“In qualità di medico e di Ministro della Salute, ribadisco l’impegno a sostenere e rafforzare gli strumenti volti a garantire una corretta gestione della cronicità: prevenzione, diagnosi precoce e tempestiva presa in carico del paziente rappresentano le armi più efficaci per raggiungere risultati adeguati”. Sono le parole del ministro Orazio Schillaci, che hanno aperto, lo scorso 29 novembre, l’evento di presentazione dello stato della digitalizzazione delle cure rivolte al malato reumatologico organizzato dall’Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare (Apmarr), evidenziando come uno dei focus del dicastero di Lungotevere Ripa sia la messa a terra degli investimenti su telemedicina e digitalizzazione delle cure previsti dal Pnrr.
“Fondamentali anche per fronteggiare la grande sfida, non più rinviabile, che riguarda in Italia l’assistenza agli oltre 5 milioni di pazienti reumatologici”, ha ricordato il ministro, che soffrono di patologie differenti, “che l’OMS indica come prima causa di dolore e disabilità in Europa” e che per questo “rappresentano una delle sfide nella tutela della salute”.
Digitale e reumatologi
Ma quanto è diffuso l’utilizzo della sanità digitale quando si parla di diagnosi, cura e assistenza al malato reumatologico? Le risposte arrivano da una articolata ricerca dell’Osservatorio sulla Sanità digitale del Politecnico di Milano, realizzata in collaborazione con Apmarr e in sinergia con le principali sigle che raggruppano medici di medicina generale e specialisti reumatologi.
In generale la comunicazione digitale tra specialista e Mmg e tra professionisti della salute e pazienti viene gestita attraverso canali tradizionali, principalmente telefono, e-mail e Whatsapp. Un quadro che vede, di riflesso anche una limitata condivisione di documenti attraverso piattaforme certificate che consentano il rispetto della privacy dei dati sensibili.
Tre reumatologi su quattro ritengono importante o molto importante l’utilizzo del teleconsulto con il Mmg e il 100% per il confronto con altri specialisti
Meglio, invece, il quadro relativo all’utilizzo delle opzioni offerte dalla telemedicina. Il 33% dei reumatologi ha usato il teleconsulto con l’Mmg e il 42% ha sfruttato questa opportunità per dialogare con altri specialisti non reumatologi. Si tratta di dati interessanti soprattutto se letti in prospettiva futura. “Tre reumatologi su quattro infatti ritengono importante o molto importante l’utilizzo del teleconsulto con il Mmg e il 100% per il confronto con altri specialisti”, ha illustrato Cristina Masella, responsabile scientifico dell’Osservatorio. I numeri sono significativi. Ma vanno letti anche in relazione alla numerosità dei pazienti a cui si riferiscono. Giacché a oggi il teleconsulto riguarda solo il 10% dei pazienti. Molto resta ancora da fare, quindi, nonostante i reumatologi siano stati antesignani dell’utilizzo degli strumenti della digital health. Come ha ricordato il presidente della Società italiana di reumatologia Gian Domenico Sebastiani: “Già prima della pandemia lanciammo la piattaforma ‘iARPlus’, oggi in uso in diversi ospedali. Il nostro intento è quello di perseguire la mission di tutela della salute del paziente reumatologico. E lo faremo usando la telemedicina”.
Ma, ha voluto precisare, “occorre anche aumentare l’offerta di reumatologi nelle aree scoperte del Paese per favorire la diagnosi precoce, evitare l’accumulo del danno sul paziente e, in ultima analisi, determinare un risparmio per il Servizio sanitario nazionale”.
I pazienti che ne pensano?
Quanto alla relazione dei malati reumatologici con le soluzioni digitali per comunicare con il personale sanitario l’interesse è molto alto per il futuro. Ben l’84% pensa di utilizzare la videochiamata per i controlli del proprio stato di salute, tre su quattro vorrebbero utilizzare telemonitoraggio dei parametri clinici, televisita con specialista e Mmg e sei su dieci ritengono utili le soluzioni di teleriabilitazione.
Di fatto, la telefonata o la videochiamata è lo strumento oggi più diffuso tra i pazienti per il controllo del proprio stato di salute: lo usa il 43% di loro, quasi il doppio rispetto al 2021 (24%). Meno rappresentate le altre soluzioni di sanità digitale che si aggirano intorno al 10-14%, anche se la loro diffusione è molto aumentata nell’ultimo anno, talvolta anche quadruplicata.
Il vero punto su cui riflettere è il livello di engagement del paziente quando si parla di soluzioni di sanità digitale
“Il vero punto su cui riflettere è il livello di engagement del paziente quando si parla di soluzioni di sanità digitale”, ha avvertito però Guendalina Graffigna, ordinario di Psicologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Cremona e direttore del centro di ricerca EngageMinds Hub. “A seconda del livello di maturazione psicologica degli individui circa il proprio ruolo nella gestione della propria condizione di malattia si deve considerare una diversa opportunità nell’utilizzo della sanità digitale. Inutile farlo per coloro che sono “sconvolti” perché schiacciati dalla propria condizione di malattia. In questo caso il 100% delle risorse deve puntare sulla relazione umana fisica. Diverso il caso del paziente “consapevole” di essere un paziente, che accetterà un certo grado di strumenti digitali per migliorare la gestione della propria condizione. Ancora, l’uso più spinto delle opportunità offerte dalla sanità digitale potrà risultare vantaggioso per il “paziente che si sente una persona”, cioè colui che ha integrato la malattia nella sua quotidianità e ha acquisito un ruolo attivo e consapevole nella relazione con il Ssn”.
Ecco allora che da tutte queste considerazioni può nascere la progettazione di un sistema di sanità digitale dedicato al malato reumatologico. Progettualità che devono rispondere a diversi principi, evidenziano i reumatologi, tra cui:
- l’uso di piattaforme compliant al Gdpr
- personalizzazione delle piattaforme a seconda del livello di engagement del paziente
- formazione del personale che deve interagire con la piattaforma e con il paziente affinché possa rendere l’utilizzo semplice ed efficace per il malato
- percorsi di presa in carico codificati in grado di permettere teleconsulti specialistici attraverso diversi canali di comunicazione utili e graditi sia al medico che al paziente.
- lo sviluppo dei progetti a valle della validazione di specifici alberi decisionali
Senza dimenticare la “fondamentale importanza della formazione del paziente per la comprensione della rilevanza del digitale nella gestione della sua patologia. E la valorizzazione di tutte le figure professionali dell’iter diagnostico-terapeutico-assistenziale delle malattie reumatologiche”, ha aggiunto Graffigna.
Il progetto CoRReRe
Come ha ricordato Florenzo Iannone, Ordinario di Reumatologia all’Università di Bari, la Reumatologia è una branca della medicina “in cui la sanità digitale è nata già anni orsono, prima della pandemia. E che ha già sviluppato progettualità vere”.
Ne è un esempio il progetto CoRReRe (Consulenza Remota Reumatologia Regionale), che consiste in un’App per smartphone, che consente al paziente di interagire con il proprio centro di riferimento in remoto in videoconferenza (televisita) al fine della raccolta e trasferimento di dati biologici e clinici alla cartella clinica per valutare lo stato di attività della malattia.
CoRReRe è già attivo in alcuni ospedali pugliesi e “diventerà operativo in molte altre strutture della Regione entro i prossimi mesi”, ha dichiarato il reumatologo.
E il progetto, neanche a dirlo, rispetta i canoni in tema di privacy dei dati sanitari. L’accesso alla app è protetto da codice Pin o da lettura biometrica. Le comunicazioni con l’ospedale avvengono attraverso messaggi criptati su protocollo Https e ogni messaggio sarà cifrato mediante algoritmo a chiave asimmetrica per garantire la sicurezza massima possibile sulle informazioni scambiate. Il personale medico avrà la possibilità di interagire con ciascun paziente dotato di app, utilizzando il software Hippocrates Cartella Carlino.
Ecco come funziona in dettaglio. Il paziente scarica l’app e inquadra il QrCode fornito dal reumatologo grazie al quale avviene il “paring” cioè l’associazione del paziente con la struttura sanitaria. Evidenzia Iannone: “Uno dei vantaggi di questa soluzione tecnologica è il fatto che è esportabile in qualunque ospedale che abbia attivato questo progetto. Quindi, in caso il paziente debba cambiare centro di riferimento per la cura potrà ricevere dalla nuova struttura un nuovo codice di paring per attivare la comunicazione con il nuovo centro. Pensiamo a quale utilità ciò può avere, ad esempio nel caso in cui il paziente si debba spostare per ragion di lavoro o personali.”
Il ruolo delle istituzioni
Certamente le soluzioni tecnologiche che sfruttano le potenzialità della sanità digitale sono molte. E potenzialmente applicabili su tutto il territorio nazionale. Ma, come sottolineato da tutti gli addetti ai lavori intervenuti all’evento di Apmarr, è necessario che la transizione digitale delle cure in reumatologia sia appoggiata anche dalle istituzioni.
“Soprattutto è importante che da oggi in avanti le scelte del legislatore non siano più prese senza consultare prima i pazienti per capire cosa realmente è necessario per rispondere alle loro esigenze di cura e di assistenza”, ha chiesto a gran voce la presidente di Apmarr Antonella Celano. Rivolgendosi all’On. Chiara Colosimo membro della XII commissione Affari Sociali della Camera, ha chiesto esplicitamente “un impegno politico a istituire una Consulta sulla reumatologia e una regia che ascolti le associazioni dei pazienti per migliorare la loro qualità di vita, che deriva in ultima analisi dalla qualità dell’assistenza sanitaria”.
Pronta la risposta di Colosimo: “Piena disponibilità per l’istituzione di un Tavolo nel più breve tempo possibile”.