L’anestesia e la rianimazione sono settori cruciali della medicina, in cui l’evoluzione tecnologica e le sfide organizzative si intrecciano costantemente. Dalla carenza di specialisti alle nuove opportunità offerte dall’intelligenza artificiale e dalla telemedicina, questi ambiti affrontano problematiche complesse ma anche grandi prospettive. Con il supporto di innovazioni come la sanità digitale, si apre una nuova era per la gestione delle risorse e l’efficacia dei trattamenti. A TrendSanità ne parliamo con Elena Giovanna Bignami, presidente della Società Italiana Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva (SIAARTI), per approfondire le sfide attuali e le soluzioni future per garantire un’assistenza sempre più efficiente e sicura.
L’intelligenza artificiale sta rivoluzionando diversi ambiti della medicina, dalla diagnostica alla gestione dei dati clinici. Quali sono, secondo lei, le principali opportunità e i rischi dell’integrazione dell’intelligenza artificiale in anestesia e terapia intensiva?
L’intelligenza artificiale e, più in generale, le nuove tecnologie a essa connesse possono essere suddivise in due categorie principali: l’intelligenza artificiale generativa, che include chatbot e sistemi interattivi progettati per rispondere alle domande degli utenti, e l’intelligenza artificiale predittiva, basata su algoritmi di apprendimento automatico (machine learning). Quest’ultima rappresenta un ambito di particolare interesse per l’anestesia e la medicina, poiché può offrire vantaggi significativi sia sotto il profilo clinico sia organizzativo.
Nell’ambito dell’anestesia, della medicina perioperatoria, della terapia intensiva e della terapia del dolore, la raccolta e l’elaborazione di un’ampia quantità di dati risultano essenziali. I sistemi di intelligenza artificiale predittiva possono consentire una migliore stratificazione del rischio per ciascun paziente, apprendendo continuamente dalle loro variabili cliniche ed emozionali. In questo modo, è possibile sviluppare percorsi terapeutici personalizzati e ottimizzati, migliorando progressivamente la qualità delle cure e l’esperienza del paziente.
I sistemi di intelligenza artificiale predittiva possono consentire una migliore stratificazione del rischio per ciascun paziente
Dal punto di vista organizzativo, l’adozione di tali tecnologie può contribuire in modo significativo all’efficienza del blocco operatorio e alla gestione del turnover dei pazienti in terapia intensiva. L’utilizzo di sistemi in grado di raccogliere e analizzare dati in tempo reale riduce il margine di errore legato alla discrezionalità dei singoli operatori. Un esempio pratico è la misurazione oggettiva dei tempi di permanenza in sala operatoria: attualmente, se si chiedesse a ciascun membro dell’équipe il momento esatto di ingresso e uscita del paziente, le risposte potrebbero variare. L’aggregazione di queste discrepanze su scala più ampia può determinare un utilizzo inefficiente delle risorse. La raccolta di dati precisi e affidabili consente invece di ottimizzare l’uso delle sale operatorie, non necessariamente aumentando il numero di interventi, ma migliorando la gestione delle risorse disponibili.
In che modo le nuove tecnologie, come la telemedicina e i dispositivi indossabili, possono avere un’influenza sull’assistenza sanitaria e sulle terapie intensive?
Ulteriori sviluppi della sanità digitale riguardano le nuove tecnologie applicate alla telemedicina e ai dispositivi indossabili (wearable devices). Sebbene tali strumenti siano comunemente associati al benessere personale, il loro impiego in ambito sanitario potrebbe rivoluzionare il monitoraggio dei pazienti. Ad esempio, potrebbero essere utili per scindere il luogo (la terapia intensiva) dalla necessità di monitoraggio invasivo. Questo ce l’ha insegnato il Covid: un paziente in condizioni critiche, con necessità di monitoraggio continuo, implicava un monitoraggio invasivo, che a sua volta significava il ricovero in terapia intensiva. Le nuove tecnologie potrebbero invece consentire un monitoraggio continuo non invasivo, estendibile anche ai reparti di degenza, ampliando così le possibilità di assistenza senza compromettere la qualità delle cure.
La pandemia ha evidenziato criticità e necessità di riforma nei reparti di terapia intensiva. Quali lezioni sono state apprese?
Il PNRR rappresenta certamente un’opportunità soprattutto per i centri sanitari che hanno una visione chiara delle riforme necessarie. Tra i principali benefici vi è la disponibilità di strumenti avanzati per la raccolta e l’elaborazione dei dati, come le cartelle cliniche elettroniche. È fondamentale garantire l’acquisizione di dati reali e sicuri, raccolti secondo elevati standard di qualità e tutela della privacy. La qualità del dato è un elemento essenziale per supportare i processi decisionali, contribuendo a migliorare l’efficacia della terapia intensiva. Investire in questo ambito è cruciale, poiché consente di elevare il livello delle cure e di riservare l’accesso alla terapia intensiva esclusivamente ai pazienti che ne hanno effettiva necessità.
La qualità del dato è un elemento essenziale per supportare i processi decisionali: investire in questo ambito è cruciale per elevare il livello delle cure
L’esperienza della pandemia da Covid-19 ha inoltre evidenziato il ruolo strategico dei reparti a media intensità di cura, concepiti secondo il modello della terapia intensiva, ma con una diversa organizzazione del personale medico e infermieristico. Anche in questo caso, oltre alle risorse economiche, è fondamentale la capacità di modulare l’assistenza in base all’evoluzione clinica del paziente. Una delle principali lezioni apprese è la necessità di separare la gestione delle funzioni cliniche dall’organizzazione logistica: il percorso di cura non è sempre lineare, dal ricovero alla dimissione, ma può prevedere passaggi intermedi o ritorni a livelli di assistenza più intensivi in base alle condizioni del paziente.
La mancanza di anestesisti e rianimatori è una problematica nota che rischia di impattare sulla qualità delle cure. Come si pone SIAARTI su questo punto?
Occorre distinguere tra due aspetti fondamentali. Non si tratta di una vera e propria carenza di medici in termini assoluti, bensì di una carenza di specialisti in alcuni settori. Sicuramente bisognerebbe usare meglio le risorse disponibili. Per noi non è una soluzione assumere gli specializzandi al primo anno, perché non hanno le competenze adeguate per poter gestire autonomamente un paziente in una situazione critica, in un rapporto 1:1 tra professionista sanitario e paziente. Diverso è per altre specialità in cui si lavora in gruppo e dove è possibile che, all’interno del team di professionisti, ci sia una persona con meno esperienza.
Sulla carenza di professionisti, è necessario confrontarsi per assicurare sia la sicurezza dei pazienti sia la qualità della formazione
Detto ciò, è fondamentale che la politica definisca con chiarezza la propria direzione: puntare sulla quantità o sulla qualità? Per fare un esempio concreto: aprire un ospedale ogni 50 chilometri può essere una scelta legittima per garantire punti di primo soccorso e una maggiore assistenza territoriale. Tuttavia, non tutte le strutture possono offrire tutte le specialità. La proliferazione di ospedali con una vasta gamma di specializzazioni in ogni area geografica comporta una dispersione delle risorse e una riduzione del volume di attività per specialista, con potenziali ripercussioni sulla qualità delle cure.
Ad ogni modo, SIAARTI è pronta a confrontarsi con i soggetti coinvolti – da un lato l’Università, dall’altro la Sanità – per definire una programmazione del fabbisogno di medici che assicuri sia la sicurezza dei pazienti sia la qualità della formazione.
SIAARTI oggi e domani: quali priorità? Quali appuntamenti per il 2025?
SIAARTI attribuisce grande importanza alla presenza capillare sul territorio, sia all’interno di ogni ospedale – attraverso i suoi soci, considerando che ogni struttura dispone di un reparto di anestesia e rianimazione – sia attraverso la cosiddetta “terza missione”, con un forte orientamento verso i cittadini.
Nel 2025 organizzeremo diverse giornate dedicate alla divulgazione e alla sensibilizzazione su temi fondamentali della nostra disciplina: una giornata sulla terapia intensiva per approfondire la conoscenza della sepsi, una sull’anestesia per affrontare il tema della sicurezza, un evento sull’emergenza-urgenza e il Basic Life Support (BLS), coinvolgendo anche i bambini delle scuole elementari per insegnare loro le basi del soccorso, e un’iniziativa sulla donazione degli organi.
Parallelamente, affrontiamo una sfida cruciale a livello europeo, nella quale io e il mio direttivo crediamo profondamente, anche in relazione alla European Society of Anaesthesiology and Intensive Care (ESAIC) e alla European Society of Intensive Care Medicine (ESICM). Il nostro obiettivo è favorire un salto di qualità nell’innovazione tecnologica, integrando intelligenza artificiale, telemedicina e nuove tecnologie per supportare il lavoro clinico. L’intento non è certo sostituire il medico anestesista rianimatore con un robot che esegua i nostri compiti, ma piuttosto dotarci di strumenti che possano ottimizzare i processi, riducendo i tempi dedicati alla burocrazia e alle attività ripetitive. Il tempo risparmiato potrà così essere restituito alla relazione con i pazienti e le loro famiglie, permettendoci di tornare a svolgere pienamente il nostro ruolo di medici.