Come sta la sanità pubblica italiana? È questa la domanda con cui si apre questo 2024 con una Legge di Bilancio appena approvata e con il corredo del consueto duello verbale della politica: da una parte il Governo e la maggioranza soddisfatti per l’aumento di fondi e dall’altra le opposizioni (e non solo) che ne lamentano la carenza.
Per capire meglio la situazione e le prospettive dell’anno appena iniziato, rivolgiamo cinque domande a chi ha rivestito e riveste entrambe le posizioni (Governo o maggioranza e opposizione). Abbiamo cominciato dagli ex ministri della Salute con le interviste a Beatrice Lorenzin e Giulia Grillo. Oggi le 5 domande sono per Roberto Speranza, deputato e Ministro della Salute dal 2019 al 2022, ha guidato la risposta dell’Italia nei difficili momenti della pandemia da covid-19 e proprio in questi giorni ha dato alle stampe il suo libro “Perché guariremo. Dai giorni più duri a una nuova idea di salute” che riporta una fascetta significativa: «Un libro per la difesa del nostro Servizio Sanitario Nazionale».
1 – LE RIFORME
Il prossimo futuro vedrà la popolazione anziana diventare sempre più ampia, con l’aumento dei tassi di cronicità, di poli-patologici e di non autosufficienti. Basteranno PNRR, DM 77, telemedicina e fascicolo elettronico ad affrontare queste sfide?
Il rimpianto? Non aver completato la riforma della medicina generale. Ora l’ho presentata come proposta di legge alla Camera
«La mia opinione è che si tengano insieme due grandi questioni. La prima è quella delle riforme. Ma l’altra è sicuramente quella delle risorse. Perché la parola riforme, a volte, nella storia di questo Paese, è stata utilizzata per nascondere i tagli. Questa è una dinamica inaccettabile che ha portato a un impoverimento del Servizio Sanitario Nazionale. Quindi la premessa ad ogni disegno di riforma, che pure io credo serva, è un aumento significativo delle risorse. Perché senza risorse le riforme rischiano di diventare tagli. Sul lato delle risorse, io penso che dobbiamo raggiungere l’obiettivo di una permanenza sopra il 7% della spesa sanitaria sul Pil. Ci siamo riusciti negli anni della pandemia da covid-19, quando io ero ministro, ora da due anni torniamo di nuovo sotto con due leggi di bilancio che portano la spesa per la sanità sotto il 7%. Io penso che questo sia un errore molto grave, quindi per me questo è un punto essenziale. Dal lato delle riforme l’impianto del PNRR a me sembra molto valido e mi sembra indicare le questioni essenziali. Prima di tutto il rafforzamento della sanità territoriale. La popolazione più anziana porta naturalmente a dover investire di più sull’assistenza, la cura e la presa in carico delle cronicità che si affrontano sul territorio. Noi dobbiamo evitare che le cronicità finiscano in ospedale. L’ospedale è il luogo delle acuzie, il territorio dev’essere il luogo delle cronicità, e una popolazione anziana, con tante cronicità, ha bisogno di un territorio forte. Il DM 77 che noi abbiamo approvato è la rete di assistenza territoriale con case di comunità, assistenza domiciliare rafforzata, ospedali di comunità, e va esattamente in questa direzione. La parola chiave del futuro deve essere la parola prossimità, prossimità significa per me assistenza di territorio, ma significa anche sanità digitale. Ho detto più volte che per me prossimità significa un medico, un infermiere che vengono a casa, ma anche personale sanitario che è in grado di stare in contatto col paziente in modo continuo se ha bisogno. La sanità digitale non potrà mai sostituire il medico, l’infermiere, il professionista sanitario, ma può integrare e rafforzare questa relazione di prossimità che io penso sia la chiave vera del futuro».
2 – IL DECLINO
I dati ci dicono che già oggi il nostro servizio sanitario nazionale non è più universalistico: il 50% delle visite specialistiche ambulatoriali sono pagate privatamente, così come il 33% degli accertamenti diagnostici ambulatoriali. Il 7% della popolazione rinuncia alle cure, addirittura il 24% tra gli anziani. E l’aspettativa di vita cala. Il SSN è ancora un nostro punto di forza?
«Secondo me il Servizio Sanitario Nazionale è un punto di forza e ha una tenuta e una resilienza straordinaria se si considerano le poche risorse che negli anni sono state investite, con la parentesi degli anni della pandemia. Io sono stato Ministro, ho spinto in quella direzione, ma voglio essere chiaro, io sono riuscito a portare una significativa maggiore spesa sanitaria perché la pandemia ha cambiato l’ordine delle priorità nel nostro Paese. La storia alcune volte ti entra in casa e cambia le gerarchie. Durante la pandemia la mia voce è stata più forte di quella di qualsiasi altro ministro della salute. La voce del presidente dell’ordine dei medici, degli infermieri, dei professionisti sanitari, la voce degli assessori regionali è stata forte come non mai. Ora il pericolo che io vedo è che, chiusasi la fase dell’emergenza covid-19, la sanità torni ad essere considerata una cenerentola come prima.
Durante la pandemia avevamo detto mai più tagli, avevamo detto mai più definanziamento, avevamo detto si supera il 7% e si lavora per rimanere sopra quell’asticella
Questo sarebbe un errore gravissimo che cancellerebbe la lezione drammatica che tutti abbiamo ricevuto. E quindi io penso che il SSN sia, e resti, una pietra miliare del nostro Paese, un patrimonio prezioso da difendere con il coltello tra i denti. Durante la pandemia avevamo detto mai più tagli, avevamo detto mai più definanziamento, avevamo detto si supera il 7% e si lavora per rimanere sopra quell’asticella. Dobbiamo essere conseguenti. Io sono preoccupato quando vedo l’ultima manovra di bilancio e quella precedente. Due manovre che sostanzialmente ci fanno tornare indietro. Non lo dico per polemica politica, che mi interessa veramente poco, ma perché penso che mettiamo in discussione il principio fondamentale di universalità, di difesa del diritto alla salute. Questo è in discussione. Perché il nostro servizio sanitario universale senza risorse rischierà di non essere più universale e quindi di creare una dinamica per cui chi se lo può permettere si cura, e si cura bene. Chi non se lo può permettere avrà una sanità sempre più fragile, con liste d’attesa più lunghe, con meno capacità di rispondere ai cittadini. Quindi, questo nodo qui, come difendere l’universalità, è esattamente la questione delle risorse e delle riforme. Le due cose si tengono insieme, si tengono le due domande, per me sono molto connesse, perché la sfida non la vinci se non fai entrambe le cose. Non puoi metter solo soldi senza riforme perché sennò significherebbe mettere acqua in un secchio bucato e non puoi fare riforme senza risorse. O fai le due cose insieme, con coraggio. Oppure il sistema universalistico non lo salviamo».
3 – I PRIVATI
Sanità privata convenzionata, sanità integrativa, sanità classificata, cooperative: tra privato e pubblico la competizione è corretta?
«Il privato convenzionato è un pezzo di Servizio Sanitario Nazionale. Noi dobbiamo mettere più risorse sul SSN e poi è chiaro che il privato convenzionato sta dentro le regole, gli indirizzi, i modelli operativi ed esecutivi del Servizio Sanitario Nazionale. Ma è evidente che il nostro investimento fondamentale deve essere sulla sanità pubblica e sul rafforzamento dei nostri presidi sanitari pubblici. Questa è la sfida del futuro: non una contrapposizione, ma un’integrazione e un lavoro comune con l’obiettivo di costruire migliori condizioni di vita per i cittadini. Ma se la domanda è su cosa deve investire lo Stato, io rispondo che lo Stato deve investire sulla sanità pubblica».
4 – LE SOLUZIONI
Per salvare realmente la sanità pubblica si deve immaginare un enorme aumento del finanziamento del SSN (e allora la domanda è come reperire le risorse?) o prendere atto che il sistema non è sostenibile e farlo diventare selettivo come prestazioni offerte e come partecipazione gratuita degli utenti?
Non possiamo dire non si pagano più tasse, ma vogliamo gli ospedali pubblici che funzionano
«Il modello italiano è costruito dalla progressività fiscale. Anzi, io mi oppongo a tutte le proposte che vanno nella direzione della flat tax perché rovesciano questo principio che è essenziale. Il sistema fiscale italiano è progressivo, quindi chi ha di più paga di più, chi ha di meno paga di meno e dobbiamo difendere questo elemento di progressività. Così come dobbiamo batterci contro condoni, contro l’evasione fiscale e da questo trovare risorse che servono per garantire un sistema di welfare equo per tutti. Bisogna avere il coraggio di dire che il sistema fiscale è essenziale perché ci consente di mantenere il welfare. Non possiamo dire non si pagano più tasse, ma vogliamo gli ospedali pubblici che funzionano. Questa cosa non tiene. È un discorso che prende in giro le persone. La verità, invece, è che la lotta all’evasione fiscale e un sistema progressivo che funzioni, chiaramente equo, sono essenziali se vogliamo difendere la sanità pubblica».
5 – I RIMPIANTI
Una cosa che farebbe se tornasse indietro nel tempo, ai mesi in cui era a Lungotevere Ripa…
«Eravamo a un passo dall’approvazione della riforma della medicina generale. Mario Draghi aveva annunciato in Senato, proprio nel discorso che poi, purtroppo, non ricevette la fiducia di alcune forze politiche e che portò alla caduta di quel Governo, quella proposta. E su quella riforma avevamo lavorato lungamente con le Regioni e con le rappresentanze della medicina generale. Io penso che quella riforma sarebbe stata molto utile perché avrebbe superato un problema che io ancora oggi vedo. Una cesura troppo grande tra il lavoro dei medici di famiglia, che fanno un lavoro fondamentale, un lavoro prezioso nei loro studi, nella loro autonomia e nel loro rapporto fiduciario con il paziente, e il resto del Servizio Sanitario Nazionale. Secondo me questo è un grande tema, c’è una eccessiva separazione e io penso che quella proposta, che tra l’altro ho anche presentato come proposta di legge alla Camera, sia un punto fondamentale per la sanità del futuro. Ed è un peccato che la caduta di quel Governo non abbia consentito a quella proposta di arrivare in porto».