Un Testo Unico e un Piano Nazionale a un passo dal via come punti di partenza. Destinazione? Una gestione omogenea ed efficiente delle malattie rare, che non lasci soli i pazienti e i loro famigliari. Un percorso sul quale abbiamo fatto il punto con il Sottosegretario di Stato al Ministero della Salute Marcello Gemmato e con alcuni dei principali attori del settore, dalle associazioni dei pazienti ai Centri di Coordinamento regionali.
Gemmato: “Vogliamo dare risposte concrete ai malati rari e ai loro caregiver”
Le difficoltà ci sono, ma anche una volontà politica unanime e una rete di pazienti, associazioni, clinici ed esperti che si impegnano per un obiettivo comune, è il messaggio del Sottosegretario Gemmato.
A che punto è a Suo parere la situazione dell’attuale gestione delle malattie rare nel nostro Paese?
È un mondo verso cui mi sto approcciando in punta di piedi, ma anche con molta determinazione, consapevole di una sensibilità e quindi di un mandato politico forte sul tema. Da quando ho ricevuto la delega alle malattie rare da parte del Ministro Schillaci, nel mese di febbraio, ho cercato fin da subito il supporto e il confronto con le persone affette da queste patologie e con le associazioni che le rappresentano, perché è giusto affrontare le varie istanze legate al mondo delle malattie rare con adeguata consapevolezza e competenza.
Credo che ad oggi vi siano sicuramente delle disuguaglianze regionali nell’approccio alla malattia, in tutte le sue fasi. Il Governo sta già lavorando al superamento di questo elemento critico per poter garantire la stessa velocità nella diagnosi, nella presa in carico e nella cura, nel rispetto dell’articolo 32 della nostra Costituzione.
È dovere di uno Stato etico non lasciare indietro nessuno.
Negli ultimi mesi ci sono state diverse novità: pochi giorni prima della Giornata Mondiale è stato licenziato il Piano Nazionale, gli intergruppi in Parlamento si sono unificati. È un momento di svolta?
Nei confronti delle persone affette da malattia rare c’è sempre stato un idem sentire di tutta la politica. Fin dal mio ingresso in Parlamento, mi sono sempre impegnato a seguire puntualmente tutti i lavori relativi alle malattie rare e sono orgoglioso di aver contributo all’approvazione del Testo Unico nel 2021, che mi piace ricordare come uno straordinario esercizio di unitarietà della politica, che lo ha approvato all’unanimità.
Ovviamente, l’accelerazione data ai lavori per l’approvazione del testo finale del Piano Nazionale Malattie Rare (PNMR) 2023-2025 testimonia l’attenzione che il Governo ha nei confronti delle persone con malattia rara e dei loro caregiver.
Il Piano è il frutto di tanto lavoro e della tenacia di tutte le istituzioni, dei clinici, delle associazioni di pazienti e dei soggetti competenti in malattie rare che compongono il Comitato Nazionale Malattie Rare. Aspettiamo ora il passaggio in Conferenza Stato-Regioni per la sua piena attuazione.
Quali sono le maggiori criticità che permangono per i malati rari oggi?
Grazie alla delega ricevuta potrò essere ancora più presente
Gli obiettivi sono chiari: migliorare l’accesso alle terapie, superare le disuguaglianze regionali, declinare e sfruttare efficacemente le reti e l’utilizzo dei dati, dare piena attuazione alla Legge 175/2021 con maggiore speditezza.
Perché questo Ministero vuole dare risposte concrete ai due milioni di persone con malattia rara presenti in Italia e ai loro caregiver. Grazie alla delega ricevuta potrò essere ancora più presente e soprattutto al fianco delle Associazioni dei pazienti, partner imprescindibili delle decisioni politiche e assistenziali.
Cosa serve per superarle?
L’orizzonte temporale che si è dato questo Governo consentirà la necessaria stabilità che è fondamentale per raggiungere i target prefissati. L’esecutivo pone massina attenzione alla questione ed è attualmente impegnato a lavorare sull’omogeneità dei percorsi di cura in tutto il territorio nazionale; ma un ruolo chiave, in tal senso, possono e devono giocarlo i presidi di prossimità del nuovo disegno dell’assistenza territoriale, così come le reti e la sanità digitale.
Partiamo dalle piccole sfide per vincere quelle grandi, tutti insieme.
Possiamo immaginare delle tappe per arrivare a un obiettivo? E qual è l’obiettivo principale da raggiungere?
Sarà importante trovare le risorse necessarie a dare piena attuazione a quanto dettagliato nel PNMR
Gli obiettivi sono tanti e tutti sfidanti. Uno dei prossimi è sicuramente – come prevede il Testo Unico – il passaggio in Conferenza Stato-Regioni per l’iter di approvazione del PNMR 2023-2025.
Sarà importante poi trovare le risorse necessarie a dare piena attuazione a quanto dettagliato nel PNMR, che affronta in modo diretto e preciso gli obiettivi su diagnosi, trattamenti, formazione e informazione per migliorare il più possibile la qualità di vita delle persone con malattia rara.
Quali azioni intende intraprendere in questo senso?
Come sottosegretario alla Salute, ho appena iniziato il cammino a supporto delle persone che vivono con malattia rara e dei loro familiari, ma so di voler fare un buon lavoro.
È certamente un percorso lungo e sfidante, ma in questo viaggio non sono solo: so di poter contare su una politica unita e una comunità scientifica robusta. Tanta strada sicuramente ancora c’è da fare, ma indietro non si torna.
Taruscio (ISS): “Fondamentale la multidisciplinarità”
Il punto sulle iniziative istituzionali con Domenica Taruscio, Già Direttore del Centro Nazionale Malattie Rare, è l’ideatrice del progetto Scienza partecipata, ISS.
Dottoressa, come è cambiata negli ultimi anni la vita di un malato raro nel nostro Paese?
Dal 2001, anno in cui sono stati istituiti per Decreto ministeriale la Rete nazionale sulle malattie rare e il Registro Nazionale, quest’ultimo all’Istituto Superiore di Sanità (ISS), sono stati fatti notevoli progressi in varie direzioni. Vi è stato uno sviluppo continuo e progressivo delle reti regionali e così pure del livello centrale, anche mediante l’istituzione del Centro Nazionale Malattie Rare all’ISS.
I pazienti trovano maggiori risposte ai propri bisogni, a partire dalla possibilità di reperire informazioni sulla propria patologia e sui centri di expertise per la diagnosi e presa in carico. Risposte che possono avere dal Telefono Verde Malattie Rare (800 89 69 49), nonché dai numerosi telefoni e punti informativi regionali e associativi, ma che trovano anche sul portale istituzionale interministeriale dedicato alle malattie rare, oltre che ovviamente su siti regionali e non.
Numerosi medici (pediatri e di medicina generale) hanno acquisito maggiori competenze sul sospetto diagnostico e sui centri di expertise e, pertanto, progressivamente sta diminuendo il ritardo diagnostico con tutto ciò che ne consegue in termini di odissea dei pazienti alla ricerca proprio di una diagnosi.
Cosa manca ancora?
Molte malattie rare sono multisistemiche, spesso croniche ed invalidanti, pertanto necessitano di un coordinamento efficiente ed efficace fra i diversi specialistici chiamati ad intervenire nelle varie fasi della malattia e nelle diverse età del paziente. La gestione multidisciplinare e il percorso strutturato nella transizione dall’età pediatrica all’età adulta sono da sviluppare e organizzare, soprattutto in alcune aree del nostro Paese.
Importanti punti di ulteriore sviluppo e miglioramento sono: la connessione funzionale fra ospedale e territorio, le cure palliative, le prestazioni di riabilitazione motoria, logopedica, respiratoria, vescicale, neuropsicologica e cognitiva, di terapia psicologica e occupazionale, di trattamenti nutrizionali, in regime ambulatoriale, semiresidenziale, residenziale e domiciliare, nonché tutti gli aspetti di inclusione nei vari contesti di vita (scuola, lavoro e vita sociale).
Qual è la situazione delle malattie ultra rare?
Le malattie ultrarare presentano maggiori difficoltà, a partire dalle difficoltà nel reperire informazioni sugli esperti e sui centri di riferimento per la diagnosi e cura
Secondo la normativa italiana, legge 175 del 2021 (Testo Unico), non vi è differenza fra malattie rare e ultrarare. Hanno tutte pari dignità. Tuttavia, le malattie ultrarare presentano maggiori difficoltà, a partire spesso dalle difficoltà nel reperire informazioni sugli esperti e sui centri di riferimento per la diagnosi e cura. Tuttavia, si sta tentando di superare questi ostacoli, grazie anche alla presenza delle Reti di Riferimento Europee (ERN) che permettono di far lavorare in rete specialisti e strutture ospedaliere, superando le barriere nazionali.
La ricerca in Italia è sufficiente?
La situazione odierna è migliorata rispetto a qualche anno fa, essendo aumentati i finanziamenti sia pubblici che privati. È necessario incentivare la ricerca scientifica a diversi livelli, partendo dalla ricerca di base per comprendere le basi patogenetiche delle malattie fino allo sviluppo di nuove molecole, occorre sviluppare la ricerca clinica, ed è altrettanto importante portare avanti quella epidemiologica e sociale, avvalendosi di metodologie sempre più innovative.
Qual è il valore del Piano Nazionale licenziato dal Ministero proprio pochi giorni prima della Giornata Mondiale?
Il Piano Nazionale sulle malattie rare 2022-2024 rappresenta la cornice comune degli obiettivi istituzionali da implementare nel prossimo triennio
Ha un grande significato simbolico e concreto: la legge 175 / 2021 potrà attuarsi attraverso le azioni concrete previste nel Piano Nazionale. Questo è il secondo Piano Nazionale sulle malattie rare (2022-2024) ed è giunto al termine di un lungo lavoro di confronto fra gli stakeholder che agiscono a livello centrale, regionale ed associativo. Era dunque molto atteso da tutti, in quanto strumento di programmazione e pianificazione centrale nell’ambito delle malattie rare, nonché di indicazioni per l’attuazione e l’implementazione dei Livelli Essenziali di Assistenza. Il Piano Nazionale sulle malattie rare 2022-2024 rappresenta la cornice comune degli obiettivi istituzionali da implementare nel prossimo triennio, delineando le principali linee di azione delle aree rilevanti nel campo delle malattie rare.
È strutturato in capitoli che includono azioni specifiche (quali prevenzione primaria, diagnosi, percorsi di cura, trattamento farmacologico, ricerca) e capitoli che includono azioni che contribuiscono trasversalmente a integrare tutti gli ambiti principali quali informazione, formazione, registri e monitoraggio della Rete nazionale delle malattie rare.
Quali sono secondo Lei gli ulteriori obiettivi da perseguire?
Da una parte è necessario completare la pubblicazione dei decreti attuativi del Testo Unico per renderlo concretamente operativo, dall’altra vanno maggiormente rafforzati i rapporti con le strutture europee con una sempre maggiore integrazione degli ERN nella Rete nazionale delle malattie rare, favorendo anche il flusso inverso dall’Italia verso l’Europa e incoraggiando la cooperazione internazionale in tutte le dimensioni delle malattie rare, dalla ricerca alla cura. Vanno incentivati lo sviluppo e l’uso della telemedicina e delle nuove tecnologie per il miglioramento della qualità di vita delle persone con malattie rare.
Va incoraggiata e sostenuta la partecipazione attiva dei cittadini (esperti e non) al processo scientifico, dall’ideazione alla realizzazione progettuale, superando le barriere fra le diverse discipline.
Scopinaro (Uniamo): “Insieme siamo più forti”
Tra le tante difficoltà che ancora riguardano le malattie rare, c’è quella di farsi conoscere dal ristretto ambito degli addetti ai lavori, spiega Annalisa Scopinaro, Presidente Uniamo Federazione Italiana Malattie Rare. Ma una soluzione c’è: lavorare insieme.
Come valuta la situazione dell’attuale gestione delle malattie rare nel nostro Paese?
L’Italia, confrontata con gli altri Paesi Europei, ha dei punti di forza che la contraddistinguono. Abbiamo una legge (167/2016) che ci ha portato ad essere il primo paese per numero di patologie screenate (49) e per il percorso di presa in carico successivo alla diagnosi, un nostro tratto distintivo.
Inoltre siamo in attesa di ulteriore allargamento grazie all’emendamento presentato nel 2020 dall’Onorevole Noja. L’aggiornamento del Piano Nazionale Malattie Rare, dopo una gestazione di quasi tre anni, è nella dirittura di arrivo per l’approvazione, dopo che la Conferenza Stato Regioni avrà dato il benestare. Grazie al DM 279/2001, abbiamo una Rete di diagnosi e presa in carico; all’interno della rete alcuni centri hanno ottenuto anche il riconoscimento di HCP (Health Care Provider – centri di riferimento) di reti ERN (European Reference Networks – reti europee). C’è ancora molto da fare, ma nel complesso la situazione è sicuramente migliore di quello che vediamo all’estero.
Sembra che qualcosa si sia mosso negli ultimi mesi: pochi giorni prima della Giornata Mondiale è stato licenziato il Piano Nazionale, anche su vostra iniziativa gli intergruppi in Parlamento si sono unificati. È un momento di svolta?
Non parlerei di svolta: sono arrivate a maturazione una serie di azioni e un grande lavoro svolto negli anni scorsi, specialmente durante il Covid. La possibilità di riunioni a distanza ha, paradossalmente, consentito di lavorare di più e meglio su alcune tematiche. Il Piano Nazionale si è sviluppato così. Grazie anche al continuo lavoro di sensibilizzazione della Federazione, si è accresciuta la consapevolezza sulle malattie rare e si è capito che i percorsi non possono essere quelli standard.
L’opera della Federazione si vede anche nella continua azione di conciliazione di anime anche diverse, come è successo con la riunificazione dei due intergruppi, ma anche con l’introduzione della tematica dei tumori rari, come ci impone la L. 175/2021 (Testo Unico MR e tumori rari), e la conseguente collaborazione con la Federazione che rappresenta la parte oncologica. Insieme, possiamo fare molto di più, tenendo conto che alcune tematiche sono del tutto trasversali e sarebbe anacronistico lottare solo per una categoria, a silos.
Quali sono le maggiori criticità che permangono per i malati rari oggi?
Nonostante tutto il grande lavoro svolto, anche grazie ai Coordinamenti Regionali sulle Malattie Rare, dal Centro Nazionale Malattie Rare dell’ISS e agli altri, rimane una costante difficoltà a reperire informazioni e conoscenza sul mondo rare, che resta circoscritto troppo spesso agli addetti ai lavori. Proprio per questa la nostra campagna #UNIAMOleforze, proseguita per tutto il mese di febbraio, ha voluto essere “su strada”, out-of-home come si dice; questo anche con il supporto di Rai Sostenibilità che ci ha consentito di presentare la Federazione e la comunità anche durante programmi in prima serata.
La diagnosi di una malattia rara arriva con un ritardo medio di quattro anni dalla comparsa dei sintomi
Un’ulteriore criticità è data dal ritardo di diagnosi, che dalla comparsa dei primi sintomi, quando arriva (perché molti non sono mai diagnosticati) ha un ritardo medio di oltre 4 anni. La presa in carico non è sempre lineare ed omogenea. Dal punto di vista sociale, mancano ancora molte tutele; le patologie rare non hanno nella maggior parte dei casi nessuna tutela previdenziale e/o assistenziale, se non per quanto attiene la più generica disabilità.
Cosa serve per superarle?
Il sistema “rete delle malattie rare” è stato messo a terra in venti anni di lavoro, dal DM 279/2001; ancora però mancano alcuni pezzi, specialmente sul territorio e al domicilio del paziente. Occorre più integrazione con la medicina territoriale e con il nuovo assetto previsto dal DM 77; serve inoltre un sistema di tutela sociale che possa salvaguardare le specificità delle malattie rare ad esempio nel mondo del lavoro. Inoltre mancano misure di sostegno per i caregiver, sia per il loro prezioso lavoro di assistenza che per dare, eventualmente, la possibilità di scelte diverse dall’accudimento continuo.
Per migliorare l’assistenza sanitaria, inoltre, sarebbe opportuno il finanziamento del Piano Nazionale Malattie Rare, che potrebbe consentire il superamento di alcune difficoltà organizzative riscontrate negli anni passati.
Possiamo immaginare delle tappe per arrivare a un obiettivo? E qual è l’obiettivo principale da raggiungere?
Nel foresight study Rare2030, che ha avuto anche una tappa italiana nel corso della sua compilazione, sono individuati gli obiettivi da raggiungere entro il 2030, attraverso i lavoro congiunto di oltre 3.000 persone fra pazienti e altri stakeholder di sistema. Uniamo ha ripreso questi obiettivi nella sua pianificazione strategica, individuando quattro aree di intervento, alcuni obiettivi e una serie di azioni per arrivare a raggiungerli.
Fra le nostre priorità la diminuzione dei tempi di diagnosi, attraverso lo screening neonatale esteso allargato a più patologie, l’uso di tecniche omiche alla comparsa dei primi sintomi, il miglioramento della formazione degli operatori sanitari. La possibilità di avere terapie disponibili, attraverso la finalizzazione della ricerca pubblica (come già nel PNRR con i 50 milioni di euro dedicati proprio alle Malattie Rare) e sgravi fiscali (come previsto per esempio nella L. 175/2021) per la ricerca. Questo vale anche a livello europeo con la revisione del Regolamento sui farmaci orfani. Inoltre la possibilità di avere una presa in carico tempestiva, che possa accompagnare il paziente nelle varie fasi della patologia, semplificando le procedure burocratiche e attivando servizi che possano prevedere consegna di farmaci a domicilio, possibilità di home therapy, assistenza domiciliare e controlli a distanza anche attraverso la teleassistenza e telemedicina.
Per la realizzazione di questo (e molto altro) siamo al lavoro da molti anni, e alcune delle cose che chiedevamo anni fa sono state ottenute o sono in fase avanzata di maturazione per una completa applicazione. L’istituzione di vari tavoli di lavoro sulle malattie rare, compreso il Comitato Nazionale, sono di supporto per proseguire con i miglioramenti e per una loro concreta attuazione.
Voi quali azioni intraprenderete in questo senso?
Continueremo a lavorare raccogliendo i bisogni dalla nostra comunità, attraverso confronti costanti e continui nei nostri tavoli di lavoro, e portando successivamente ad una discussione allargata le criticità emerse, in modo da poter individuare anche le soluzioni più opportune. Pensiamo che solo lavorare su singoli temi e cercando di risolvere un problema alla volta si possa arrivare a migliorare la qualità complessiva del sistema. Gli slogan generalisti non servono e non portano a nulla. Per questo utilizziamo sia con il rapporto MonitoRare, che individua le criticità, che le Effemeridi, che offrono possibili soluzioni, strutturando un lavoro a ciclo continuo che sta portando molti frutti. Le nostre Associazioni sono al lavoro per mostrare alla politica quali sono i nodi principali. E per tutto quello che è trasversale a più patologie stiamo stringendo accordi di collaborazione e protocolli di intesa con realtà simili, per presentarci come fronte unico, in modo da essere più ascoltati. Insieme, siamo più forti.
Il ruolo dei Centri di Coordinamento regionali
Qual è la situazione dal punto di vista dei Centri di Coordinamento regionali? Facciamo il punto con il Prof. Giuseppe Limongelli, Direttore Centro Coordinamento Malattie Rare della Regione Campania. Il Registro regionale campano ha un elenco di 30mila pazienti; ogni anno in media ne vengono certificati 3mila.
È un buon momento per il mondo delle malattie rare?
C’è un’attenzione significativa. Lo dimostra il fatto che si sia arrivati, nel 2021, all’approvazione di una legge, che, per quanto migliorabile e in attesa dei decreti attuativi, cioè delle gambe su cui muoversi, è pur sempre un importante quadro di riferimento. Su questa base è stata costituita una Commissione Nazionale Malattie Rare, grazie alla quale è stato finalizzato il testo del Piano Nazionale che è stato licenziato dal Ministero proprio a pochi giorni dalla Giornata Mondiale del 28 febbraio e che è quindi pronto per il vaglio della Conferenza Stato-Regioni.
Un altro fattore che denota interesse è che il sottosegretario di Stato al ministero della Salute, Marcello Gemmato, stia dedicando attenzione al tema delle malattie rare, con delega ufficiale del Ministero alle malattie rare.
Se i presupposti sono buoni, d’altro canto c’è ancora tanto da fare. Per definizione, il malato raro è un malato complesso, che ha bisogno di percorsi, di una guida, e che non sempre trova nel proprio territorio le risposte adeguate. Questo crea una grossa disomogeneità tra i territori e problemi di accesso alle diagnosi e alle terapie.
Dal suo osservatorio, quali sono le esigenze di un malato raro?
Il paziente vuole innanzitutto una diagnosi precoce
Il paziente vuole innanzitutto una diagnosi precoce. Il ritardo diagnostico deve essere abbattuto. Qui giocano un ruolo centrale la formazione e l’informazione e proprio a questi punti sono dedicati ampi capitoli del Piano Nazionale. A proposito di informazione, in Campania stiamo lavorando proprio per sensibilizzare l’utenza informando la popolazione su questo tema. L’abbiamo fatto attraverso una campagna di informazione che ha messo in luce i campanelli d’allarme a cui prestare attenzione per porre il sospetto di una malattia rara, abbiamo organizzato una traversata in barca a vela che ha toccato i principali porti del Mar Tirreno, distribuendo ad ogni tappa materiale informativo sulle malattie rare, ed infine abbiamo deciso di portare questo messaggio anche nelle scuole, parlando proprio con i più giovani, e portando loro un messaggio di inclusione della diversità e della disabilità. E l’abbiamo fatto attraverso la creazione di un fumetto, in collaborazione con la scuola italiana di Comix, che racconta la storia di un bambino che durante il suo percorso per arrivare ad una diagnosi di patologia rara, attraversa un mondo magico alla scoperta dei suoi “rari superpoteri” in un viaggio incredibile.
Inoltre, il malato raro ha bisogno di centri che possano effettuare la diagnosi, possibilmente non lontano dalla propria casa, ma sappiamo che nella maggioranza dei casi non è così; quindi nel percorso dal sospetto alla diagnosi ha necessità di essere guidato.
Ancora, sappiamo che purtroppo soltanto per una ridotta percentuale di casi ci sono terapie specifiche. Ma oltre che di quel farmaco orfano specifico, i malati rari possono avere necessità di farmaci di fascia C o di integratori che ricadono in categorie cosiddette “extra Lea”, cioè non fanno parte dei Livelli essenziali di assistenza (Lea).
In regione Campania, per mediare le esigenze dei pazienti affetti da malattia rara, è possibile l’erogazione a carico del SSR del farmaco di fascia C, solo ed esclusivamente se nel piano terapeutico sia sottolineata l’indispensabilità ed insostituibilità, pena l’aggravamento della malattia. Attualmente è in essere anche una mappatura di tutte le farmacie pubbliche del territorio che possano eseguire preparazioni galeniche, necessarie per garantire terapie personalizzate attraverso l’allestimento ad hoc in farmacia, e per consentire la continuità terapeutica in caso di carenze di farmaci sul territorio nazionale. Queste attività, unitamente alle campagne di screening neonatali, utili e funzionali ad una diagnosi tempestiva, indispensabile per un accesso precoce alle terapie, rappresentano l’impegno e l’attenzione che la Regione Campania, di concerto con le attività del Centro di Coordinamento regionale, pone sulle malattie rare, settandosi sui bisogni del paziente.
È importante, però, uno sforzo unitario che va fatto a livello nazionale affinché un malato raro si possa curare in maniera uniforme ed omogenea in Calabria così come in Piemonte, in Lombardia oppure in Puglia. Anche in questo caso va detto che nel Piano Nazionale c’è una riflessione in tal senso.
Come pensa sia opportuno muoversi quindi?
I registri regionali delle malattie rare a volte parlano lingue diverse
C’è davanti a noi un percorso lungo che dovremo affrontare con una serie di attori e stakeholder che devono cercare di avere l’uno fiducia nell’altro e adoperarsi per trovare un equilibrio comune. Penso a tavoli interregionali con gli enti coinvolti, a partire dall’Istituto Superiore della Sanità e dall’AIFA, perché un’altra disomogeneità che dobbiamo andare a ricomporre riguarda i registri regionali delle malattie rare che a volte parlano lingue diverse. Essendo il registro nazionale delle malattie rare il risultato di una sommatoria dei registri regionali, ne esce limitata la possibilità di avere una visione chiara dei numeri e delle caratteristiche epidemiologiche, geografiche e di mobilità a livello nazionale che è necessaria per permettere una programmazione sanitaria seria. È un altro sforzo previsto nel Piano: l’obiettivo è di potenziare il registro nazionale uniformando i registri regionali e facendo in modo che i flussi sanitari non siano slegati da altri flussi come quelli dei medici di base, delle prestazioni erogate, le anagrafi sanitarie, i registri di mortalità. L’attuale mancanza di questi collegamenti rende difficile seguire il percorso del paziente.
Un altro grosso problema, futuribile, ma meno di quanto possa sembrare, è quello della sostenibilità. Abbiamo detto che al momento solo una piccola percentuale di casi possono essere trattati. Esistono poco più di 100 farmaci orfani, ma alcuni di questi hanno un costo altissimo, anche di alcuni milioni di euro, che ovviamente merita una riflessione in materia di sostenibilità sulla base della valutazione di Health Technology Assessment (HTA), oltre che di sicurezza ed efficacia del farmaco. Serve una programmazione seria di quanti malati si troveranno in queste situazioni, come potranno rispondere alla terapia, con quale sicurezza e quali vantaggi sono previsti.
Il ragionamento si completa con il discorso dei dati Real World, perché una cosa è una valutazione preliminare che viene dai trial e dai grossi studi che non sono mai facili per le malattie rare, ma cosa diversa è ciò che si riscontra quando si usa il farmaco nella vita reale. Quindi benissimo la programmazione, la valutazione di HTA, del prezzo del farmaco, ma tutto va rivalutato in base alla Real World Evidence.
Si tratta di temi complessi si cui non ci sono ancora risposte univoche e su cui dovremo lavorare sempre di più. Da un lato pertanto vedo ottime prospettive e dall’altro ci vedo lavoro.
Quali sono quindi le priorità?
In primis sono importanti i Centri di Coordinamento per le malattie rare presenti in ogni Regione, che gestiscono i registri regionali, ma hanno anche altre funzioni, come quelle di helpline, spesso con un numero verde, che permette anche alla malattia rarissima di trovare il suo percorso, qualcosa che soprattutto durante il periodo Covid probabilmente in assenza di questi centri sarebbe stato molto complesso.
Come accade nel nostro, i centri regionali ben strutturati oltre alla helpline rivolta ai pazienti hanno anche un helpdesk per il registro, una parte dedicata al sociale, che segue le problematiche socio-sanitarie dei malati e quelle legate al piano assistenziale, per la farmaceutica, come punto di raccordo fra le unità del farmaco (dal centro di riferimento alla farmacia) e il paziente, e la telemedicina. In particolare, per quanto ci riguarda, noi abbiamo un gruppo di telemedicina che si occupa di teleconsulti, laddove ci siano pazienti che non hanno ancora una diagnosi: vengono coinvolti gli esperti a seconda che ci sia l’idea che si tratti di una malattia genetica o immunologica oppure di altro genere, per riuscire a indirizzare il paziente verso la strada giusta.