Il Progetto europeo MEDI-THEFT– Data sharing and Investigative Platform against Organised Thefts of Medicines, avviato ufficialmente nel novembre 2021, ha come obiettivo prioritario quello di contrastare il furto e il riciclaggio di medicinali, attraverso la progettazione e realizzazione di una piattaforma dedicata che consenta la condivisione e l’analisi dei dati su casi di furto e riciclaggio di medicinali registrati a livello europeo. L’iniziativa è coordinata dall’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa): nel nostro Paese si è infatti sviluppata negli ultimi anni una rete in grado di contrastare efficacemente il fenomeno. Un’esperienza virtuosa che l’Unione punta a esportare.
Abbiamo fatto il punto sulla situazione del furto e del riciclaggio dei farmaci e sul nuovo progetto europeo dedicato con il dirigente area ispezioni e certificazioni di Aifa Domenico Di Giorgio.
Quanto valgono furto e riciclaggio dei medicinali in Italia e in Europa?
Non è possibile fare stime precise: è un fenomeno in regresso grazie alle iniziative di contrasto intraprese dall’Operazione Vulcano del 2014 a oggi. In quell’occasione è stato possibile individuare e smantellare un traffico illegale consolidato di medicinali rubati presso gli ospedali italiani, che sono stati reintrodotti nel mercato legale con falsa documentazione attraverso operatori non autorizzati.
Negli anni 2012/13 si è assistito a un picco dei furti, quantificabile in diverse decine di milioni di euro, poi scesi quasi a zero grazie alle iniziative coordinate dall’Aifa che oggi costituiscono la base per livello europeo.
Come possiamo inquadrare il fenomeno oggi?
Laddove è ancora presente, si tratta di catene strutturate a livello nazionale con operatori dediti all’approvvigionamento tramite furti in ospedali o trasporti su strada che sono connessi con una rete che ricicla questo tipo di bene molto peculiare. Fino pochi anni fa i traffici internazionali erano europei, ma adesso, grazie al grande lavoro fatto anche su spinta di Aifa da parte di altre autorità europee, la capacità di rendere immediatamente invendibili i prodotti rubati fa sì che l’eventuale riciclaggio avvenga in Paesi terzi, dove non sono efficaci i nostri meccanismi di messa sicurezza e liste nere.
La situazione del Regno Unito è paradigmatica. La premessa è che fino agli anni 2012/13 l’Italia era considerata il Paese dove si rubavano i farmaci e del resto era l’unico che li controllava. Dopo l’Operazione Vulcano, l’Europa ci ha invitati a spiegare agli altri Paesi come era stato possibile sgominare il traffico di medicinali. Agli inglesi abbiamo spiegato che secondo noi questo tipo di furti veniva gestito come casistica locale, in modo non diverso dal furto di un monopattino, mentre da noi era stato possibile vedere che si trattava di un traffico organizzato proprio grazie alla rete e al tracciamento. Quando le forze di polizia inglesi hanno provato a centralizzare queste informazioni, si è scoperto che i livelli erano gli stessi del nostro Paese.
Una farmacia ospedaliera standard conserva milioni di euro di merci con una sicurezza inferiore a quella di una gioielleria
Va ricordato che il farmaco è un bene con un alto valore, diversi canali di riciclaggio possibili ed è meno protetto rispetto ad altri beni: una farmacia ospedaliera standard conserva milioni di euro di merci con una sicurezza inferiore a quella di una gioielleria. Per questo abbiamo lavorato con la Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici delle Aziende Sanitarie (Sifo) e con tutta la filiera per sensibilizzare su come proteggere i farmaci. D’altro canto un sistema di allerta in tempo reale fa sì che i medicinali rubati diventino subito invendibili. In Italia quindi oggi si rubano pochissimo. Ci sono rari episodi che riguardano magari il mercato nero con prodotti dopanti, che sono più facili da rivendere, ma teniamo presente che fino al 2013 si rubavano i farmaci antitumorali.
Quali sono le nuove “tendenze” nel settore?
Il motivo per cui è importante che la ricerca prosegua e che siano messi in piedi progetti come MEDI-THEFT è che si tratta di una situazione molto dinamica. È sempre possibile che le strutture criminali si organizzino per trarre un utile da eventi come la pandemia e la rete, seppur efficiente, può avere delle falle. In ogni caso, portando avanti queste iniziative nel nostro Paese abbiamo mantenuto una deterrenza molto alta e la nostra resta la filiera più sicura al mondo.
Grazie alle iniziative intraprese dal 2014, la nostra resta la filiera più sicura al mondo
La pandemia ha avuto un impatto da questo punto di vista?
In prima battuta ne ha avuto uno positivo, perché nel 2020 andare a rubare negli ospedali era particolarmente difficile. Man mano che si evolve l’offerta e diventano disponibili non a tutti dei prodotti ad alto costo, potrebbero tornare dei fenomeni come quello riscontrato nel 2018 per l’epatite C, quando a causa della disponibilità non sufficiente un prodotto veniva venduto sottobanco.
In cosa consiste il progetto MEDI-TEFT?
L’obiettivo è costruire una piattaforma in cui raccoglieremo i dati dei diversi Paesi a livello europeo. Attualmente questo avviene con i dati italiani e di altri Paesi già coinvolti nel progetto Fakeshare, ma con questa nuova iniziativa adesso si punta a estende l’area coinvolta e, collaborando con il Consiglio d’Europa, anche al di fuori dei confini dell’Unione. Gli obiettivi sono:
- Raccogliere, condividere e analizzare le informazioni relative a casi di furto di medicinali per identificare i modus operandi delle organizzazioni criminali dedite a questi traffici e definire misure di prevenzione
- Elaborare e condividere degli Alert per prevenire che farmaci rubati in alcuni mercati siano riciclati in altri paesi
- Supportare e promuovere investigazioni congiunte a livello internazionale.
Il progetto, piuttosto ambizioso, terminerà nell’ottobre 2023. È finanziato dall’Internal Security Fund Programme e vede coinvolti, oltre ad Aifa, nel ruolo di coordinatore, la Fondazione SAFE, l’Università Cattolica del Sacro Cuore – Transcrime, l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato (Ipzs), Affordable Medicines Europe (AME), le agenzie regolatorie di Serbia – ALIMS – e Montenegro – CInMED e l’Arma dei Carabinieri.
Quanto è importante la raccolta e condivisione dei dati in quest’ottica?
Tutte le politiche devono partire dai dati, come è avvenuto nel nostro caso nel 2014, quando siamo riusciti a scoprire cosa c’era dall’altra parte creando profili per capire dove potevano finire e alla fine ricostruire tutto il caso. Altrimenti si va per sensazioni, ma non sono sufficienti. Parliamo di filiere molto complesse anche solo a livello nazionale: è importante conoscere a fondo la situazione per fare interventi mirati.