentiti dalla comunità delle persone con malattia rara sono quelli che impattano sulla zona grigia che esiste fra assistenza sanitaria e supporto sociale e quelli causati dalle disomogeneità territoriali

D’altra parte, le indagini che la Federazione ha sviluppato, grazie al Barometro di MonitoRare, ci dicono che i problemi più sentiti dalla comunità delle persone con malattia rara – circa 2 milioni di persone – e delle loro famiglie sono quelli che impattano sulla zona grigia che esiste fra assistenza sanitaria e supporto sociale (la separazione delle competenze tra Ministero della Salute e Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, con fondi non integrabili ma soprattutto con una mancanza di interscambi strutturati che non aiuta la costruzione di una rete di supporto) e quelli causati dalle disomogeneità territoriali che creano una sempre più profonda spaccatura tra Nord e Sud (7 Regioni/PPAA non hanno alcun centro partecipante alle ERNs e 2/3 degli ospedali che partecipano ad almeno una ERN si trova nelle regioni settentrionali). Ciò alimenta il fenomeno della mobilità sanitaria, con tutte le sue conseguenti implicazioni sanitarie, sociali etiche ed economiche per i pazienti (la stima della mobilità sui dati dei RRM è pari al 15% nella popolazione complessiva e arriva a superare il 17,8% nei minori).

Rimangono poi i grandi temi irrisolti: il percorso diagnostico è ancora troppo lungo (di media servono quattro anni per arrivare ad una diagnosi); le terapie restano insufficienti (ad oggi sono disponibili solo per il 5% delle patologie) e i tempi per divenire disponibili troppo dilatati; necessità di sviluppare una presa in carico “olistica” che comprenda tutto il percorso della persona e includa, sempre, il supporto psicologico; l’inclusione scolastica e l’inserimento lavorativo delle persone con malattia rara e, più in generale, con disabilità, ancora lontani dall’essere realmente garantiti (UNIAMO ha già presentato delle proposte di miglioramento della Legge 68/99); l’urgenza di avere una formazione adeguata per tutti gli attori in gioco, dai clinici ai rappresentanti dei pazienti fino ad arrivare a quelli delle Istituzioni; la garanzia di un l’accesso omogeneo a cure palliative di qualità, slegandole dall’accezione comune legata ad un fine vita.

Si pone l’accento anche sull’affaticamento delle famiglie nella vita quotidiana e le forti limitazioni nelle scelte di vita sia dei pazienti, sia dei familiari-caregiver.

Il rapporto evidenzia poi come le famiglie con malato raro hanno più difficoltà economiche, stentano ad arrivare alla fine del mese. C’è quindi un rischio di aumento della povertà.

Ma c’è anche una buona notizia: le persone e i pazienti sono molto più informati rispetto a due anni fa (45,3% degli intervistati) e 6 persone su 10 conoscono il sito www.malattierare.gov.

Secondo il Rapporto, 1 malato raro su 5 ha meno di 18 anni, di questi il 40% ha malformazioni congenite, cromosomiche e sindromi genetiche. I centri di riferimento per le malattie rare sono 235, mentre per la presa in carico, nel 2022 sono stati approvati 12 nuovi percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (PDTA), arrivando a 340 complessivi. Sale, infine, a 718 il numero delle associazioni di perone con malattia rara.

Le prossime sfide sono aggiornare il panel delle patologie, dare piena attuazione alla legge 175/2021, rendere più sostenibili i percorsi farmaceutici, una maggiore integrazione socio sanitaria e piena attuazione del Piano Nazionale malattie rare 2023-2026.

Un impegno ciascuno

Hanno concluso la prima parte della Convention cinque esponenti politici, cui la Presidente di Uniamo Annalisa Scopinaro ha chiesto di portare avanti nella legislatura un impegno specifico per le malattie rare, anche piccolo ma arrivando fino in fondo.

Ha risposto per primo il senatore Daniele Manca, Co-Presidente dell’Intergruppo Innovazione sostenibile in Sanità, impegnandosi a rendere sostenibile la spesa per le terapie avanzate che sono prive di una legislazione adeguata. Quindi, inserire nella Legge di Bilancio un fondo sperimentale per i farmaci avanzati che devono diventare un investimento economico e non spesa “di cassa”.

A seguire il senatore Orfeo Mazzella, Coordinatore Intergruppo Parlamentare per le malattie rare e oncoematologiche, che intende portare avanti la voce delle persone con malattie rare cercando di aumentare il fondo previsto dalla legge 75 per l’assistenza ai più fragili a livello territoriale. Un primo tentativo è andato a vuoto, ma intende riprovare per tutta la durata della legislatura: “bisogna rendere possibile il diritto alla salute con uniformità su tutto il territorio nazionale. Non solo sostenibilità ma anche co-possibilità”.

Simona Loizzo, XII Commissione (Affari Sociali) alla Camera dei Deputati, vuole dedicarsi ai caregiver familiari, i quali sono ancora privi di una legge quadro che li tuteli e li sostenga. Il caregiver, spesso una donna, rinuncia il più delle volte al lavoro, alla carriera, al tempo per sé e perfino a curarsi per dedicarsi con sacrificio al familiare malato, con un impegno di tempo, fisico ed economico.

L’onorevole Ilenia Malavasi, XII Commissione (Affari Sociali) alla Camera dei Deputati, auspica una convergenza politica, una trasversalità che superi le differenze e si impegna, in particolare, sugli screening neonatali, per ampliare il panel e colmare le disomogeneità regionali. “Perché è proprio grazie allo screening che si può avere una diagnosi precoce che è essenziale per il percorso di cura e la qualità della vita”.

Ancora, la senatrice Elisa Pirro, X Commissione Permanente (Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale) al Senato, si impegnerà per l’eliminazione delle differenze regionali, al fine di uniformare le prestazioni e la presa in carico del paziente: “in questo occorre un patto trasversale tra le forze politiche, un SSN a diverse velocità non è pensabile. Serve appianare le differenze, finanziando meglio il SSN oggetto di de-finanziamento, perché i soldi finora stanziati non bastano”. Coinvolgere i pazienti e le associazioni, integrare ospedali/territorio, anche grazie ai fondi del PNRR, sono altre priorità. Sui caregiver è stato fatto tanto dal passato governo e i passi fatti “non vanno buttati via, ma mancano i fondi”.

Annalisa-Scopinaro

“Molto è stato fatto, molto altro rimane ancora da fare. Come sempre – così la Presidente di UNIAMO, Annalisa Scopinaro, in chiusura della Convention MonitoRare – la Federazione è motore propulsivo e farà la sua parte, mettendo insieme tasselli di cui questo Rapporto è un esempio importante, fungendo da supporto e stimolo ai ragionamenti che faremo tutti insieme. E come di consueto, il Rapporto è dedicato sia a tutte le persone con malattia rara, che alle tante persone e alle loro famiglie che ogni giorno dimostrano, con la loro vita e il loro operato all’interno delle Associazioni, che una malattia rara che irrompe nel quotidiano è una delle tante occasioni che la vita ci dà per migliorare questo mondo e renderlo più equo e giusto per tutti”

Il Piano Nazionale Malattie Rare 2023-2026: cosa cambia per pazienti e i clinici

Il Piano che presentiamo è frutto di un percorso che parte da lontano, animato da una comunità scientifica, associativa e soprattutto umana molto forte, dai ruoli complementari, che nel tempo ha saputo camminare insieme e più speditamente nel corso di questi ultimi anni, accelerando il raggiungimento di importanti traguardi”. Parole di Marcello Gemmato, Sottosegretario di Stato alla Salute, che ha presentato il pomeriggio precedente il Piano Nazionale delle malattie rare (PNMR) in un evento organizzato al Ministero della Salute con la partecipazione dei rappresentanti di numerose associazioni dei pazienti, tra cui la Presidente di UNIAMO Scopinaro, ed esperti come Annamaria De Luca dell’Università di Bari e rappresentanti delle istituzioni.

Si stima che in Italia oltre 2 milioni di persone convivano con una malattia rara e, ad oggi, sono oltre 6mila le malattie rare conosciute

I numeri. Si stima che in Italia oltre 2 milioni di persone convivano con una malattia rara e, ad oggi, sono oltre 6mila le malattie rare conosciute. I problemi sono spesso comuni: ritardo e assenza di diagnosi, mancanza di una terapia risolutiva, difficoltà a fare ricerca ed elevato carico assistenziale. Per iniziare a dare risposte alle famiglie sul territorio è stato quindi approvato il nuovo Piano Nazionale delle malattie rare finanziato con 50 milioni di euro del Fondo sanitario nazionale.

Venendo alle principali linee di azione del Piano definiti in collaborazione con esperti, istituzioni e associazioni di malati:

  • Fare prevenzione primaria con test genetici e promuovere campagne informative sui fattori di rischio e protezione.
  • Diminuire i tempi di diagnosi e presa in carico e inserire l’analisi del genoma nei LEA.
  • Elenco unico dei farmaci per le malattie rare per semplificare e uniformare l’accesso gratuito.
  • Garantire ai malati rari l’accesso ai trattamenti non farmacologici e avvicinarli al luogo di vita del paziente.
  • Assicurare il miglior percorso assistenziale e il coordinamento dei servizi attraverso i centri per le malattie rare.
  • Formazione degli operatori per accrescere le conoscenze, dall’università alla specializzazione alla formazione continua.
  • Potenziare gli strumenti utili ai cittadini per avere informazioni.
  • Standardizzare le modalità di raccolta dei dati clinici ed epidemiologici a livello nazionale ed europeo.
  • Ottimizzare i finanzianti disponibili per la ricerca.

Una battaglia che non ha colore politico

Marcello Gemmato

“Ringrazio tutte le persone che mi hanno accompagnato in questo percorso umanamente importante”, ha dichiarato Gemmato alla presentazione del PNMR. “Appena ottenuta questa delega dal ministro Schillaci ho cercato di capire le criticità e ho scoperto che il Piano Nazionale per le malattie rare era sostanzialmente fermo dal 2016 e che da allora non si era riusciti a porvi mano. Sono partito da un presupposto: la battaglia sulle malattie rare non è di una parte politica, è di un’intera comunità umana. Il Testo Unico sulle malattie rare è stato licenziato dal passato governo all’unanimità, quindi possiamo dire che l’impegno è della politica tutta, non ci sono meriti speciali e specifici. Combattiamo tutti insieme dalla stessa parte per dare una risposta concreta e la prima è proprio l’approvazione del Piano con 50 milioni di euro in due anni, che sono un inizio, un primo seme”.

La politica, con il mondo accademico, è dunque a fianco delle malattie rare e comprende, all’interno del comitato tecnico, anche l’Istituto chimico-farmacologico di Firenze e Farmindustria. Il nuovo piano, prosegue il sottosegretario, non è un piano chiuso: è aperto, per poter affrontare di volta in volta le criticità. Ora è stato “messo a terra” e le Regioni hanno un anno per declinarlo nel concreto. “Sono convinto – ha concluso Gemmato “che con questo Piano daremo una sterzata importante e che un governo di legislatura come l’attuale, che durerà cinque anni, ci offrirà la possibilità di affrontare tutte le problematiche da risolvere nel medio e breve periodo, tutti insieme per una sanità pubblica e universalistica migliore”.

Annamaria De Luca, ordinario di Farmacologia presso l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, dove da anni lavora alle malattie rare, ha commentato: “Vorrei evidenziare l’aspetto della formazione, che rappresenta un punto cruciale nel campo delle malattie rare. Formazione come empowerment di tutti i portatori di interesse, dai medici di medicina generale, i pediatri, gli specialisti ma non solo, anche i pazienti e gli operatori sociali, perché è opportuno che nella presa in carico del paziente raro ci sia formazione e conoscenza condivisa. La malattia rara è un mondo spesso sconosciuto, con bisogni medici molto complessi. Quindi spesso si crea un disequilibrio tra il bisogno medico e le poche terapie e la poca esperienza, la poca integrazione delle conoscenze e competenze”.

Formazione e integrazione sono dunque aspetti fondamentali, anche perché le malattie rare sono un chiaro esempio di medicina personalizzata. Le università devono sicuramente essere parte attiva in questo e non solo per le lauree in medicina ma anche in farmacologia, nutrizione e altro ancora, per implementare una cultura sulla malattia rara.

Può interessarti

Ivana Barberini
Giornalista specializzata in ambito medico-sanitario, alimentazione e salute