Oltre le mura: l’innovazione della telemedicina nelle carceri calabresi

L'ASP di Reggio Calabria ha lanciato TELEMED_OLTRELEMURA, progetto di telemedicina nelle carceri che ha ridotto del 50% gli accessi impropri agli ospedali. Coinvolge 400 detenuti e 30 operatori. A TrendSanità il punto con Carmen Francesca Zagaria

Quattrocento detenuti seguiti a distanza, 390 prestazioni di teleconsulto, una riduzione del 50% dei trasferimenti al pronto soccorso: sono i primi risultati del progetto TELEMED_OLTRELEMURA, la sperimentazione di telemedicina penitenziaria che sta rivoluzionando l’assistenza sanitaria negli istituti penitenziari dell’ASP di Reggio Calabria. Progetto che è risultato finalista, insieme ad altri tre, per il Premio Innovazione Digitale in Sanità 2025 dell’Osservatorio Sanità Digitale della School of Management del Politecnico di Milano.

Telemedicina: meno trasferimenti, più sicurezza, stessa qualità di cura

La piattaforma digitale ha coinvolto 30 professionisti sanitari tra medici e infermieri degli istituti penitenziari e specialisti degli ospedali Spoke di Locri e Polistena, creando una rete integrata di assistenza che supera le barriere fisiche del carcere. Attraverso ECG e radiografie refertate da remoto, esami ematochimici point-of-care e televisite specialistiche, con particolare focus sull’ambito psichiatrico, il progetto ha generato oltre 600 attività di telemonitoraggio, dimostrando come l’innovazione tecnologica possa rispondere efficacemente alle sfide strutturali del sistema sanitario penitenziario. L’ASP di Reggio Calabria serve un bacino di utenza che comprende 92 comuni, con una popolazione di oltre 520mila abitanti, e gestisce la sanità di 5 Istituti Penitenziari. L’organizzazione territoriale dell’Azienda è suddivisa in tre Distretti Sociosanitari.

Abbiamo incontrato Carmen Francesca Zagaria, Direttore dell’Unità Complessa di Programmazione e Controllo di Gestione dell’ASP di Reggio Calabria, a margine del Convegno 2025 dell’Osservatorio Digitale in Sanità. Ecco che cosa ha raccontato a TrendSanità.

Il progetto “Telemedicina Oltre le mura” ha già prodotto risultati significativi: su tutti, una riduzione del 50% dei trasferimenti all’esterno, in particolare al pronto soccorso. In che modo in Calabria, la telemedicina ha contribuito a questo traguardo?

«Abbiamo potenziato l’assistenza sanitaria dove prima era deficitaria per carenza di risorse professionali e strumentali. Prima, gran parte della prestazione sanitaria come, per esempio, esami del sangue o refertazione di elettrocardiogramma, radiografie, visite specialistiche, richiedevano il trasferimento del detenuto fuori dal carcere. Questo significava mobilitare almeno quattro agenti, coordinare la struttura ospedaliera ricevente, garantire sicurezza. Un costo umano e logistico altissimo. La svolta è arrivata grazie alla telemedicina, su cui abbiamo deciso di puntare, grazie anche alla lungimiranza del Direttore Generale, Lucia Di Furia, che ha accolto la mia proposta di aggiornare una piattaforma già esistente, ereditata dall’emergenza COVID. Abbiamo iniziato dal carcere di Arghillà, il più popoloso, con 400 detenuti, molti dei quali extracomunitari, per i quali l’ingresso in carcere rappresenta anche il primo incontro con un medico.

Aggiornando la piattaforma già attiva per il COVID, sono stati collegati elettrocardiografi, radiologia digitale e un point-of-care testing di laboratorio analisi

Abbiamo installato dispositivi interfacciati alla piattaforma, elettrocardiografi, radiologia digitale, e soprattutto un point-of-care testing (POCT), un mini-laboratorio di analisi. In questo modo possiamo diagnosticare anche un infarto in corso in loco, e intervenire immediatamente solo se strettamente necessario. Così, abbiamo tagliato gli accessi impropri agli ospedali del 50 percento».

Quali strutture penitenziarie sono coinvolte al momento?

«Siamo partiti con Arghillà, ora in fase di estensione all’IP di San Pietro, nel comune di Reggio Calabria. A breve concluderemo con gli altri tre istituti penitenziari della provincia, già avviati: Laureana, Palmi e Locri. In totale parliamo di una popolazione detenuta che si aggira attorno alle mille, mille e cento unità. Ogni istituto ha una sua area sanitaria, con medici e infermieri che operano in ambulatori interni. L’obiettivo è chiaro: rendere la telemedicina la modalità standard di erogazione delle cure».

Una rete così complessa ha richiesto un’integrazione forte tra sistema sanitario e contesto carcerario. Come avete gestito il coordinamento tra i professionisti coinvolti?

«Abbiamo avuto la fortuna di poter contare su una figura chiave: Nicola Pangallo, psichiatra e oggi coordinatore sanitario di tutte e cinque le carceri della provincia. È stato lui il primo a sostenere questa sperimentazione. Da lì, è nata una rete solida che ha unito il personale sanitario interno (dipendenti e specialisti convenzionati) con le unità operative complesse esterne. Abbiamo coinvolto inizialmente le UOC di Cardiologia e di Radiologia, due ambiti fondamentali. Professionisti come Carmelo Rao e Vittorio Aspromonte per la cardiologia, Salvatore Basile e Domenico Cordopatri per la radiologia hanno accolto con entusiasmo la proposta, riconoscendone il valore innovativo. Per valorizzare il loro impegno, abbiamo anche inserito la refertazione degli esami penitenziari tra gli obiettivi di performance di struttura per l’anno 2025. Questo significa riconoscere, anche economicamente, il tempo e la responsabilità assunti».

È stata avviata una solida rete tra il personale sanitario interno e le unità operative complesse, a partire da Cardiologia e Radiologia

Avete realizzato anche informatizzazione su farmaci e prescrizioni?

«Anche qui ci siamo mossi per superare la burocrazia cartacea. Il sistema attuale prevede che molti farmaci siano richiesti manualmente e forniti dalle nostre farmacie ospedaliere. Quando il farmaco non è disponibile, l’area sanitaria lo acquista dalle farmacie esterne sempre a spese dell’ASP. Ma tutto questo genera frammentazione, costi e poca trasparenza. Ora stiamo digitalizzando: stiamo creando armadietti virtuali per ogni Istituto, con aggiornamenti in tempo reale sullo stock disponibile. Così possiamo monitorare meglio i consumi ed eventuali sprechi. Inoltre, stiamo predisponendo un prontuario aziendale di farmaci disponibili, dando prescritto del detenuto la possibilità di scegliere tra il farmaco generico gratuito o quello commerciale, che può essere acquistato a proprie spese. Abbiamo esteso anche la prescrizione elettronica per i medici interni alle carceri, superando il vecchio ricettario rosso».

Quando è partito ufficialmente il progetto?

«La progettazione è iniziata tra febbraio e aprile 2024, con formazione e test. Ma l’avvio ufficiale, con atto deliberativo, è datato maggio 2024. I dati che abbiamo oggi coprono quindi i primi mesi dell’attività, e già evidenziano un cambiamento strutturale».

Oltre al carcere, quali sono i prossimi passi di questo approccio nell’ASP Reggio Calabria?

«Il successo del progetto TELEMED_OLTRELEMURA ci ha dato fiducia per portare la telemedicina anche in contesti territoriali fragili, come le aree grecaniche dell’entroterra calabrese. Parliamo di territori con popolazione molto anziana e spesso isolata. Grazie alla collaborazione con i medici di medicina generale, possiamo offrire prestazioni a domicilio, evitando spostamenti onerosi».

Il successo di TELEMED_OLTRELEMURA spinge l’innovazione della telemedicina anche in contesti territoriali fragili, come le aree grecaniche dell’entroterra calabrese

Cosa rappresenta per lei questo progetto?

«È una scommessa vinta. In un contesto complesso, a volte disarticolato come quello calabrese, siamo riusciti a costruire una rete solida, multidisciplinare, che restituisce valore umano e professionale alla sanità penitenziaria. Ci sono poche esperienze simili in Italia. Ora l’impegno è uno: consolidare, mettere a sistema, rendere questa innovazione un modello strutturale, in un ambito complesso come quello penitenziario con enormi limiti per la gestione della sicurezza interna, tutto ciò è stato possibile anche grazie alla collaborazione della Direzione degli IIPP. Perché la salute, anche dietro le sbarre, è un diritto universale».

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Silvia Pogliaghi
Giornalista scientifica, esperta di ICT in Sanità, socia UNAMSI (Unione Nazionale Medico Scientifica di Informazione)